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Le etichette diagnostiche della moderna psichiatria sono strumenti straordinari per inquadrare le cause e le sintomatologie della sofferenza amorosa, e quindi possono fornirci un orientamento terapeutico al fine di elaborarla e lenirla. Tuttavia va sempre tenuto presente che  le pene d’amore sono incommensurabili, irriducibili e indefinibili.  La ratio più fine non basta per comprenderle. Per quanto ci si sforzi risulta impossibile ‘farsene una ragione’, se non quella dei poeti e dei mistici. D’altra parte ogni terapeuta della salute mentale sa che ogni etichetta diagnostica è un inquadramento, una ‘cornice’. Ciò  che più conta è comprendere l’immagine che c’è in quel ‘quadro’, cioè il ‘dipinto’, ovvero l’estrema soggettività di ogni vissuto nella sua fenomenologia. In modo particolare, un  ‘pathos’ amoroso, o il tautologico patimento per passione, per quanto possa essere classificato con un’etichetta psichiatrica o psicopatologica trova un suo senso autentico, unico e irripetibile  nel suo vissuto particolare  (la erlebnis, come si dice nella fenomenologia: la conoscenza riferita alla esperienza interiore e relazionale effettivamente vissuta sulla propria pelle e nella propria anima).

E’ assai ispirativo e terapeutico offrre interpretazioni ‘immaginali’ di certe etichette diagnostiche – come ‘narcisismo’ e ‘borderline’ – al fine di comprenderle secondo i simbolismi che suscitano emozioni e insight; in tal senso queste ‘etichette’ nell’ambito delle dinamiche erotico-affettive possono rendersi suggestive ed evocative se metaforizzate nelle narrazioni della  vampirizzazione amorosa.  Va però detto che non si parla di persone’vampiro’ – ma di forze inconsce – di “complessi autonomi a tonalità affettiva” (Jung) – che in modo del tutto inconsci diventano vampireggianti, non solo del partner , ma anche di se stessi. Queste forze o ‘personizzazioni’ (per dirla con Hillman) mettono in atto una sorta di rapina energetica della ‘realtà psichica’ di una persona, del suo mondo immaginale popolato da simbologie e narrazioni pregne di emotività e di affettività. Si viene colpiti nel profondo,  offesi, umiliati, dissanguati psichicamente, quindi traumatizzati nel corso di una ‘malia amorosa’, laddove la vampirizzazione viene subita – tuttavia se la si subisce vi è anche una forma di inconscia collusione, una spinta a ‘offrire il collo’, a lasciarsi vampirizzare.

La persona che ha subito una vampirizzazione amorosa sente che il suo Eros è stato violentato nella sua dimensione immaginale ingenua e amorevole, nella sua più pura dolcezza ed ‘ignorante innocenza’. Nonostante tutti gli Dei siano  adulti,  Eros è un putto, un bambino, ed è esso che viene vampirizzato nell’anima dell’innamorato.   L’anima è traumatizzata come se avesse subito una specie di crudele abuso pedofilo, sul piano affettivo e sessuale. Eppre ciò è stato possibile anche per via di un ‘vampiro interiore’, di una condizione complessuale inconscia che ha spinto a innamorarsi o comunque a legarsi entro una dinamica vampirizzante, ovvero con un partner il cui vampiro interiore è attivo, rendendolo parassitario, crudele, distruttivo, dissanguante.

E’ bene comprendere quest’immagine dell’Eros, puttino, puer, fanciullino, accoglierla, consolarla, incoraggiarla, ma è anche bene non assecondarla troppo, e portarla invece, con le dovute cautele a prendere coscienza delle sue responsabilità originarie e rimosse, e più o meno inconsce. In realtà questo Eros vampirizzato non potrà guarire e maturare se non comprende le sue proprie responsabilità inconsce, relative al suo ‘complesso infantile’ che lo induce a legarsi amorosamente a ‘vampiri amorosi’.

Va quindi evidenziato che  il Trauma amoroso, giacché deriva da una relazione condivisa e volontaria,  non può e non dovrebbe essere compreso e curato in una logica vittimistica.  Chi lo subisce ha – inconsciamente – una sua responsabilità e una sua predisposizione in tal senso. D’altra parte un Trauma amoroso può derivare anche da una reciproca incompatibilità e/o immaturità, ovvero anche dall’esaurirsi, per molteplici ragioni, della relazione amorosa. In tal senso le responsabilità inconsce sono reciproche, ma nelle dinamiche vampirizzanti sono  di segno alquanto opposto:  il vampirizzato è responsabile di negare se stesso e lasciarsi fare del male per amore, mentre il vampiro per affermare se stesso arriva a fare del male a chi lo ama. Avere responsabilità, non vuol dire avere colpa, ma un’involontaria attitudine, tendenza, debolezza a determinare una certa dinamica di sofferenza.

Spesso, per quanto dolorose, le pene d’amore costringono, per uscirne, a comprendere se stessi e gli altri, e quindi possono essere un’esperienza essenziale e necessaria per conoscersi e crescere. Ciò può però comportare ferite che vanno curate, e alle quali va dato un senso affinché non prosciughino il ‘sangue dell’anima’.

Quando però parliamo di ‘Trauma da narcisismo’, o ‘da vampirizzazione’, ci riferiamo a una seria destabilizzazione  psichica che crea danni nel proprio vissuto interiore, famigliare, lavorativo, sociale attraverso l’emergere e l’esplodere di un nucleo complessuale che il traumatizzato ha già dentro di sé. E’ come se qualcuno mettesse il piede su una mina, l’esplosione è dovuta alla mina, anche se questa è stata causata dalla pressione del piede. Il punto è che il ‘vampiro amoroso’ sembra proprio voler andare a caccia delle mine che stanno nel sottosuolo dell’anima di un partner, e non teme di farle saltare poiché la sua ‘anima vampira’ in quanto tale non può morire. Far saltare quelle mine serve a far dilaniare la ferita del partner, per poi poterne meglio bere il sangue.

Un’immagine tipica del lugubre mondo dei vampiri, è data dall’ attrazione che essi provano  per  una ferita occulta e non curata, dalla quale fuoriescono anche solo poche gocce di sangue.  Essi riescono ad individuarla, come fossero iene o squali.

Il partner vampirizzato  ha la responsabilità di non aver  curato le sue ferite, e di non aver sminato certe parti del suo sottosuolo, lasciando che la sua anima bambina vi andasse a giocare e a raccogliere i fiorellini dell’amore. In tal modo ha rimosso, cioè ha occultato nel sottosuolo dell’inconscio, quelle pene e quelle frustrazioni infantili che lo avevano ferito, e che sono diventate ferite occulte e non curate, che nascondono mine esplosive. Queste metafore indicano un “complesso inconscio a tonalità affettiva” (Jung) che ho analizzato in varie occasioni con il simbolismo del “VAMPIRO INTERIORE”, quale inclinazione e forza negativa e occulta nel vampirizzato (nella sua Ombra per dirla ancora con Jung) che lo spinge a colludere con il ‘Vampiro esteriore’ che domina la psiche del partner vampirizzante.

C’è un destino che condanna una persona con un difetto di autostima ad essere vampirizzata. La sua colpa consiste nell’essersi  rassegnata a vivere covando uno scarso amore per se stessa, cioè con una ferita narcisistica occulta e non curata. Il narcisismo infatti può essere considerato come un amore primario per se stessi che poi consente di dare e ricevere amore nella relazione nel modo più equilibrato possibile. Quando vi è poco amore per se stessi si instaura una ferita narcisistica che si cerca in ogni modo di occultare e di rimuovere, senza però decidere di affrontarla e di curarla davvero. Ciò rende chi ha la ferita narcisistica alquanto capace di attaccamento amoroso, ma scarsamente capace di amarsi. Infatti ha poca capacità di trattenere la libido su di sé, e quindi è particolarmente sbilanciato nel volerla offrire all’amato/a.

Quando invece, sempre a causa di frustrazioni e ferite infantili, si risponde con un eccesso di narcisismo, si viene ad instaurare una qualche forma  di ‘narcisismo patologico’, che consiste nell’ amore superficiale per la propria immagine, che è pur sempre assai carente di vero amore per il proprio Sé.  Il narcisista patologico dunque ha un’attrazione enorme  per l’immagine di se stesso,  ma  non ama veramente  se stesso, solo la sua immagine; contestualmente ha una scarsissima o quasi nulla capacità di amare l’altro (al punto che non sa bene cosa si provi ad amare, in quanto non ama neppure se stesso). Vi è poi un ‘narcisismo sano’ che invece consiste in un equilibrato amore per il proprio Sé autentico, che permette di amare l’altro, nell’integrazione tra la sua immagine e il suo mondo interiore, ed è quindi rivolto al Sé dell’amato. Quindi una ferita narcisistica non curata ha comunque una forma di narcisismo patologico che lo spinge ad avere scarso amore per il proprio Sé ed eccessivo amore e in modo disequilibrato o scisso tra l’immagine e il Sé dell’amato. In effetti l’impossibilità di idealizzare il vampiro amoroso in modo sufficientemente integrato tra il mondo dei sensi e il mondo interiore, tra sesso e sentimento, e tra le sue parti buone e quelle cattive genera nell’innamorato vampirizzato sentimenti e proiezioni di rifiuto e anche di odio verso il vampiro che pure stra-ama. Nel vampirizzato si viene così a creare un dilaniante conflitto che lo induce ad amare disperatamente nonostante riconosca le parti odiose del vampiro, al punto di volersi ribellare e a volte vendicare.

Ecco allora che si creano le condizioni per un tragico incastro amoroso ‘patologico’, ovvero ‘inautentico e degenerativo’.  Chi ha la ferita narcisistica nella sua destabilizzazione vede nel narcisista patologico quella quota in più di narcisismo con la quale potrebbe curarsi, ma non vede che si tratta di amore falso e superficiale, così come non vede la sua propria ferita narcisistica.  A sua volta il narcisista patologico vede – in un misto tra invidia e disprezzo – in chi ha la ferita narcisistica una mancata capacità di trattenere una sufficiente dose di amore per se stesso, ma nel contempo anche  una forte capacità di amare l’altro. Si tratta tuttavia di una predisposizione ad offrire il collo all’altro, cioè al narcisista patologico/borderline  –  nella nostra immagine: il ‘vampiro amoroso’ – il quale o la quale non si lascia sfuggire l’occasione. Questo ‘sangue dell’anima’ che viene dal partner con ‘ferita narcisistica’ viene dissipato dal  il ‘vampiro amoroso’, in quanto  non riesce ad adoperarlo per trasfonderlo  nella sua anima, e quindi vedere attraverso la sua Ombra anche il suo Sé – questo nutrimento d’amore serve invece per ravvivare la sua propria immagine di potere, e quindi per far trionfare il suo narcisismo malato. Intanto, il partner con ferita narcisistica nel tentativo di far innamorare il vampiro amoroso – si dissangua sempre più, con il rischio di restare colpito da una terribile forma di trauma amoroso, da me individuata e denominata con l’ipotesi diagnostica di  TdN (Trauma da Narcisismo; o da ‘vampirizzazione amorosa’).

Va poi detto che la persona con ferita narcisistica porge il collo in quanto  le pare che il narcisismo patologico dell’altro possa essere una medicina che le permette di far aumentare il suo proprio narcisismo; invece si tratta di un veleno intossicante ed infettivo. Possiamo immaginare l’intossicazione come quella provocata da una sostanza psicogena, – una droga – che dà dipendenza. Invece l’infezione è data da una sorta di ‘virus psichico’ che indebolisce il sistema immunitario psichico esponendolo ad una serie di sintomatologie e disturbi sempre più invalidanti. E’ nel prendere atto di questa sua condizione psicoenergetica che il ‘vampirizzato’ si sente immerso in una dimensione  traumatica permanente, assai simile a quella del Disturbo Post Traumatico da Stress[2].

Per quanto attiene la differenza tra la vampirizzazione narcisistica e quella borderline, possiamo così sintetizzarla:

–                 Nella vampirizzazione narcisistica il partner viene vampirizzato inizialmente perché il o la ‘vampiro/a’  inizialmente crede davvero di potersi curare con l’amore dell’altro e quindi di potersi innamorare; poiché non riesce in ciò (occorrerebbe invero una grande terapia)  si accanisce nel punire l’altro per non essere stato capace a guarirlo mettendolo in grado di innamorarsi. Il narcisista patologico odia il partner che lo ama e che non riesce ad amare  – ritiene  che ciò sia dovuto a subdole manovre del partner e alle sue debolezze, considerate come ignobili negatività. Il narcisista patologico disprezza e svaluta il partner considerandolo colpevole della sua patologica impossibilità di amare e in più lo invidia per il fatto che egli o ella può amare. Il vampiro sa chiaramente di essere amato, ma considera ciò come lo sfruttamento della sua immagine,  senza dare alcunché in cambio. Il partner va quindi punito, sfrutatto e svalutato al fine di ottenere non una relazione d’amore, ma di potere, nella quale è tanto più potente colui che quanto più fa soffrire lo’altro tanto più viene amato.  L’ottenimento di questo potere malato, invidioso e sprezzante è l’obiettivo e il senso della vampirizzazione del partner fino all’ultima goccia per trasformarla in nutrimento rinvigorente l’immagine del potere narcisistico. Il sangue dell’anima dell’innamorato nutre e tiene in vita il vampiro, la cui vita però coincide con la sua immagine.  Quando quel sangue finirà e non sarà più buono perché la preda si ammalerà o impazzirà, allora il vampiro la abbandonerà, in modo distruttivo e umiliante, come un vecchio limone spremuto.

Vampirizzazione narcisista e borderline

–                 Nella vampirizzazione borderline il partner viene vampirizzato con pensieri e comportamenti diversi da quelle del narcisismo patologico, ma che nella sostanza sono analogamente vampirizzanti.  Nel borderline l’attaccamento funziona  di più rispetto a quello del narcisista patologico dove non funziona per nulla. Si tratta però di forti oscillazioni tra attaccamento e rifiuto, in una imprevedibile e destabilizzante ambivalenza.  Ciò comporta che il/la vampirizzata vengono odiati perché in qualche modo hanno provocato un’attaccamento che il borderline considera però come una trappola dalla quale fuggire, giacché è sempre insoddisfatto e alla ricerca di prede che potrebbero sembrargli migliori. Ciò avviene anche nel narcisista, ma mentre questi è più subdolo e prepara occultamente uno ‘tsunami’ che pareva imprevedibile, il borderline è più plateale e quindi la sua contraddittorietà e distruttività ha un andamento ondulatorio, più plateale e ad ondate più ravvicinate.  Mentre il narcisista appare più egosintonico, falsamente sicuro di sé e senza problemi ansioso-depressivi evidenti (ma non è vero), nonostante possa diventare lamentoso e ‘inverso’ con il mondo in generale –  il borderline appare più egodistonico, disfunzionale e in preda a stati di rabbia e malumore più espliciti. Perciò a differenza del narcisista che nega con superbia ogni necessità di curarsi, il borderline tende a medicarsi psichicamente, con uso di sostanze e anche con trattamenti psicoterapeutici (che però, in genere lo mantengono in uno stato conservativo: non peggiora, ma non migliora).

Mentre il narcisista trama in segreto di punire il partner credendo che questi lo abbia sfruttato e illuso – non essendo stato capace di farlo innamorare, e quindi lo abbandona con odio distruttivo – il borderline teme in modo angosciante l’abbandono come umiliante perdita di potere e rischio di dissociazione, al punto  di  tenere il partner sotto continua minaccia abbandonica in modo da mantenere potere di vita o di morte sulla relazione. In tal senso la miglior difesa è l’attacco, giacché la relazione amorosa viene vissuto come un gioco di potere tra amore e odio, tra fiducia e tradimento, attaccamento e abbandono.

La pulsione di morte interiore del narcisista come del borderline viene da essi percepita come una minaccia orribile e suscita la difesa disturbata e ‘psicotica’ di potersi salvare solo succhiando il sangue dal partner e distruggendo la sua capacità psichica di amare. Ma di questo non c’è una vera consapevolezza. Solo a tratti il ‘vampiro se ne rende conto, ma trova subito giusti motivi per perseverare nella sua distruttività dalla quale trarre potere e convenienze, e ciò lo rende in diverse situazioni doloso oltre che colposo.

La preda, con ferita narcisistica, viene dissanguata un po’ alla volta, con periodi di pausa affinché possa riformare il sangue buono da avvelenare e da succhiare nuovamente, ma il ‘risucchio’ narcisista è più continuativo e ha oscillazioni più lunghe, mentre quello borderline può arrivare al parossismo con continui mutamenti e un maggior egocentrismo centrato su un malessere esistenziale che mira ad essere sempre esaltato per fare da protagonista. Quindi se il vampiro amoroso narcisista provoca un pathos crescente ed una fine che lascia in un’angoscia senza fine, il borderline tende a provocare un angoscia senza fine più continuativa, senza mai giungere ad una vera e propria ‘fine’ (se non quando si giunge a limiti e a fatti di notevole gravità). Ma in generale  le dinamiche distruttive sono pressoché le stesse secondo un continuum che riprende tratti dei vari disturbi della relazione dal narcisismo, al borderline e finanche alla psicopatia. In tal senso adopero la metafora della vampirizzazione come dinamica patologica della relazione che sussume varie forme di disturbo della personalità o di alcuni suoi tratti.

Il vampiro, la vampira, di qualsiasi specie vuole avere potere su qualcuno, vuole potersi sfogare su qualcuno ed anche vendicarsi su qualcuno delle sue frustrazioni e dei suoi problemi e conflitti interni, non c’è di meglio che servirsi vigliaccamente delle disponibilità e delle debolezze di un partner innamorato, il quale per di più – ricordiamocelo – ha anche una sua ferita, complesso e disponibilità inconscia a farsi vampirizzare. Ecco allora che il vampiro destabilizza il partner con comportamenti ambigui, ambivalenti, menzogne, esplosioni di rabbia incomprensibili, doppi messaggi, astinenza e condizionamento della sessualità, e continue minacce abbandoniche ed estenuanti tira e molla.  Ma accanto a queste smanie svalutative e distruttive attua anche sistemi di riparazione volti a ricostruire e rivalutare, con condotte seduttive frammiste di capricciosità e cambi di umore… Quando è dolce e amorevole non necessariamente finge, ma si convince di se stesso, del suo personaggio in quel momento, sente di provare qualcosa e può anche accentuarlo… ma poi nuovamente si scatena in esso l’ansia paranoidea e schizoide della relazione e quindi il bisogno di vampirizzare il partner. Sono questi suoi aspetti affettivi  e riparatori che, per quanto siano coartati e ambivalenti, lo rendono subdolamente irriconoscibile e affascinante… fino a cascarci e poi a perseverare in questa ‘caduta’.  Intanto persevera condotte volte al tradimento seriale o a relazioni seduttive e ambigue ovunque, perché ha sempre bisogno di rifornimenti narcisistici e di possibili fonti di altro sangue dell’anima.

 

In entrambe queste dinamiche, narcisistica o borderline, l’esito nel partner vampirizzato che le subisce è – secondo la mia proposta diagnostica del 2010 –  il TdN (Trauma da narcisismo) – cosiddetto non solo perché è stato provocato da una personalità narcisista, borderline o con altri disturbi, ma proprio perché viene traumatizzato il suo narcisismo ‘sano’ (autostima, amore di se stessi e della vita). Quindi la sua ferita narcisistica si squarcia e si infetta, procurando emorragie, dolori e intossicazione, che possono essere veramente devastanti, ma che una terapia poetico immaginale può e deve curare (così come ho avuto modo di verificare nella maggior parte dei casi clinici che ho potuto trattare).

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