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Saturno, signore del Segno del Capricorno. Particolare dell’affresco “Primizie della terra offerte a Saturno” (1555-1557) nella “Sala degli Elementi” di Palazzo Vecchio, Firenze.

Tutti i vecchi sono stati bambini, eppure sembra quasi impossibile… cosa è rimasto? cosa se ne è andato? cosa è tornato? Chi siamo stati e chi siamo e saremo ancora? Nella psiche profonda siamo Senex e Puer insieme, ma spesso non lo sappiamo, ce ne dimentichiamo e ci perdiamo. Ci sentiamo vecchi da giovani e come bambini smarriti da vecchi…

Questo articolo si aggiunge ai tre articoli precedenti sulla questione dell’invecchiare e della senilità. Lo scopo di questa ricerca, nel suo insieme è quello di fornire spunti di riflessione affinché l’invecchiare e la vecchiaia possano essere vissuti in modo psicologicamente più sano, ovvero consapevole, profondo, sereno e quanto più è possibile anche divertente. 

 

Il vecchio Saturno si insaturnisce (depressione)

 Crono/Saturno è il dio originario del tempo inteso come flusso perenne, incommensurabile e trascendente.  Il tempo dei mortali, quello che si può misurare, che determina limiti, scadenze, aspettative, finalità non è quello di Saturno. Tutto ciò che limita il tempo perenne genera in Saturno una sorta di reazione rabbiosa, arcigna, malinconica, spietata. Prima di Saturno il tempo non esisteva. Il mito cosmogonigo evoca una dimensione temporale eternizzata, rappresentata dall’interminabile copula dei  genitori di Saturno: Urano e Rea – il Cielo e la Terra. Il fluire del tempo ebbe inizio quando Crono/Saturno con un falcetto evirò il membro di Urano sepandolo da Rea. Secondo questa narrazione il membro di Urano cadde nel mare generando spume, dalle quali nacque Afrodite, nome che vuole dire ‘Colei che nacque dalle spume del mare’.  Nasce così la dynamis del tempo, e di essa i mortali possono avere solo un’esperienza e una conoscenza limitata. Non si può sapere cosa sia oggettivamente il tempo. Si sa e si sente che vi sono diverse possibilità di esperienza del tempo, a seconda dello stato d’animo e delle soggettività. Il tempo vissuto non è quello dell’orologio. Il tempo è relativo allo stato d’animo, allontana o avvicina i ricordi, si intreccia nella memoria e nel desiderio dell’avvenire. Afrodite come dea dell’amore consente agli umani di esperire il sentimento eternizzante dell’amore.

 

Se per gli dei immortali il tempo è infinito, ciò che resta dell’eternità per gli umani è l’amore. Gli umani si insaturniscono negativamente quando perdono l’amore o il senso dell’amore. Il tempo diventa nemico, inutile, terminale, regressivo, insensato, sterile. La vita si riempie di ‘tempi morti’, ovvero: depressione. Perciò per le persone anziane l’amore acquisisce un importanza particolare. Amore in tutte le sue forme: amicale, parentale, sociale, universale, spirituale … e poi sì, volendo e potendo anche erotico; dipende da come lo si sente e dal non farsi inibire troppo da certi tabù, più che dalle effettive condizioni fisiche e relazionali.  L’eros ad una certa età può essere vissuto nella realtà o nella fantasia, come ad ogni età d’altronde, solo che dovrebbe diventare naturalmente meno pulsionale, meno importante, come un gioco divertente, ma non necessario. I problemi strettamente fisiologici, quando ci sono, possono spesso essere superati con l’aiuto della medicina. Inoltre l’attività sessuale in genere diventa più tenera, o anche più fantasiosa. Il problema comunque, non è certo Eros, ma Saturno! Perciò  resta quello del confronto con il tempo e di dare al tempo il senso e il valore giusti, per viverlo nel miglior modo possibile e con amore per se stessi, da e verso gli altri, e per questo è importante preservare un buon tono dell’umore. 

L’idiosincrasia tra il tempo di Saturno e quello degli umani può essere letta come il motivo psicomitico che presiede alla malinconica uggiosità saturnina. Le sindromi depressive – nei ‘mortali’ – sono considerabili  come ‘disturbi del tempo’. I celeberrimi studi di Binswanger (1960)  sulla melanconia spiegano come la percezione temporale disturbata e disturbante del passato (retentio) del presente (praesentatio) e del futuro (protentio) costituisca l’essenza fenomenologia delle suddette sindromi depressive (vedi anche Placidi; Dell’Osso; Faravelli, 1989). Quando il tempo risulta bloccato dal limite imminente della morte, la psiche perde la sua fluidità, e tende a ‘scomporsi’. Si tende quindi a vivere in una Condizione da Stress Pre-Traumatico Cioè l’opposto del Disturbo Post Traumatico da Stress), dove lo stress è dato dall’aspettativa dell’ultimo trauma, quello più irrecuperabile: la morte.

Ogni trauma importante, reale o fantasticato provoca una retentio del passato che implica un disturbo della protentio e una mancanza di contatto con la praesentatio il qui ed ora. Ma tutte le forme di ritorno del rimosso (o come diceva De Martino del “rimorso” – vedi 1961)  sono disturbi che hanno la loro essenzialità fenomenica in una disfunzione della temporalità psichica. Binswanger studiando la melanconia osserva come questa sia correlata alla percezione di un tempo passato che suscita colpa e rimpianto per gli errori eventualmente commessi e le possibilità mancate e che quindi mancheranno. Da ciò si sviluppa una visione del futuro priva di possibilità, come se il passato avesse sancito un anatema sull’avvenire e distrutto ogni istanza presente dell’ ‘esserci’ nel  qui ed ora. Ma nell’ultima fase del tempo della vita è l’impossibilità di futuro a risultare traumatica, fantasticando frustranti e impossibili vie di fuga verso il passato, o verso il futuro, le quali poi si traducono in irrigidimenti, cadute, caoticità e altri fenomeni di infelicità sul piano personale e relazionale.

Saturno divora uno dei figli – Rubens, Peter Paul 1577-1640

Da queste scarne osservazioni si può comprendere di come la dimensione di Saturno, sotto lo stress delle tempistiche umane, cioè dei mortali’,  possa risultare compromessa e disturbante, dato che il suo regno è, per così dire, devastato da limitazioni e costrizioni. Del resto fa parte della natura umana accusare paure e frustrazioni per i segni del tempo che passa – segnati in particolare  dalla vecchiaia – del termine fatale, della fine di ‘tutto’. Ogni bene umano, ogni relazione è impermanente e corruttibile, e quanto più l’’oggetto’ può recare piacere e bellezza, tanto più la sua fine appare una perdita dolorosa e insopportabile. Quando l’oggetto siamo noi stessi, perderlo vuol dire perdere tutto. Gli esseri umani vivono nel timore e nell’ansia del tempo che passa e reca la fine. Per sconfiggere questo timore della fine, per contenerlo, prima o poi bisogna iniziare a fare qualcosa, meglio prima che poi. Contro la paura della fine occorre una via iniziatica. Solo l’inizio può dare un senso alla fine, ovvero un ‘fine’. E in effetti Saturno celebra proprio il punto di passaggio che segna la fine del vecchio anno e l’inizio di quello nuovo, sotto il segno del Capricorno. Il suo slancio autentico guarda avanti, non indietro, a meno che non diventa melanconico e allora si interstardisce e resta vecchio a costo di divorare il nuovo. Se il nuovo non si illumina alla luce di una evoluzione della ‘funzione trascendente'(Jung) e di una nuova conbsapevolezza dell’ ‘esserci’ (Heidegger)  – si vedano le precedenti parti di questo studio i cui link sono in calce – non restaa altro che la fine, e questo è insopportabile per Saturno perché egli è il dio che presiede ad una fine che si trasforma in un inizio – il ciclo morte-rinascita dell’anno. 

Il mito di Saturno ‘negativo’, uggioso e malinconico è tipicamente richiamato nella psicologia analitica e archetipica per comprendere in  termini psicomitici aspetti profondi della depressione che può sopraggiungere ad ogni età. La depressione è in fondo una sofferenza senza fine, che appare senza alcuna finalità. Tutto è inutile, tutto è perduto, tutto è finito. Da vecchi ci si può sentire più facilmente invasi dal vecchio Saturno depressogeno, che ingiunge a far sentire di essere sempre sull’orlo della fine e senza un fine. Ma il nuovo vero fine ‘ultimo’ deve fortificarsi una volta per tutte in senso trascendente. Doveva essere trascendente anche in gioventù e nella vita adulta, ma ci si poteva permettere, anche a caro prezzo di non averne consapevolezza. Per stare bene invecchiando la consapevolezza non tanto di un al di là, ma di qualcosa che va al di là del tempo connesso alla finitudine alla consunzione della materia, è di fondamentale importanza. Questo non vuol dire avere per forza una fede religiosa, ma una fede verso il senso della vita che va oltre la sua dimensione puramente materiale, egoica, autoriferita e in ultima istanza priva di ogni intima, seppure laica o atea, dimensione sacra e spirituale. Occorre con il passare degli anni, costruire e fortificare in se stessi un tempio sacro del tempo, un tempo universale, che scorre e si rigenera nel profondo dello psichismo, in modo a-razionale, laddove la razionalità riesce ad esperire solo un tempo lineare divorante, che mangia il passato, non trattiene il presente e fa morire il futuro. Saturno dentro la psiche è il tutore di un ‘tempo spirituale e animico’,  un tempo/tempio cosmico – solare, lunare e stellare – attraverso il quale si può dare un senso al presente libero dall’ansia di ciò che è stato, che non è stato o che non sarà mai più. Tutto è presenta: ominipresente! Ogni istante è un nuovo inizio!

Saturno, il dio del tempo, si ‘insaturnisce quando il tempo diventa ‘il problema’ perché invece di rigenerarsi si arresta. Nell’invecchiare si acquisisce una particolare sensibilità verso il tempo, e questo può rendere angusti, e ci si ‘insaturnisce’. Troppo tempo è passato, e sembra impossibile. Poco ne rimane, e anche questo pare impossibile. La malinconia delle cose belle che il tempo ha divorato e l’ansia per le cose brutte che il tempo potrà portare. Sembra di avere tanto tempo quando non si sa cosa fare. Sembra di averne poco quando ci sarebbe qualcosa da fare. Insieme al tempo anche lo spazio può diventare problematico. I luoghi che prima parevano vicini, sono ora più lontani. Lo spazio/tempo domestico si restringe, come una clausura. Non ci sono altri spazi/tempi dove andare, o se ci sono appaiono deludenti. E poi, per andare a fare cosa? Per perdere del tempo forse? Saturno si insaturnisce, diventa tristemente senile. Per ringiovanire Saturno dentro lo pichismo, del vecchio, ma anche in ogni età, non occorre avere un elevato grado di cultura o una qualche speciale competenza mistica o religiosa. Questi fattori possono favorire la ‘cura di Saturno’, ma possono anche diventare ostacoli. Quello che occorre è la sensibilità, la creatività, la fantasia, la meraviglia, il gioco, l’amore e l’apertura verso il ‘non conoscibile’.

 Saturno: il vecchio che gioca

La regressione senile data da un Saturno ‘negativo’,  potrebbe condurre ad una fuga dalla realtà, fino a condurre alla dimensione del  “Vecchio stolto” (Guggenbühl-Craig 1986), una sorta di rimbambito, non per questioni di disfunzioni cerebrali, ma proprio perché si perde la testa per la paura e la tristezza con le quali si entra nella vecchiaia.  Di converso non resta altro che cercare di diventare il ‘vecchio saggio’, una figura magicamente potente quanto rigida be drammatica (espressa da Jung e ripresa con diverse accezioni da Hillman con il concetto archetipico di Senex ). Lo psicoanalista A. Spagnoli (2001) nel rielaborare la figura del “Vecchio stolto” rivendica il diritto dell’anziano a liberarsi dalla ragionevolezza impegnativa e razionale della civitas, che in definitiva lo incatena alle responsabilità di una figura patriarcale ‘cocciutamente saggio e previdente’. Potremmo allora dire che il “Vecchio Stolto” può costituire una scelta difensiva e regressiva estrema, per sfuggire alla tirannia coscienziale di una concezione moralistica e claustrale della saggezza a tutti i costi. Tuttavia non siamo completamente d’accordo con l’idea di “Vecchio stolto” che Spagnoli riprende da Guggenbühl-Craig, in quanto ci sembra troppo concretisticamente connessa con il decadimento psicofisico dovuto alla ‘vecchiaia biologica’. La vecchiaia non è considerabile come una sorta di malattia inevitabile, quanto come una fase del ciclo di vita che ha un suo senso vitale e individuativo. Crediamo esista una dimensione di mezzo tra quelle del “Vecchio saggio” e del “Vecchio Stolto”, cioè una ‘sfera individuativa della vecchiaia’, intesa come ulteriore compimento e raffinamento dell’ esserci.  Questa figura di mezzo è “il Vecchio che gioca” la quale può essere letto secondo la saggezza eudemonica del serio ludere.

H.Rahner, attraverso la lietezza della sua sottile thelogia ludens, osserva e analizza l’atteggiamento individuativo – ovvero del conoscere se stesso nell’universo – dell’“uomo che gioca”, cioè dell’“essere serioallegro che i greci definirono appunto col termine quasi intraducibile di aner spudogelois” (1948:29). Ecco che nelle seguenti parole di Rahner si può cogliere la ‘folle saggezza’ dell’’uomo che gioca’ fino agli ultimi giorni della sua vita:

[…] la natura di quest’uomo è sempre duplice: mentre, da una parte, egli è ilare nella sua libertà spirituale, elegante nei sentimenti e forte di una sicurezza invincibile, dall’altra è un essere tragico, che al riso alterna il pianto, fornito spesso di una sottile ironia; infatti conosce fin troppo bene le ridicole maschere tragiche del gioco della vita ed è conscio dei confini ristretti e opprimenti dell’esistenza terrena .

Tale ‘stato d’animo esistenziale’, ad un tempo giocoso e consapevole, capace di connettere Puer e Senex è  riferibile al vecchio Saturno giocoliere (i Saturnalia, le feste liberatorie volte a trasformare l’invecchiare dell’anno nel tempo invernale in una dimensione di coesione sociale, di solidarietà di ringiovanimento esistenziale, individuale e condiviso).

La vecchiaia come età dell’oro

La terapia del vecchio Saturno dovrebbe salvaguardare il tempo della festa, del gioco, insieme ad una filosofia della saggezza, che libera dalle angustie di regole troppo regolate, di preoccupazioni troppo preoccupate, di responsabilità troppo responsabilizzate. Saturno nel mito diventa allora il giardiniere, colui che taglia i rami secchi, pota gli alberi, si libera da tutto ciò che psichicamente e socialmente è superfluo. Egli gode dell’essenziale, anzi della bellezza dell’essenziale. Inoltre Saturno fa anche il giocoliere. Diventa un po’ bambino, ha i suoi hobby, le sue ‘matte fantasie, il suo senso dello humour, i suoi giochi di prestigio. E’ un vecchio bonario e giocherellone. Il suo segno è quello del Capricorno: l’inizio del nuovo anno. Non gli importa più del tempo passato, di quello che verrà o non verrà, gli importa di stare al meglio dio come può stare giorno per giorno, ora per ora, attimo per attimo. Egli è nel tempo presente, ed è quindi sempre nell’inizio. La sua psiche si espande verso la totalità perenne, o verso un divenire che non teme più alcuna mutazione, dal momento che quello che muterà non riguarda l’adesso, ma sarà un altro adesso. Saturno guarito, non insaturnito, connette il suo essere Senex con il suo essere Puer. Non si rimbambisce, ma sente di voler vivere circondato da ‘tutti i suoi giocattoli’, e non ha voglia di deprimersi. Già in epoche precedenti era stato depresso, e a qualcosa gli era pure servito. Adesso la depressione non gli serve più. E in un certo senso se ne frega della depressione. Così come un ‘Bambino saggio’, piuttosto che un ‘Vecchi saggio’ gli interessa la gioia e di divertirsi, e la può cavare da ogni cosa, anche da una piccola cosa, perché tutto, in fondo è un gioco. Con ciò non si illude, non resta poi deluso come il bambino, perché ha ormai imparato a giocare bene, e sa che si tratta di un gioco serio, un gioco infinito, dove non occorre averla vinta, ma occorre solo stare nella meraviglia. Si dirà che si sta parlando di uno stato un po’ maniacale. Può darsi… e allora? Ci potrà permettere un po’ di maniacalità quando si è diventati ‘antichi’?  Oppure bisogna restare depressi? Meglio proprio no. La vecchiaia ha già un suo proprio malessere, inutile negarlo, quindi la depressione è del tutto superflua. Bisogna viverla come una grande festa, una festa di laurea goliardica ad esempio, dato che dopo una lunga vita una laurea ad honorem è più che meritata, però a patto di auto-concedersela.

Una Psicoterapia della senilità può costituirsi anche solo come ‘autoterapia’, ma per autosomministrarsela occorre avere molto studiato certe cose, praticato certe arti e certe ‘vie maestre’ durante tutta la vita. Se nonostante aver fatto tutte queste cose, si hanno difficoltà, conviene avere una buona dose di umiltà e di apertura al dialogo, cioè conviene lasciarsi aiutare da una specifica psicoterapia, o comunque lasciarsi accompagnare da ‘chi sa’,  lungo specifici percorsi filosofici e spirituali. Si tratta di sviluppare un ‘dialogo d’amore’, sia come dialogo interno e sia con persone che hanno amore per la vita, quando sia possibile può essere molto importante dialogare con uno psicoterapeuta dal quale ci si sente compresi in modo particolare, con il cuore e con la mente. E’ un dialogo dove si può approfondire ogni cosa, ma la si può anche alleggerire e si può ridere, ridere davvero.

A volte una persona anziana, può diventare molto problematica per i famigliari, non tanto per questioni legate a fattori neuropsicologici, ma propri ‘psicologici ed esistenziali’, rispetto ai quali ha bisogno di parlare con qualcuno in grado di comprenderla, e che in famiglia non c’è o non è disponibile. In questi casi lo psicoterapeuta è una figura specialistica per la salute, da considerare e consigliare così come le altre (non è importante l’età dello psicoterapeuta, ma oltre alla competenza acquisita, anche un naturale affetto e rispetto che prova per gli anziani)

I Saturnali per rendere Saturno gioviale

Rituali collettivi come i Saturnali, che poi si rinnovano nel Carnevale[1], quali festosità del passaggio dal vecchio anno a quello nuovo,  rappresentano  anche il ripristino di un’equilibrata simbolicità energetica sull’asse Senex-Puer.  Il vecchio interagisce con il nuovo, in un equilibri magico, acrobatico, sapienziale che connette gli opposti e quindi rigenera e fluidifica la psiche, in senso creativo e ricettivo. Questa dimensione interna e anche condivisa con gli altri rende gioviali. La vecchiaia dovrebbe quindi risultare psichicamente vivibile sotto l’egida di Zeus/Giove, per stabilizzare l’umore in una condizione cosiddetta gioviale.

A tale riguardo Dioniso ed Hermes possono risultare alquanto efficaci, soprattutto quando vengono considerati come due terapeuti fondamentali di Zeus/Giove, inteso come mito di equilibrio, organicità e capacità di ‘reggere l’ambivalenza’ e il confronto con le difficoltà effettive del vivere. Hermes consente di sviluppare una visione simbolica. Dioniso consente di sentirla in se stessi. Entrambi cooperano affinché uno psichismo gioviale possa infondersi nel campo vitale. L’esperienza ludica e quella spirituale, stanno per così dire, l’una accanto all’altra e danno forza al ‘gioviale’.

La divinità mitica più minacciosa per l’energia gioviale di Zeus/Giove è  il vecchio Crono/Saturno. Egli quando si ‘insaturnisce’ diventa  depressogeno, arcigno, bilioso e malinconico. Il mito narra di come in preda a questa senile uggiosità divorava i suoi figli appena nati, cioè il rinnovarsi delle energie vitali allo stato nascente.  Con una serie di espedienti suo figlio Giove riuscì a salvarsi. Ma affinché il vecchio Saturno non si lasciasse andare alle sue tendenze mortifere: rabbiose, ansiose, depressive, autistiche, furono necessari i Saturnalia, così che la vegliarda età di Saturno poté diventare anche ‘l’età dell’oro’.

Saturno veniva allora celebrato all’insegna di un ritrovato dionisismo ludico e festoso, ovvero con un travolgimento di rituali ludici e regressivanti, evocanti una energia capace di andare a ritroso e verso l’infanzia, rappresentata con simbolici capovolgimenti degli ordinamenti vigenti, pur di raggiungere fonti primigenie di ‘caos rigenerativo’.

Il vecchio Saturno dei Saturnalia può permettersi di fare e di pensare come vuole, non è più legato a luoghi comuni, perbenismi, fissazioni, imposizioni, vuole sentirsi libero e liberato. Con ciò non diventa antisociale o riluttante verso il prossimo, i parenti, la società. Mantiene le sue responsabilità, la sua saggezza, ma nello stesso tempo se ne frega di certi convenzionalismi, ha diritto a riprendersi un sano egoismo, che arriva anche a farsi beffe di chi lo vorrebbe solo e soltanto saggio, composto e irreprensibile. Senza i Staurnalia – nel senso di un riferimento mitico di una psicoterapia anti-insaturnimento – si acutizzano e si cronicizzano i conflitti ossessivi di Saturno. Ecco allora che certe sue scenate irose e stizzite, oppure i suoi ritiri depressivi, potrebbero derivare dalla sua incapacità di accettare la dimensione umana del tempo, fortemente limitata dalla consapevolezza della morte, in quanto ‘fine del tempo egoico’.

Senza un ‘tempo della festa’ Saturno si indurisce più che mai, manifestandosi nell’aspetto vetusto e pesante del vecchio malinconico, e spesso anche invidioso e iracondo (il Senex negativo), il quale non sopporta la fine, e che vuole la fine di tutto piuttosto che solo la sua. In tal modo non si coglie realmente l’archetipo del ‘Vecchio saggio’ (vedi I.2 e I.7), del mago che ha in sé una fonte di puerile creatività, di giocosa trasgressione liberatoria (secondo l’asse Senex-Puer individuato da Hillman).

Circolo fotografico AMT Col fuoco e col tempo

La serenità della vecchiaia come Waby-Sabi, Meditazione e Trascendenza

 Abbiamo detto che è importante mantenere un buon tono dell’umore all’insegna del ‘serio ludere’, di ‘essere presenti’, anticonformisti, persino anti-idealisti’, cioè di sdrammatizzare e di vivere con spontaneità, facendo del proprio meglio per prendersi fino all’ultimo tutto il bene possibile, privilegiando addirittura un po’ di mania, e giammai la depressione. Eppure se questa via sdrammatizzannte non trova una sua compensazione in una dimensione metafisica e spirituale profonda, è assai probabile che dalla ipomaniacalità si possa ricadere facilmente verso uno stato depressivo.

Ciascuno può intendere la spiritualità a modo suo. Non si tratta per forza di essere credenti, ma soprattutto trascendenti, cioè di cogliere con una più acuta sensibilità che la vita non è solo materia, e che comunque, la materia vivente che ci anima, ha appunto un’anima. Come insegna la fenomenologia non esiste una differenza tra il corpo e l’anima, se non dal momento che vogliamo concettualizzarla in termini logici (cartesiani), ma di fatto nell’esperienza noi siamo corpi animati o anime corporee. Ad una certa età fa bene comprendere concetti di questo tipo, ricevere e scambiare idee, stimoli, visioni, ispirazioni che ci rendono più trascendenti, più capaci di percepire la realtà come qualcosa che non si limita all’inerte materia, e che è invece intrinsecamente ricca di magia, anima, spiritualità, divinità… Se si ha una fede religiosa, occorra che questa sia sentita psichicamente in senso trascendente e non solo come convinzione teologica.

Qui di seguito, senza voler turbare le credenze o gli ateismi di alcuno,  acciamo riferimento, non ha una religione, ma ad una filosofia spirituale, la quale evoca il senso trascendente di ciò che è vecchio, invecchiato, vetusto.

Quindi soffermiamoci un istante alla fiolosofia buddista e più propriamente Zen espressa nell’estetica giapponese  del Wabi-Sabi. Questi due termini consecutivi, esprimono un’estetica e una visione del mondo che colgono la bellezza e la perfezione nell’imperemanenza. Ciò che è vecchio diventa l’opera d’arte del tempo.   Non deve brillare, risultare smagliante, vivace, flessibile, deve invece esprimere la sua affascinante presenza perché è rugoso, consunto, rugginoso, invecchiato[2].

Il termine Sabi indica anche qualcosa di ‘desolato e solitario’ e tuttavia autentico, maturo, dolce, sebbene abbia perso la freschezza.  Si tratta di oggetti semplici, come utensili, stoviglie, mobili oppure anche di decori che emanano una loro misteriosa interiorità dal momento che rivelano le tracce del tempo. In essi c’è la presenza della vita di chi li ha usati[3]. Sono in genere oggetti irregolari, quasi che la natura, con il tempo ne abbia smussato ogni rigidità, e li abbia rivelati in una loro condizione di equilibrio tra fragilità e conservazione.  I colori sono sbiaditi, ma per questo sono anche evocativi, poetici, ricchi di passato eppure pregni di estrema presenza.  Ciò che è appassito non è malinconico, in quanto, nella sua caducità, preserva il senso del divenire, nel quale ogni cosa, ogni essere è immerso. La finitudine viene accolta come l’essere parte dell’eternità. Questa estetica filosofica degli oggetti e delle immagini allude ad una visione buddista, e in particolare Zen, secondo la quale nel cogliere spiritualmente l’impermanenza e quindi la consuzione, si determina una consapevolezza trascendente della tensione tra il relativo e l’assoluto. La tesaurizzazione di questa trascendenza si acquisisce con la meditazione.

Le cose vissute, quindi invecchiate si arricchiscono di una presenza invisibile che è percepibile in una condizione di particolare sensibilità e compassione.  Il termine Wabi riguarda l’emozione, il sentimento che si prova nella contemplazione di ciò che è Sabi, e quindi ne raccoglie il senso morale, ascetico, essenziale, che rende solenni il decadimento, la fatiscenza, la rudezza di quel che resta. La bellezza e il sommo bene possono essere colti non più solo nella forma esterna, ma in una vibrazione che poeticizza la vecchiezza come un’essenza estrema di  semplicità, la cui significazione rimanda ad un ardore spirituale capace di rassegnata serenità, consapevolezza e verità.

Pier Pietro Brunelli (Psicologo- Psicoterapeuta)

Questo articolo è il compendio finale del mio studio suddiviso in tre parti (in tre differenti link in Albedoimagination – di cui è gradita la condivisione sui social) che, pur essendo interdipendenti, possono anche essere lette non in successione.  

In pratica si tratta di un e-book on line gratuito, offerto da Pier Pietro Brunelli (Psicoterapeuta) per le amiche e gli amici di Albedoimagination.

La prima, la seconda e la terza parte di questo studio si trovano nei seguenti link : PRIMA PARTE ;   SECONDA PARTE;  TERZA PARTE

[1] Pier Pietro Brunelli, Carnevale e Psiche, Moretti e Vitale, 2008

[2] AA. VV., Sources of Japanese Traditions, ed. cit.

[3] Cfr. G. Pasqualotto, L’estetica del vuoto, ed. cit.

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