CONTENUTI DELL’ARTICOLO: Introduzione di Pier Pietro Brunelli (Psicologo Psicoterapeuta) – segue un testo di Elena Massone (studiosa della psicologia) e una collezione di immagini tratte dalla Mostra la Grande Madre di Milano (2015), con una presentazione del curatore Massimiliano Gioni (tratta dalla cartella stampa concessa dalla Fondazione Trussardi che ringraziamo).
Testo introduttivo di Pier Pietro Brunelli
Nulla è più grande dell’archetipo della Grande Madre, esso praticamente è Tutto, e quindi anche l’inizio e la fine di ogni cosa. Carl Gustav Jung ha esplorato il profondo senso psicologico dell’archetipo della Grande Madre nell’inconscio collettivo e nell’inconscio individuale. Egli ha indagato come la fascinazione e il mistero per le origini della vita e di ogni cosa è stata sin dalla notte dei tempi considerata come il massimo dei misteri, dando origini a culti e a riti che, pur essendo molto diversi nelle varie culture hanno una universale radice archetipica. La forza primigenia della natura creatrice – considerarata come la totalità perenne e infinita dalla quale viene e ritorna la finitezza e la caducità della vita – è stata quindi rappresentata in molteplici immagini, ma così anche la sua costituiva ambivalenza. Infatti ‘madre natura’ è buona e generosa e dà la vita, ma poi la rivuole indietro e dà la morte. Essa dà il suo nutrimento, tuttavia poi usa le creature che ha nutrito per nutrirsi e nutrirne altre. Questa ambivalenza tra l’essere nutrice, protettrice fonte di vita e divoratrice, abbandonica e mortifera ha generato a livello dell’inconscio individuale e collettivo una sorta di sgomento esistenziale e spirituale.
Per elaborare l’impossibilità logica ed umanamente accettabile di riunificare le polarità inconciliabili dell Grande Madre, gli esseri umani hanno dovuto affrontare una immensa sfida sul piano simbolico e spirituale. Ciò secondo Jung ha avuto un suo effetto costitutivo sull’inconscio collettivo dell’umanità, ma anche sull’inconscio di ogni individuo, sul quale l’archetipo della Grande Madre esercita una primigenia forza condizionante di carattere complessuale. Quanto più un essere umano non ha coscienza della sfida che la Grande Madre esercita dentro di lui e non fa nulla per orientarsi verso una risposta spiritualmente simbolica e filosofica, tanto più si trova nella condizione di un ‘puer’ pervaso da ‘complessi’, con i conseguenti sintomi e comportamenti più o meno disturbati e disturbanti.
Va considerato che l’archetipo ambiguamente negativo e positivo della Grande Madre è stato da millenni proiettato sul femminile. Con il monoteismo la donna è stata considerata come più vicina alla materia e al corpo, quindi a ciò che essendo corruttibile può facilmente essere preda dei sensi, delle emozioni, e che quindi è spiritualmente inaffidabile (immensa è la bibliografia junghiana e post-junghiana su questi concetti). Lo spirito scisso dalla materia e dal corpo è verticalizzato sul maschile (così è infatti nelle tre religioni monoteiste). Certamente la donna fa parte della spiritualità: dalla Vergine Maria e nella cristianità con molte figure di sante, ma essa ha un ruolo supportivo e comunque a prezzo di una forte castrazione della femminilità (la Madonna del resto ha concepito senza sessualità), così che disparisce il senso originario della dea madre e delle molteplici rappresentazioni arcaiche di madre terra. I culti al femminili nel corso dei secoli sono diventi credenze magiche ed hanno dovuto scontare la loro supposta derivazione da Eva, la prima grande tentatrice, con atrocità e soprusi come quelli del Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe – scritto da due monaci inquisitori domenicani…), e poi con un clima generalizzato di misoginia che le ha relegate ad essere il ‘secondo sesso’, e quindi considerate come inferiori. Soltanto in epoche recenti l’emancipazione, le rivendicazioni e anche la rabbia delle done si è espressa, e ancora oggi non si è raggiunto un buon equilibrio psicoculturale e sociale nella parità tra i sessi, ed inoltre la società dei consumi tende da sempre a sfruttare il corpo della donna e la sua immagine ‘pseudoliberata’… Diversi sociologhi dei consumi hanno paragonato la società dei consumi come una nuova Grande madre del nostro tempo che promette e offre tanto, ma solo per poter sfruttare e manipolare la maggioranza dei suoi figli, cioè soprattutto coloro che lavorano per ‘lei’ e che poi devono pagarla fino all’ultimo quattrino per vivere…
Nell’immaginario, nei sogni, nelle fantasie la Grande Madre si rivela nell’impronta archetipica delle Istituzioni (dalla Grande madre Patria, alla grande famiglia azienda, agli ospedali, carceri e scuole) così come nei piccoli e grandi gruppi (dai partiti alle sette, alla classe o alla squadra…) o nei i luoghi e nelle idee delle grandi adunate (dallo stadio agli expo’…) e nelle ideologie totalizzanti (dittature, pensiero unico, democrazie incompiute tra rappresentazione e manipolazione…), e quindi nelle religioni da Madre Chiesa alla tribù dei culti ctoni (terranei) primitivi di morte-rinascita. Si tratta di contesti ed esperienze ove l’individuo può essere accolto o respinto da una collettività o una comunità o un pensiero fondativo, e verso le quali si deve riuscire a trovare una propria collocazione, con la tendenza o ad identificarsi totalmente e fusionalmente con la Grande Madre, e quindi regressus ad uterum, oppure cercando eroicamente di differenziarsi (mito della sfida dell’eroe alla Grande Madre) e con il rischio di essere annientato in un vuoto che non consente il processo di morte-rinascita che è nella potenza della Grande Madre. Questi ‘movimenti individuativi’ del soggetto nei confronti della totlità sono peraltro osservabili anche nell’ontogenesi, nel senso che iniziano con la nascita, quale prima differenziazione dal corpo materno. Sulle prime il neonato è ancora fusionalmente unito alla madre, tanto che non riesce a percepire la differenza tra sé e lei, e quando l’avverte la colma attaccandosi al suo seno, fonte di protezione e piacere, ma anche di angoscia primaria nella misura in cui il neonato percepisce anche minime possibilità della sua mancanza o una qualche avaria della sua bontà e completezza. Sin dalle prime fasi dello sviluppo il cordone ombelicale ‘psicologico’ (non solo biologico) deve essere tagliato e non senza sforzo. L’infante prova angoscia nel percepire la madre o il care giver maternizzato anche solo lontana di pochi metri. Qualora il suo desiderio si orienti verso un deciso ritorno a lei al fine di poter sfuggire all’ansia di vivere si innesca l’angoscia di ‘non crescere’, quindi di ‘non vivere’, ma se si distacca troppo da lei inizia l’angoscia di vivere e di morire in quanto non vi è più la gratuita della protezione e del nutrimento materno. Naturalmente la figura del padre e di altre figure parentali ed educative gioca un ruolo determinante nel modulare il una equilibrata risoluzione tra distacco e attaccamento dal materno. Un padre problematico e negativo può generare un rifugiarsi regressivo nella madre (la quale per quanto sia equilibrata risente delle disfunzionalità paterne), ciò determinerà problemi nelle relazioni affettive adulte. Oppure un ‘padre difficile’ può accentuare gli aspetti problematici e le sofferenze della madre, o indebolirne le qualità, generando nei figli risposte di iperattaccamento o di fuga dalla relazione materna, anche ciò avrà rilessi disturbanti nelle relazioni affettive adulte, in senso narcisistico e borderline. Si parla perciò di ‘complesso paterno’ e ‘complesso materno’, ma è quest’ultimo che nella sua radice archetipica della Grande Madre, è il complesso originario da comprendere ed elaborare per una più autentica ed equilibrata costituzione del Sé.
La grande Madre dunque è la regina di un dramma archetipico, biologico , psicologico, sociologico e spirituale dell’essere umano come individuo e come specie. Ciò ha una sua ricaduta nei ‘complessi’ e nelle modalità più o meno problematiche di relazione con se stessi e con gli altri, e quindi incide sulla sfera degli affetti in maniera più o meno virtuosa o morbosa (a seconda delle soluzioni relazionali che il soggetto riesce ad elaborare con la Grande Madre che abita il suo mondo interiore).
3 Comments
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Another masterpiece, dear Prof. Brunelli!
Thank you. As usual, you are going to help many people.
I feel this complex topic underlines the necessity, for psychology, to work in synergy with sociology and antropology.
I think there should be a sort of “social psychology”, certain attitudes deriving from intimate structure of a definite group.
Don’t you agree?
As to me, the sweet Mother of my heart is the Virgin Mary,Who wants us all to develop ourselves accordigly with GOD’s plan.
This is what all parents should do.
Love, Angelica
Thank you dear Angelica. You know that always I looking for a sensitive translation in english. The new “Manual” has a language quite simple. I’m sure can help many people. So that it would be very important an enghlish translation. All the best for you.
Mi rendo conto leggendo l’ articolo di trovarmi di fronte ad un argomento enorme di cui vivo tutta la complessità essendo donna e figlia e madre.
Certamente una madre deve essere consapevole dell’ ambivalenza che suscita nei figli, soprattutto se non è supportata da un padre che faccia il padre (e non il figlio, l’ eterno puer che sodalizza con gli aspetti più regressivi del vero figlio o figlia, esercitando cosi ancora attraverso i figli tutta la sua aggressività verso la donna, ex moglie e madre dei propri figli). la cosa molto triste è che una madre non può fare la madre dolce e accudente se il padre dei figli è disfunzionale perchè rischia di provocare una attaccamento ambivalente nei figli. Deve fare necessariamente anche il padre, esercitare l’ autoritas, un impegno doppio, che soprattutto in presenza di figli con carattere forte o molto dotati è spesso superiore alle sue proprie forze. Conosco molte madri che si sono ammalate, che sono sfinite, depresse, che hanno rinunciato a fare la madre e si sono risolte ad accudire solo cani, un cane, poi due cani oppure gatti. Proprio a causa dell’ immaturità e irresponsabilità o assenza dei padri, l’ archetipo della madre nell’ inconscio dei figli rischia di innescarsi come una bomba, che prima o poi farà esplodere la relazione, l’ affetto, la vita di madre e figlio/figlia.