Articolo di Pier Pietro Brunelli – Psicologo-Psicoterapeuta
Il femminile lunare dal mito al folklore
Dal folklore fantastico di Halloween fino a quello del Carnevale, si possono osservare diverse affinità psicoculturali che riguardano il sapere femminile e i riti apotropaici per scacciare la paura della morte, integrati alla propiziazione della rinascita.
Nella cultura mediterranea l’antesignana di tutte le figure femminili magiche e propiziatorie, che esprimono i riti di passaggio stagionali, il ciclo morte-rinasita, la fecondità e la rigenerazione è la Luna.
Osserviamo la simbolizzazione del mondo notturno e lunare anche nei riti delle culture nordiche, come quella celtica. Sebbene le differenze tra le culture siano notevoli, nei miti e nei riti, in senso archetipico (Jung), di impronta iniziale, possiamo considerare il mitologema lunare come fattore originario relativamente universale del ‘sapere e del simbolismo femminile’.
Dalla Iside egizia fino a alla Ecate grega, e poi alla Circe greco-romana incontriamo il simbolismo magico sacrale della luna e del ‘mistero morte-rinascita’ nella sua declinazione trascendente e immanente al femminile. La congiunzione silvestre, nel mistero della natura terrestre e della luce lunare è interpretata da Artemide. Ma nella sua specificità lunare e notturna il femminile mitico fondante è quello di Hecate Triformis, la luna trina nelle sue tre fasi – piena, calante e crescente, nei ventotto giorni del ciclo lunare corrispondenti all’incirca con quello femminile – viene così descritta dalla psicoanalista americana M. Eister Harding:
La luna è il Luogo della Generazione, difatti essa è la dispensatrice della fertilità; è il Luogo dei Morti, difatti è sulla luna che essi vanno quando lasciano la terra; ed è anche il Luogo della rigenerazione, poiché essa dà la rinascita e l’immortalità (Harding, 1932: 224).
Le tre facce di Ecate corrispondono anche alle fasi lunari espresse dalle Moire (Cloto, Lachesi e Atropo). Moira significa ‘fase’, come osserva Graves (1955:39-40), e la luna governata da Ecate ha tre fasi: a) luna nascente: corrisponde a Cloto – la filatrice; b) luna piena: corrisponde a Lachesi – la misuratrice; c) luna calante: corrisponde ad Atropo, colei che taglia ‘e che non si può evitare’ – cioè la morte.
Ho avuto modo di indagare su questo simbolismo femminile nel mio libro Carna e il carnevale delle donne (Lithos editore) – con una specifica indagine sulla dea-ninfa artemidea, lunare e dei boschi notturni, festosa e guaritrice “Carna” – proponendo che è proprio dal suo nome che potrebbe derivare la parola “Carnevale”.
Questa sapienzialità al femminile è stata perseguitata dalle religioni patriarcali, misogine monoteiste. Ben conosciamo l’incredibile, ma purtroppo reale tragedia della ‘caccia alle streghe’ e dell’inquisizione. Ma le streghe lunari ritornano nel folclore, e quindi nella cultura popolari, vestendo maschere e praticando atti simbolici e leggendari.
Nella cultura consumistica il folklore popolare diventa un’occasione da sfruttare in senso commerciale e turistico, come occasione festosa per il tempo libero, durante la quale si perde ogni valore simbolico e originario per il puro sfogo esibizionistico e un po’ di divertimento. Sarebbe invece il caso di aumentare la consapevolezza circa i valori simbolici originari i questa sapienza femminile, i quali hanno una potente significazione catartica, terapeutica ed evolutiva per l’immaginario collettivo e per il ‘bene comune’ , nello psichismo individuale e relazionale.
La ‘stregata propiziazione’ al femminile tra Halloween e Carnevale
La fantasia popolare è ricchissima di ninfe, fate, streghe insieme a gnomi e folletti, personaggi magici, strambi e indiavolati, che vivono nei boschi e sui monti, e che giungono nei luoghi abitati portando stranezze e segreti d’ogni sorta. Si tratta di figure femminili leggendarie e del folklore, risalenti ad antiche forme magico-sacrali, avvolte dal mistero lunare e notturno, che nella fantasia popolare presiedono soprattutto ai riti di passaggio, volti alla rigenerazione e quindi al superamento della stagione morte (perciò a seconda delle latitudine ‘arrivano’ dall’autunno alla primavera, e quindi possiamo dire in senso lato: da Halloween a Carnevale).
La sapienza femminile dei miti, del folklore ‘fanno anima nel mondo’ (per dirla con Hillman) attraverso immaginazioni, feste e riti, per provocare il nascere e il maturare di una coscienza più profonda del senso della vita (vedi ad es. Toschi, 1967). Si tratta di personaggi fiabeschi e leggendari che nel mostrare il negativo e il turbamento che scuote nel profondo la realtà umana, invitano a guardare nell’oscurità per vedere oltre i moralismi, i pregiudizi e i tabù (vedi von Franz, 1974 e 1983).
Queste figure femminili stregate e fatate sono riconducibili al mondo delle ninfe lunari, e poi a quello delle diverse forme di folclore che rievocano in forma festosa e popolare gli antichi riti di passaggio. Esse sono le leggendarie e fantastiche propiziatrici del ‘buon umore collettivo’ , le quali attraverso il rito e anche lo scherzo apotropaico scacciano il male e favoriscono nella coscienza collettiva la convivialità e e il senso del ‘bene comune’. Sono figure che evocano un’atmosfera magica e turbolenta, provocatoria e temibile, talvolta lugubre, ma esorcizzata da un’esuberanza allegra e sensuale, secondo lo psichismo notturno di un principio sapienziale al femminile, selvatico, erotico e lunare.
Si tratta di un’atmosfera energetica che richiama ‘l’inconscio collettivo’ e la vita sociale alla partecipazione, non soltanto per lasciarsi un po’ andare in una ‘strana festa’, ma anche per incentivare nella coscienza collettiva una volontà di emancipazione.
Le stregate e lunari figure femminili della fantasia popolare, nel loro senso originario rivisitato nelle nuove celebrazioni di Halloween e del carnevalesco, dovrebbero essere riconosciute in quanto esortano alla liberazione da paure dovute a ingiustiziee a tabù, facendosi beffe dei divoranti narcisismi e dei luoghi comuni, benpensanti o falsamente trasgressivi, conformi al disimpegno ‘modaiolo’, all’arrivismo, all’ignavia e al consumismo egoistico e menefreghista.
Un divertente repertorio di streghe e streghette, fate e fatine da far paura… ma anche affascinati, misteriose e ‘psico-socioterapeutiche’.
Ecco allora un elenco, in ordine alfabetico, di alcune ‘figure femminili del folklore italiano’ tratto da un testo del folklorista Dario Spada (1989). Sono considerabili come sia come proiezioni maschili della paura del mistero femminile, quindi di una sua diabolicità divorante e sia come elaborazione di tali proiezioni, per una presa di coscienza collettiva sulla sapienza e il potere femminile che si rivolta alla sottomissione misogina e inoltre trasmette uno psichismo terapeutico, in senso apotropaico, liberatorio e propiziatorio.
Volendo si può considerare l’elenco che qui riportaimo (e di cui una iconografia dettagliata è impossibile perché si tratta di figure leggendarie e fantastiche) come un possibile catalogo a cui ispirarsi per realizzare maschere femminili risalenti al folklore, eventualmente anche reinventabili al passo con i tempi, secondo il piglio inventivo dei mascheramenti, dei carri, delle parate e in ogni altra divertente e divergente possibilità di messa in scena carnevalesca.
– Le Anguane, custodi soprattutto di torrenti nei boschi, dell’Italia nord-orientale (sono dette anche Agane, Subiane, Zubiane, Aiguane, Oane, Longane, Pagane, Pagagnole).
– Le Ardoiee di Belluno: una casata di Befane.
– Le Beate Donnette di Trento, affini alle Bele Butele di Verona e Vicenza.
– La Berta o Berchta afferente alla mitologia nordica, tipica del Trentino, portatrice di fertilità nei campi (essa protegge anche le filatrici ed è conosciuta come Spempa, Li-li, Sanga, Stampa, Perchta, Boscignara, Giampa e Donnazza).
-Le Birghines, che sono vergini attinenti alle Gianas, del nuorese in Barbagia, ed hanno seni così lunghi che se li buttano dietro le spalle.
– Le Bona Res, che sono sia streghe e sia fate, girano di notte nel bresciano, e a seconda dell’accoglienza portano il bene o il male.
– La Cattivora del biellese che vigila anche gli stagni maleodoranti, pericolosa per chi si avvicina alle acque troppo oscure.
– Le Chiocce con i pulcini d’oro, che si ritrovano in tante località italiane, riferibili alla dea etrusca Velthe ed ai suoi dodici sacerdoti, i Lucumoni.
– Le Cialarere, cioè le spose del vento, note nelle risaie della Lomellina, venute dalla Val di Mala, e dal Reno. Sono belle fanciulle in abiti leggeri verdi e rossi, ma possono mutarsi in cattive megere. Di notte possono andare a rapire le mucche nelle stalle o anche a rapire i bambini. Per evitare ciò bisogna mettere pezzetti di pane sul davanzale delle finestre, o mettere nelle culle del fieno.
– Le Cogas sarde, avide del sangue dei neonati, e i Cogus sarebbero i loro degni compagni.
– Le Comelle venete, spiriti che appaiono nella nebbia.
– La Vecchiarina di Arezzo che balla vorticosamente nel vento, mano nella mano con il diavolo.
-Le Cristanne del Trentino, esseri selvatici soprannaturali che celebrano misteriosi riti intorno al fuoco nei boschi (meglio non disturbarle).
– La Fata Culina di Teramo, la quale prevede il futuro, essendo ascritta alla famiglia delle Sibille.
– Le Dame Bianche degli Appennini e delle Alpi, vestono di veli bianchi tempestati di gemme e conoscono i segreti della montagna, aiutano gli scalatori in difficoltà e chi si è perso.
– Le Diale del Trentino Alto Adige, vergini celestiali, eleganti danzanti, soccorrevoli, insensibili al’amore degli uomini ,cugine delle Selighen Fraulein.-
Le Dive di Belluno, biancovestite incantate dalla luce lunare che ammirano immobili per ore ed ore.-
La Donna del Gioco, popolare in Lombardia, riferibile alla “Domina Ludi” e alle Norne germaniche che indicavano il destino e decretavano l’ora della morte. Nel Bergamasco è nota come Dona del Zöch, in pochi secondi può diventare altissima ed assomigliare ad un orco.
– La Donnazza, appartiene ad una casata di Befane che abitano nel bellunese, prende anche il nome di Vecia trist da far paura.
– Le Donne Bisce, sono Melusine con la coda di serpente. Possono apparire buone, ma poi rivelarsi terrificanti divoratrici, sono presenti in molte regioni italiane, in particolare ad Alba (Cuneo). Nella bergamasca è nota come Serpentana.
– Le Donne di Casa siciliane, in realtà corrono veloci tra monti e valli, rischiano di cadere se le si chiama. Amano i neonati, li cullano e ci giocano, ma poi li dimenticano da qualche parte e le mamme li ritrovano ancora addormentati. Sono spiriti che devono incarnarsi altrimenti diventano rettili o rospi.
– La Donnetta Grigia di Campo Vallemaggia (Como) chiamata così per il suo scialle grigio. E’ benefica aiuta a proteggere dalle malattie, a curare i neonati e a volte fa trovare tesori. Si adira se viene osservata molto. Le sue cugine svizzere sono le Donne Scarlatte.
– La Donnina del Tetto, del Tirolo, è una vecchietta cattiva. Dai tetti guarda dentro le case sogghignante.
– Le Fade del Brente, sono a volte brave a volte cattive. Aiutano a fare i formaggi, ma combinano spesso pasticci e rubano un po’ di tutto.
– Le Faie di Ferrara, sono ninfe dei boschi, non vogliono essere chiamate ‘Faie’, altrimenti spariscono
– Le Fanciulle delle Nevi, ovviamente amano il gelo e i ghiacciai, benedicono le greggi e avvisano i pastori delle tormente. Si trovano sugli alpeggi e tra di loro ci sono le celebri Regine delle Nevi.
– Le Fate sono certamente una categoria vastissima, e tra quelle qui citate ce ne sono molte. Sono ninfe e spiriti fantastici, buoni, ma anche severi (conoscono bene la negatività). Ce n’è un’infinità ed hanno nomi propri speciali, sono le protagoniste magiche delle fiabe.
– La Filunza delle alpi svizzere è una tessitrice, esperta metereologa
– La Gatta Marruda in Sardegna è usata per spaventare i bambini e tenerli buoni, altrimenti entra nelle case e se li mangia.
– Le Gatte Masciare di Bari, sono streghe che si denudano e si trasformano in gatte che si arrampicano sui tetti e girano nei vicoli di notte a farne di tutti i colori.
– Le Gianas (Janas) della Sardegna e della Corsica, seppure abbiano un nome che significa ‘giganti’ sono fatine con un’altezza che va dai 30 ai 70 cm (sono anche maschili). Hanno seni lunghissimi che le impacciano nel camminare. Fuggono la luce del sole dato che hanno una pelle bianchissima. Hanno il dono della profezia, a volte fanno l’amore con gli umani. Se le si disturba possono diventare tremende.
– La Gianna delle Marche, è un’anziana signora vestita di trine e merletti e va in giro con un ombrellino da sole. Conosce i poteri curativi delle acque. Aiuta le lavandaie, ma ad un certo punto sparisce dicendo: “Aiutarti non posso, non ho polpa non ho osso”.
– La Grausteina della val Venosta. Va in giro a rapire i bambini e a fare brutti scherzi ai montanari con la complicità del suo balordo compagno Belmon.
– La Guardiana del Tesoro in Calabria è la Vecchia della Fusa, un’enigmatica anziana che tutela i tesori nascosti.
– La Dea Holda dell’Alto Adige, abita nel fondo dei pozzi e dei laghi, porta buona fortuna a chi lavora bene e castiga chi è negligente.
– L’Invidia del pesarese si presenta chiedendo umilmente ospitalità, la ottiene, ma poi gli armenti si ammalano e i raccolti vengono distrutti dalla grandine. Per difendersi: aglio e spazzare davanti all’uscio di casa.
– Le Janare del casertano vestite di nero, chiazzato di sangue, con zanne di cinghiale e fiaccole in mano. Tenebrose e vampiresche, ma anche conoscitrici dei processi di guarigione.
– Làà dei Verz di Brescia, è una ladra di verze, ma se è molto arrabbiata anche di bambini.
– Le Lavandaie Fatate del vercellese, con abiti bianchi e capelli arruffati, affogano i bambini e torcono le braccia fino a romperle, come quando si torce un panno bagnato.
– La Maddalena abita nei pressi del lago d’Iseo, anche lei affoga i bambini nei laghi, di lei si vede solo il braccio lungo e nodoso che esce dal lago.
– Le Madri del trapanese, brutte, grinzose, con pupille giallastre, esperte di fatture e malocchi. Le loro cugine calabresi sono le Magare e le Magarat.
– La Mammona se ne va in giro per il salernitano con una clava e mira bastonare i viandanti, soprattutto i giovanotti. Il suo complice bagordo è un certo Punpunalu.
-La Mandola bresciana è una dolce creatura, scambiata malevolmente per una strega. Ama circondarsi di simpatici Fuleec (folletti) e sparge una polverina nei prati e nei boschi per far crescere i funghi porcini.
– Le Marateghe veneziane sono befane che emettono un rantolo, ma sono le più buone del mondo e portano doni nelle calze appese dai bambini.
– La Marrocca senese è un essere ripugnante, uno spauracchio che tiene lontani i bambini da pozzi pericolosi e acque stagnanti.
– La Marta Pettena sarda, gira sempre con un pettine, compare solo nelle ore più assolate e spaventa i bambini che tardano a rientrare a casa per il pranzo.
-Le Masche, particolarmente carnevalesche, sono diffuse in Piemonte, Liguria e Lombardia. Fanno fatture che fanno andare a male il latte e il burro. Chiamano i viandanti nelle campagne con voce suadente, ma bisogna fingere di non sentirle e tirare diritto, altrimenti si può essere affatturati.
– La Missuia, alpina, si trasforma in una scrofa con dodici porcellini (i mesi dell’anno). Sopraggiunge con la sua prole a mezzanotte in punto con canti e fracassi spaventando i contadini.
– Le Mjanines (anche dette Jarines) del Trentino, sono Ondine con candide vesti che amano i fiori. Spuntano nelle notti di luna, con cautela le si può avvicinare, ma si può rischiare di essere trascinati nei torrenti che loro tutelano.- La Mogada è una donnaccia grinzosa che vive nei dintorni di Sondrio. Ama nascondersi tra le spume delle cascate, ogni tanto rapisce bambini che si sporgono troppo dai ponti dei fiumi.
– Le Monachelle della fontana siciliane, sono guardiane di tesori nascosti, situati vicino a corsi d’acqua.
– Le Nereidi, figlie di Nereo, re del mare, simili a sirene, hanno piedi asinini o equini. Sono però molto belle, con voci e canti melodiosi. Da mezzogiorno a mezzanotte sono molto pericolose. Se le si guarda mentre si abbronzano si può rimanere ciechi. Amano piccoli regali, come latte, miele, frutta. Sono invidiose delle donne incinte. Vivono soprattutto nel mar Jonio.
– Le Ombre sono in Irpinia, vivono in simbiosi con gli alberi. Sono arcigne e maligne. Creano turbinii con il vento e possono recare incubi.
– Le Ondine sono fate delle acque dei laghi e dei torrenti. Esse secondo Paracelso consentivano l’affiorare delle immagini nella mente contemplativa. Un’ondina del lago di Carezza s’innamorò dell’arcobaleno e questi scese da lei riverberando sulle acque. Desiderano di unirsi ai mortali, ma sono tristi perché sanno che ciò è irrealizzabile.
– Le Ore, assai conosciute in Calabria, sono creature della vegetazione che però portano incubi (possono essere maschili). Per liberarsi di loro il dormiente deve riuscire ad afferrarle per i capelli e costringerle ad un dialogo ragionevole, mentre loro restano ambigue.
-La Palpaeccia sarda, anche porta incubi, e poi mette grosse pietre sullo stomaco dei bambini cattivi provocando loro tremendi mal di pancia.
– Le Panas sono spettri di donne morte di parto diffuse nella Gallura, in Sardegna. Sono costrette a lavare tutte le notti la loro camici insanguinata e i pannolini della creatura morta. Ma se due donne vive vanno al torrente e in rigoroso silenzio lavano i panni della Panas la liberano dalla sua pena.
– La Paltugiana è una Panas che canta ninna nanne, perciò la sua pena durerà al massimo due anni
.- La Paòra è uno spettro delle campagne di Ancona, salta fuori di notte, soprattutto in luoghi ove sono accaduti eventi tragici o c’è qualcosa di nascosto. In genere è coperta da un lenzuolo marrone. La sua cugina è la Paura, un essere asessuato dell’Ascolano.
-Le Pelne sono ninfe acquatiche, trasformate in colombe possono volare molto in alto, ma devono poi ritornare nelle acque per non morire. Si può parlare un po’ con loro nei boschi. Hanno un canto dolcissimo che però può essere loro fatale in quanto si dimenticano di tornare nelle acque e muoiono.
– La Putina o Piavola di Treviso si infilano nel buco della serratura per entrare nelle camere da letto e sedersi sul petto dei dormienti; si fanno poi sempre più pesanti al fine di provocare incubi.
– Le Redodese del Veneto è una befana piuttosto temibile con cappellaccio nero, spesso mette nei guai le donne. Vuole essere battezzata, per vanità, da San Giovanni, ma questi le manda prendere l’acqua con un secchio bucato, lei non se ne accorge e va prenderla tante volte fino a quando non si stufa e se ne va. Le Reduoje sono le cugine, più propense ad incattivirsi sui bambini (in Istria sono note come Rojenice).
– La Regina delle Nevi è delle Alpi svizzere, ma viene anche in Italia (anche con il nome di Samblana). Provoca grandi nevicate e valanghe, ma evita di recare danno agli alpinisti ed anzi spesso li aiuta.
– Streghe dei Sabba, sono diffusissime in tutta Italia, in luoghi rurali e selvatici. Sebbene il Sabba rinvia al sabato, questi raduni si facevano di Giovedì, infatti le partecipanti Zobiane erano le ‘donne del giovedì’. Il giovedì infatti era, nel VI secolo, giorno di sospensione dei divieti cristiani delle Quattro Tempora, perciò era più possibile praticare riti pagani di fertilità.
– Le Sibille, ben note in molte regioni italiane, sono specialiste della divinazione. A volte si divertono ad ammaliare baldi giovani. Sono buone e a volte amano far finta di essere come la gente comune. Celebre è la Sibilla Cumana.
– Le Signore dei Camosci del Tirolo, ama e premia chi rispetta e cura la natura e punisce chi la deturpa. A volte la si vede cavalcare un camoscio fatato, sui monti, al tramonto.
– Le Sirene sono ben note per il loro corpo che nella metà inferiore è un pesce, tuttavia in origine questa metà era di un uccello. Famose per le loro qualità di seducenti adescatrici dei marinai grazie ai loro canti (dolcissimi, ma manipolatori). Sono presenti nei mari del sud Italia. Nel mare di Lecce c’è Mamma Sirena, la quale attira e inganna la fanciulle, imprigionandole nel suo regno marino.
– Le Smare del bellunese, possono essere femmine o maschi. Appartengono alla classe degli incubi. Vi sono molti espedienti per non farle entrare nelle camere da letto. Pare che si originino da gocce di sangue.
– La Splorcia del novarese è un folletto ibrido e mostruoso di natura femminile, è un insieme di porco, serpente, pipistrello, rospo e coda di scorpione. Dalle sue orecchie sprizzano vermi e insetti disgustosi. Rapisce i bambini.
– La Stendechina è una specie di fantasma femminile che la notte spaventa gli uomini. Se appare bisogna subito scappare senza voltarsi indietro. La si incontra nell’ascolano.
– Le Streghe Marinare, soprattutto in Istria, e in Liguria con il nome di Bàzure, si divertano a fare scherzi ai pescatori. Rubano le loro barche e se ne vanno cantando tra cavalloni e tempeste.
– La Stria de la Diassa (Strega del Ghiaccio) abita nel bellunese è molto temuta, porta un freddo tremendo. Nessuno conosce le sue sembianze perché chi l’ha vista in qualche notte d’inverno non è più tornato a casa.La Strina (o Strenna) tipica della notte di S. Silvestro. La più tipica abita in una roccia che domina Cefalù (Palermo), dalla roccia discende e porta i regali ai bambini con l’aiuto di suo figlio Maccavaddu,. Non deve essere vista altrimenti porta la cecità.
– La Trisulina in provincia di Catanzaro abita in una caverna che sembra una casa franata. Ha modi assai nobili, cortesi ed ospitali. Regala anche oro. Esce una volta all’anno e pare una donna normale, ma può facilmente cambiare di statura. Sua stretta parente è Donna Santacina, tessitrice e molto buona, bella, anche lei cambia di statura, regala monete d’oro.
– Le Trude sono del Trentino Alto Adige, sono dette anche Trote, Trute o Alp. Sono Incubi, si infiltrano nelle camere da letto e sono particolarmente schiaccianti quando si siedono sul petto del dormiente. Possono essere di statura gigante come piccolissime.
– La Vaina (è anche maschile) del novarese, è cattiva con le donne e con i bambini. Appare spesso come un neonato piangente bisognoso di soccorso che rotola in un pendio. Secondo alcuni se la si sa prendere per il verso giusto può diventare anche buona.
– La Vampira, su di lei come del suo interprete maschile, sono state descritte varietà e leggende che possono dare luogo ad enciclopedie. Tutta Italia è infestata (come del resto tutto il mondo). A Caltanisetta c’è una leggenda secondo la quale per liberarsi di questi esseri bisogna che una vergine segua una dieta a pane e acqua un anno, un mese e un giorno. Ma i rimedi sono descritti attraverso innumerevoli tradizioni e leggende che hanno conquistato l’immaginario popolare. Il Carnevale è un ottimo contesto terapeutico contro ogni sorta di vampiri, i quali sono invitati a partecipare.
– La Vecia Barbantana è un megera veneta impiegata come terribile spauracchio affinché i bambini la smettano di fare i capricci.- Le Vergini della Montagna sono fate benefiche che aiutano sulle Alpi a proteggersi dal cattivo tempo.
– Le Viole del Tirolo, sono le mogli dei maschi selvatici. A volte aiutano i pastori nell’alpeggio; stanno sempre a piedi nudi estate e inverno, anche sul ghiaccio. Vivono nelle caverne sono scontrose, timide e amano cantare mentre lavano i panni nei ruscelli.
– Le Vivene di Trento, mogli dei Viven. Vivono nelle foreste alle pendici delle montagne. Sono abili nella tessitura e propiziano la lavorazione dei formaggi. Qualche volta rubano i panni stesi nei villaggi. Detestano chi oltraggia la natura. Si dice che vivranno fino alla fine del mondo.
– La Zöbiana è una strega diffusa in Lombardia. A Brescia praticava i suoi riti il “Gioedé de le bele” (‘Giovedì delle belle’), con la partecipazione di tutti i valligiani in una grande festa danzante. A Cantù è nota per uno scherzo alle donne, consistente nel trasformare un gomitolo in un bel vestito, farglielo indossare e poi farlo sparire, così che restano seminude.
Per approfondimenti si può consultare il mio libro Carna e il Carnevale delle donne. Nel quale si esplora il senso simbolico del femminile magico e terapeutica, nella dimensione folklorica del carnevalesco e dei ‘riti di passaggio’ ad esso affini. Un’investigazione sul sapere e il potere femminile: CURANDERE, SCIAMANE, RITI LUNARI E DI GUARIGIONI, MAGIA EROTICA E PROPIZIATORIA.
Segue un mio breve video sullo psichismo del carnevalesco, all’insegna di un femminile magico ed evocativo del ‘bene comune’ e della convivialità.
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Qui di seguito video di introduzione e presentazione