Un caso clinico
In questo articolo espongo in sintesi un ‘caso clinico’, riferito ad un mio paziente che qui chiamerò Piergiorgio. La storia di Piergiorgio ci fa comprendere certi meccanismi psichici per i quali certe influenze negative o disequlibrate assorbite dai genitori possano incanalare l’affettività dell’adulto verso relazioni amorose malate, o comunque ad innamorarsi di persone ‘negative o sbagliate’.
Nel corso dell’analisi era emerso il ‘complesso materno’ di Piergiorgio, caratterizzato dalla presenza di un padre piuttosto incapace di far superare l’Edipo, cioè il desiderio inconscio, erotico ed affettivo, che il bambino/a nutre verso il genitore di sesso opposto. Nel caso del maschietto il padre esercita una funzione di ‘castrazione protettiva’, che in parole povere esprime il messaggio: “la mamma NO, tutte le altre SI’”.
Il padre durante l’adolescenza di Piergiorgio aveva vissuto un periodo di nevrosi, e questo lo avevo reso particolarmente irascibile, punitivo, testardo. Inoltre Piergiorgio assisteva a continui litigi, talvolta feroci tra i genitori, e la madre rifletteva su di lui tutta la sua infelicità. La funzione del padre dovrebbe consistere nel mostrare al figlio il suo amore per la madre, in modo che l’attaccamento inconscio del figlio verso la madre declina, viene superato. Nel contempo il padre dovrebbe sviluppare una relazione amichevole con il figlio soprattutto nel periodo adolescenziale. Purtroppo, il padre di Piergiorgio per quanto fosse un bravissimo uomo era anche un nevrotico, iracondo e cocciuto. Il ragazzo, giacché adolescente, rimaneva inconsciamente attaccato ad una immagine infantile della mamma irraggiungibile e ambivalente, ovvero una madre INSODDISFACIBILE, sempre lamentosa, vittimista, invidiosa di chiunque… Una madre di questo genere fa sentire il figlio incapace di soddisfarla attraverso il normale rapporto d’amore madre-figlio, quindi il bambino non si sente amato perché non vede mai contenta la madre e per quanto la ami non riesce a ‘soddisfarla’…
Freud spiega che il bambino rimuove nell’inconscio il suo desiderio erotico verso la madre, al fine di dimenticarlo e di non soffrire, tuttavia questo rimosso se non viene elaborato e superato, si ripresenta per tutta la vita come ‘complesso materno’ che diventa perturbante per la coscienza e per le relazioni con il prossimo, sebbene il soggetto non abbia coscienza di come e di quanto tale rimozione possa condizionarlo. Il ‘complesso materno’ di Piergiorgio si collocava nell’incapacità di soddisfare la madre e nel senso di colpa dovuto a tale incapacità, con lo sviluppo successivo di un’ansia generalizzata verso tutte le donne e quindi con grande sofferenza nelle relazioni sentimentali che ebbe poi da adulto. Egli temeva persino di ferire le donne, di essere da esse solo accettato, come se queste gli facessero un favore… perciò la sua vita sentimentale fu infelice, si innmorò di donne alquanto negative, o comunque si faceva solo scegliere, senza mai un sereno coraggio nel conquistare la donna desiderata, senza potersi mai sentire sicuro nell’amore (… almeno fino a quando non fece un normale percorso psicoterapeutico e psiconalaitico).
La madre aveva una personalità piuttosto isterica (potremmo dire borderline: ‘quasi psicotica’), e riversava verso il figlio (il primo di quattro figli maschi) una sorta di attaccamento morboso, esageratamente protettivo in superficie, ma incapace di donare a Piergiorgio una vera serenità. La madre piangeva e si lamentava ‘tratralmente’ e continuamente sulle spalle del figlio sin da quando questi era bambino. Pur essendo molto amato da entrambi i genitori, Piergiorgio non aveva trovato in essi quell’equilibrio affettivo di cui avrebbbe avuto bisogno per sviluppare una personalità più forte e armoniosa. In termini psicoanalitici possiamo dire che il padre non era riuscito a funzionare come castratore ‘buono’, cioè come colui che separa il figlio dalla madre e offre un modello maschile rivolto al mondo, alle altre donne, alla creatività.
Va poi aggiunto che i genitori di Piergiorgio erano infarciti della peggior cultura popolare che si possa immaginare, secondo la quale picchiare i figli è una questione di ‘buona educazione’. Piergiorgio veniva picchiato dal padre e dalla madre per ogni minima mancanza, ma soprattutto quando uno dei due era particolarmente nervoso (in questi casi non occorreva neppure che Piergiorgio avesse commesso una mancanza, le botte le prendeva lo stesso). Certe volte Piergiorgio era terrorizzato dall’arrivo del padre a casa dopo il lavoro. Sarebbe stato nervoso? Allora lo avrebbe picchiato? Sarebbe bastato che la madre lo avesse accusato di essere stato cattivo (oer una qualsiasi sciocchezza) e il padre avrebbe potuto prenderlo a schiaffi e calci… tanto l’idea di fondo è che in tal modo i figli crescono più educati (sic!). Se poi non veniva picchiato veniva minacciato di essere abbandonato, quasi certamente in un collegio, che veniva raccontato dal padre o dalla madre come una sorta di istituzione carceraria. Quando i genitori di Piergiorgio mettevano in atto questi comportamenti erano completamente inconsci del male che facevano al loro figlio e di quanto ciò avrebbe compromesso la sua vita futura. Il clima punitivo poteva trasformarsi rapidamente in un clima normale e pacifico, a volte persino divertente, senza che Piergiorgio comprendesse la dinamica di queste trasformazioni (queste infatti dipendevano dallla ondivaga relazione tra i due genitori, fortemente aggressiva e incerniata su profonde incomprensioni reciproche nelle quali non ci addentriamo – va poi detto che negli anni a venire, quando Piergiorgio divenne adulto – entrambi i genitori non riconobbero mai di averlo picchiato spesso, e spesso ingiustamente… “al massimo qualche sculacciata, quando ci voleva…”). Tuttavia non bisogna pensare che i genitori di Piergiorgio fossero cattivi, erano soltanto piuttosto nevrotici e ignoranti, e pur sbagliando in fatto di sistemi educativi, entrambi volevano molto bene al loro figliolo.
La madre, giovanissima – senza il sostegno di parenti, amici o Istituzioni – aveva inondato Piergiorgio di un amore isterico e mieloso che tendeva a considerarlo come una specie di ‘oggetto fallico’, cioè come una propria creazione della quale vantarsi, da esporre e mostrare agli altri, e poi anche come un appoggio sul quale far pesare le proprie ansie e difficoltà. La madre, quando si trovava con altre persone parenti o estranei, non perdeva l’occasione per esibire Piergiorgio come se fosse stato un suo ‘piccolo capolavoro’, come un bell’oggetto fatto da lei; e non si rendeva conto di come il piccolo Piergiorgio morisse di vergogna e avrebbe voluto fuggire da quel goffo e misero palcoscenico esibizionista, imposto dalla stupida e vuota vanità di sua madre. Poi quando Piergiorgio restava solo con la madre, tutta quella esaltazione pubblica, tutta la sceneggiata esibizionistica spariva e lasciava il posto ad una relazione fredda, inconsistente, per cui la madre si occupava solo di prestargli cure pratiche (seppure con grande zelo): lavarlo, vestirlo, dargli da mangiare tanto (all’eccesso)… e poi quasi nessuna coccola, nessun gioco, nessuna fiaba. Perciò Piergiorgio ebbe la tendenza, fin dalla prima infanzia, a sviluppare ansia e depressione rispetto all’altalenante ambivalenza dell’affettività materna e alla durezza nevrotica paterna. In questi casi un bambino sente in sé sentimenti di rabbia e di odio verso una madre che non è “sufficientemente buona” (per dirla con il celebre medico e psicoanalista inglese Donald W. Winnicott), ma poi, siccome il suo bisogno di amore materno è immenso e vitale, si autocolpevolizza per i sentimenti negativi verso la madre e preferisce considerare difettoso se stesso piuttosto che la madre (la cosa peggiora se poi il bambino non trova nemmeno nel padre un punto di riferimento capace di dargli stabilità, sicurezza e fiducia).
Se il bambino ‘affetto da una madre nevrotica’ considerasse effettivamente difettosa la madre, andrebbe incontro ad una vita psichica ancor più afflittiva e patalogica, perché si sentirebbe sempre in ansia per la dipendenza da un adulto percepito come ‘cattivo e inaffidabile’. Allora il bambino preferisce assumere la cattiveria su di sé. Se la mamma lo ama in modo sbagliato non è la mamma che non va, ma è lui stesso che non va. In tal modo il bambino sviluppa un assurdo ‘senso di colpa’ però riesce ad evitare il terrore di dover convivere costantemente con una madre considerata cattiva (in quanto il cattivo sarebbe lui). Se poi anche il padre non riesce a compensare le carenze e gli squilibri della madre, l’ingiustificato senso di colpa e di autosvalutazione del bambino è ancora maggiore. Ne deriva la seguente proposizione: meglio considerare se stessi cattivi, ma stare con genitori considerati bravi, piuttosto che il contrario. Questo tipo di bambino divenuto grande sarà molto vulnerabile alla seduzione da parte di persone che presentano un pattern di tratti caratteriali negativi e positivi simili a quelli della madre, o comunque dell’atmosfera genitoriale. L’antico senso di colpa infantile – instauratosi, come abbiamo visto per ragioni difensive – ancora attivo nell’inconscio nonostante si sia diventati grandi, ha bisogno di essere riparato, superato, bonificato.
Perciò inconsciamente si è attratti da persone con le quali, in versione adulta, si possono riattivare le primitive e infantili vicessitudini sentimentali. Essendo stati abituati sin da bambini ad un rapporto affettivo frammisto di aggressività, incomprensione e ‘calci in faccia’, la relazione con un partner, similmente caratterizzata, viene considerata abbastanza normale e accettabile, laddove bisognerebbe invece comprendere che si tratta di una relazione malata. I soprusi e gli abusi del partner dominante (nel caso di Piergiorgio si trattava di una ‘narcisista maligna’) vengono incassati come duri colpi, ma poi archiviati e perdonati, dato che Piergiorgio sin da bambino era diventato un ‘grande incassatore’ ed era stato costretto a credere che chi ti fa del male può essere la stessa persona che ti ama. Dunque, gli errori dei genitori si ripercuotono nelle scelte affettive della vita adulta. Tuttavia, se i genitori, quasi sempre commettono sbagli per ignoranza e inconsciamente (quindi senza una sostanziale colpevolezza), purtroppo capita spesso di imbattersi in partner sbagliati che sono ‘colposi e dolosi’ in quanto si approfittano delle debolezze di una persona al fine di manipolarla e trarre vantaggi per il proprio ego. Questo era accaduto a Piergiorgio, con conseguenze micidiali per la sua salute e la sua vita, che solo dopo un lungo lavoro di analisi psicoterapeutica è riuscito a superare.
Piergiorgio aveva dunque elaborato una struttura caratteriale aventi tratti abbandonici e di dipendenza, con la tendenza a fare uso di sostanze psicogene (lecite e illecite) per sfuggire all’ansia e alla depressione. Si trattava di una natura costituzionale che in parte Piergiorgio aveva acquisito per gli stimoli ambientali, in primis la famiglia e i genitori, poi i trasferimenti da una città all’altra, l’ideologia ribellista del tempo in cui era ragazzo, una certa poetica dell’instabilità scambiata per affermazione della libertà, e da un’altra parte per la sua propria stessa intrinseca e innata vocazione alla vita. In tal senso vorrei dire che la psicologia junghiana, attraverso la quale chi scrive si è formato come psicoterapeuta, presume che alcuni fattori della soggettività siano innati, e che abbiano radici transgnenerazionali, quasi che siano stati trasmessi per via genetica da lontanissimi ancestri e da energie psichiche originarie formanti l’inconsco collettivo: gli archetipi, i quali poi si manifestano in forma di complessi alquanto differenziati nella vita individuale. Insomma il carattere di ciascuno è in parte frutto delle influenze dell’ambiente, ma in parte deriva d un mistero, il mistero stesso della vita che fa nascere ciascuno con una sua propria anima, unica e irripetibile, giacché in tutto l’infinito e in tutta l’eternità quest’anima avrà un valore e un senso assoluti. Per questi motivi un’immagine metaforica usata negli ambienti junghiani dice che i genitori sono soltanto il ramo dell’albero da cui veniamo. Questo ramo è fondamentale, ma le radici della nostra anima non dipendono solo da esso. Perciò è importante sanare le relazioni con i propri genitori, ma è anche importante rasssegnarsi se ciò non è totalmente possibile, e quindi superare con la maturità e la conoscenza del proprio Sé ‘archetipico’ la dipendenza psicologica dall’infanzia e dalla famiglia. Bisogna quindi sviluppare un senso di orfanitudine e con ciò la consapevolezza che la propria anima è venuta al mondo per compiere una missione che concerne il proprio individuale ‘essere nel mondo’, al di là ed oltre le influenze genitoriali.
Nonostante una certa tensione sotterranea tenesse Piergiorgio in uno stato di leggero bipolarismo, cioè di alti e bassi umorali, maniacali e depressivi, egli riuscì a imporsi sul piano professionale, in particolare nel giornalismo di moda e più avanti come docente e formatore nel campo della comunicazione.
In termini analitici e arrivando al tempo in cui io, in qualità di analista, conobbi Piergiorgio (a 44 anni), possiamo dire che egli aveva una specie di falla affettiva nell’anima, il che comportava l’idea malata di ripararla – ormai non più con i genitori, giacché i torti subiti si riferivano all’infanzia – ma con una donna aventi caratteristiche negative che ripronevano in versione adulta i turbamenti e le afflizioni provocate, anche se involontariamente, dai genitori durante l’infanzia. In tal senso Piergiorgio era assai debole rispetto alla seduttività di una donna narcisista (bugiarda e cattiva), e quasi completamente cieco rispetto alla instabilità di costei, quasi psicotica. Per l’inconscio le forze che hanno distrutto e ferito devono essere sfidate, rimesse in gioco, poiché il sogno malato dell’inconscio è quello di convertire queste forze, di trasformarle da cattive in buone. Il bambino, il quale come abbiamo detto, si sente cattivo pur di difendersi dalla cattiveria genitoriale, vuol fare di tutto pur di diventare bravo al punto tale da trasformare quella cattiveri in positività, cioè in un’affettività equilibrata. Si tratta di un ‘sogno malato’ e senza speranza che il bambino dovrebbe superare, ma che invece può restare avvinghiato nell’inconscio fino alla vita adulta con la conseguenza di subire la seduzione di persone effettivamente cattive, ambivalenti incapaci di dare e ricevere amore. Queste persone vengono sentite inconsciamente come capaci di riproporre la disarmonica condizione affettiva infantile, eppure proprio per questo risultano seducenti, perché l’inconscio ‘ancora sogna’ di sanare la situazione. Questo infantile bisogno di riparazione e risanamento predispone a dare il meglio di sé, ad amare con tutte le proprie forze, fin quasi a sacrificarsi e a di immolarsi… ad amare chi? Una persona che in verità è cattiva, malata, incapace di una vita affettiva sana e che a tutti i costi si vorrebbe trasformare in buona ed equilibrata. E’ follia tutto questo? In un certo senso sì, se non è follia si tratta dell’assurda tragicità dell’inconscio e dei suoi tortuosi meccanismi malati che si esprimono con l’instaurarsi di relazioni amorose perverse, paradossali, atroci. Eppure quante persone amano il proprio persecutore? Quante cadono vittima di persone manipolatorie e profittatrici? Quante si legano a persone sbagliate e improponibili ai fini di una vita più serena? Ecco allora che nel raccontare la condizione perturbata di Piergiorgio vorrei spiegare in sintesi perché, assai spesso, c’è chi si innamora di persone sbagliate, cattive e, in definitiva, ‘stronze’.
Il quadro della vita infantile e familiare di Piergiorgio, aveva causato in lui un problema di connessione con la sua Anima. Secondo Jung l’”Anima” è quella parte archetipica della psiche maschile che funziona come ponte tra l’Io e l’inconscio. L’uomo proietta la sua Anima sulla donna amata, essa è una personificazione della sua Anima, perciò l’uomo si innamora di una donna che per diversi aspetti manifesta i lati positivi e negativi della sua Anima. L’Anima è quindi un archetipo che esprime il ‘femminile’ nell’uomo, ed è spesso turbata da un ‘complesso materno’. Sempre secondo Jung l’archetipo corrispondente e analogo nella donna è l’Animus, attraverso di esso la donna, oltre a connettersi con il suo inconscio, mette in atto proiezioni verso il maschile, così che si lega o si confronta con il maschile attraverso l’Animus. L’Anima è il femminile nell’uomo, l’Animus è il maschile nella donna. L’Animus è spesso turbato nella donna da un ‘complesso paterno’, che la rende ‘scioccamente maschile’, competitiva, irritabile, eccessivamente razionale, opportunista e calcolatrice. Invece l’uomo turbato nell’Anima non trova pace nella sua vita affettiva, diventa alquanto emozionale, si lega con donne ‘sbagliate’, o si rapporta con esse in modo cieco e irrazionale. Questa era in sintesi la condizione psicoanalitica del mio paziente Piergiorgio, la sua Anima turbata si proiettava verso una donna altrettanto turbolenta, la quale, essendo una narcisista, si approfittava dell’Anima di Piergiorgio, attraverso un Animus manipolatore, cinico, anaffettivo.
Questa sintesi, fa comprendere di come sia importante la psicoterapia per prendere coscienza del proprio vissuto familiare affinché si possa ‘uscire fuori’ da relazioni amorose negative e disturbanti. Ogni vissuto è particolare e va analizzato in modo specifico, quello di ‘Piergiorgio’ è quindi un caso individuale che tuttavia fa comprendere di come certe relazioni amorose infauste e negative abbiano una loro antica radice nelle vicessitudini e nelle incomprensioni dell’infanzia.
Vi sono però anche altre forme di esperienza, collettive e seminariali, molto utili per acquisire coscienza delle influenze genitoriali e per pacificarsi con i genitori, i quali nono sono colpevoli, ma assai più spesso sono a loro volta vittime di situazioni nevrotiche che non dipendono dalla loro volontà. Quindi vi ricordo un’importante insegnamento di Osho:
“Metà del tuo essere è fatto di tua madre e metà di tuo padre. Sei qui per causa loro: se non ci fossero loro, non ci saresti tu. In un certo senso, tutto quello che ti succede è grazie a loro… Di ciò si deve diventare consapevole (…). Perciò devi sentirti grato di qualunque cosa abbiano fatto (…). I tuoi genitori saranno sempre le tue fondamenta – perciò non dimenticarti delle tue fondamenta, tutto qui”.
Ciò è vero tanto più se riconosciamo il ‘terreno’ nel quale posano queste fondamenta, vale a dire la nostra ‘madre natura’ e ‘l’inconscio collettivo pervaso dallo ‘spirito dei padri ancestrali’. Cosicché, non siamo figli solo dei nostri genitori, ma in senso assoluto, lo siamo anche delle forze primordiali della vita e dello spirito (vedi il libro di J. Hillman: Il codice dell’anima, 1997 – recensito in questo blog: I bambini di Hillman hanno l’angelo custode
In termini generali posso dire che la psicoanalisi ha dimostrato che le influenze genitoriali sono determinanti nel determinare i legami affettivi adulti.
Ci leghiamo nell’eros attraverso il nostro ‘bambino/a interiore’ (vedi articolo in questo blog “IL BAMBINO CREATIVO CHE C’E’ IN TE”) , se questo bambino è stato educato (da noi stessi) in modo da sentirsi libero, spontaneo non obbligato a recitare un falso Sé, allora vuol dire che sie è collegato con il nostro Senex (asse Senex-Puer), altrimenti è collegato in modo regressivo all’imago genitoriale e quindi al complesso infantile. Nel primo caso le relazioni amorose sono generatrici ed evolutive, ciuò non vuol dire necessariamente che durino per sempre, ma che danno luogo ad esperienze autentiche, dove c’è un amore più sano, che fa crescere. Nel secondo caso gli amori diventano regressivi, anche distruttivi, tolgono energia, fanno soffrire, vengono percepiti con emozioni e presentimenti subdoli, dunque si ripropone nella vita affettiva adulta uno schema psicoaffettivo che presenta forti aanalogie con l’esperienza infantile, nei suoi turbamenti e nelle sue carenze. Ora poiché nessun genitore è perfetto, ed anche fattori non evidenti influenzano il delicato vissuto infantile, compito di ciascuno è crescere fino a separarsi in modo sufficiente dal modello psicoaffettivo vissuto con i genitori, per diventare adulto, ma questo non vuol dire rinunciare al proprio bambino interiore che va sempre, per tutta la vita, considerato come parte di sé. Ricordo che Gesù ha detto: “Sono venuto con la spada per separare i figli dai genitori” ed in tal senso ha espresso anche un processo psicologico fondamentale per diventare adulti che quando amano hanno sempre un cuore da fanciulli…ma non più condizionato dal complesso infantile che agisce dall’inconscio anche in età adulta, almeno fino a quando non viene riconosciuto e risolto… RISOLVERLO VUOL DIRE RIUSCIRE A PERDONARE LE NEGATIVITA’ DEI GENITORI CONFRONTANDOSI CON LORO AD UN LIVELLO SOVRAPERSONALE, CIOE’ AL LIVELLO DEL SE’ (vedi nel blog Articolo su LA ROSA SIMBOLO DEL SE’) …
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Buon giorno dottore.
Sono cresciuto con una madre “bambina” e un padre forte ma limitato nel pensiero e nelle emozioni, incapace cioè di manifestarle.
Sin da piccolo ho assistito a scene molto brutte, mia madre in preda ad attacchi di panico (probabilmente anche per attirare l’attenzione di mio padre), svegliava me e mia sorella nel cuore della notte perché doveva scappare dalla “morte”. In pieno delirio di sofferenza ci trattava male, per poi subito dopo tra le lacrime, chiedere a me e mia sorella di perdonarla perché era cattiva.
Non so quante volte siamo andati al pronto soccorso di notte perché lei stava male (tutto questo quando avevo solo 5 anni).
Il risultato è che sono cresciuto molto seduttivo (aiutato anche dal mio aspetto), divertendomi a sedurre per poi abbandonare le donne, con una incapacità di amare l’altro sesso che mi preoccupa. Riesco a vederli solo Come corpi. E quando poi trovo una donna alla quale mi avvicino per un reale interesse, io so che è solo questione di tempo prima che la lascerò. Nel frattempo però chiedo sicurezze e conferme, mostrando il mio lato sensibile e ferito, ma allo stesso tempo non riesco a essere fedele e rispettoso di chi mi è accanto.
A dirle la verità sono stanco, ma non riesco ad accettare l’idea di essere un uomo incapace di amare.
Mi scuso sin da adesso se il pensiero risulta un po’ confuso, ma non è facile spiegare certe cose.
Buongiorno le consiglio questo artuicolo. https://www.albedoimagination.com/2016/01/sesso-e-sentimento-nelle-fantasie-maschili/ Comunque il fatto che lei rifle6tta su questa situazione è già assai positivo per un cambiamento. Certo che fare un po’ di psicorterapia poterebbe davvero aiutare. Insomma in seguito o in parallelo con una compagna compatibile di certo potrà maturare un migliore equilibrio tra pulsioni sessuali e sentimenti.
Saluti. Dr. Brunelli
Buongiorno,
ringrazio per questo articolo, mi è sembrato molto interessante e formativo.
Anch’io sono praticamente “una Piergiorgio”. Sono cresciuta con una madre iraconda e imprevedibile, un padre depresso e ansioso, più volte lasciato e ripreso da mia madre fino ad una seprarazione definitiva avvenuta durante gli anni della mia adolescenza. Non ricordo praticamente niente della mia infanzia prima degli 8 anni con i miei genitori, le uniche memorie strutturate riguardano periodi passati con famiglie di amici e nonni.
Da ragazzina ho fatto circa un anno di anoressia, periodo durante il quale non volvevo he si sviluppassero le mie forme femminili ed arrivai a fermare il ciclo mestruale per diversi mesi. Non fu mai portata dal medico in questo periodo.
L’adolescenza fu un peridoo per me piuttosto felice, in quanto avevo molte attività nelle quali potevo eccellere ed ho trovato persone e affetti importanti, alcune delle quali sono ancora miei amici. Il lato oscuro di questo periodo è stato la mia attrazione repressa nei confronti delle donne, che provai a mostrare al mondo in un paio di occasioni ma fu accolta male dal circolo di persone a cui mi ero legata, in particolare dalle amiche che si allontanarono sentendosi forse minacciate. Negai a me stessa e agli altri per anni questa mia inclinazione. Nonostante questo da allora ho più volte coltivato amicizie quasi ossessive con donne. Dal mio punto di vista si è trattato di veri e propri innamoramenti, anche se non espressi in modo tale, ed in tutti questi casi le donne in questione mi hanno ripetutamente sminuita, mi hanno accusata di sentimenti e parole cattive, presa e lasciata, mi hanno chiesto di fare cose “per loro” che erano palesemente contro i miei principi (ad esempio: fare un pagamento in nero per risparmiare, scrivere recensioni a favore della lro attività…ecc), come se nel mio cedere alle loro richieste loro sentissero di dominarmi. Ed io ogni volta sono tornata in ginocchio a chiedere scusa e praticamente “chiedere” che mi maltrattassero di nuovo, finchè questi rapporti si sono spenti.
Nella vita ho poi sempre inseguito l’eccellenza negli studi e nella professionalità, cosa che generalmente mi riesce, ma ogni piccolo fallimento per me è vissuto con eccessivo dolore e a volte periodi di depressione e “spegnimento” che possono durare diversi mesi.
Per fortuna 11 anni fa incontrai la persona che divenne mio marito, una persona tenera e molto positiva che non si lascia tirare giù dai miei alti e bassi (bassissimi). Amo mio marito, ma resto attratta dalle donne, e recentemente grazie alla psicoterapia ho trovato la forza di dirglielo. Nutrivo infatti molti sensi di colpa per queste mie attrazioni nascoste goffamente. Ha regito bene.
Vorrei tanto però imparare ad amare le persone giuste, con le quali posso essere me stessa senza essere manipolata ed accusata ingiustamente. Scherzo…in realtà voglio tornare in ginocchio da colei che mi ha fatto tanto soffrire nell’ultimo anno e coltivo l’irrealizzabile sogno che tutto vada a posto tra di noi e che un giorno possa vivere con lei e con mio marito. Ma io non sarò mai buona abbastanza per lei, giusto? Fa niente, ci sono abituata…
;) …to be continued..
Comunque la psicoterapia mi sta facendo molto bene…l’unica difficoltà è che sembra essere un percoso molto lungo, richiede tante ore di lavoro da parte della psicoterapeuta e l’impatto economico è quindi abbastanza forte. Per fortuna ora me lo posso permettere…ma per i più giovani può essere difficile!
Grazie, sarebbe bello, con la sua autorizzazione poter pubblicare, in pieno anonimato, qualche brano del suo testo, nel mio prossimo libro sulla famiglia (ma mi ci vorrà del tempo). Complimenti per la testimonianza e la riflessione che ci aiutano a riflettere.
Buonasera io sono molto preoccupato per una mia parente la quale ha vissuto un infanzia che come Piergiorgio ha una madre molto simile a quella descritta sopra se non per il fatto che non si sfogava alzando le mani alla propria figlia ma sfogando le proprie frustazioni con l’ordine e pulizie in casa, il problema secondo me peggiore è stato lesempio di relazione tra padre e madre, il padre persona sensibile debole ed in capace di dimostrare affetto verso la figlia, affogava di tanto in tanto le proprie frustazioni (date dalla mancanza di voce in capitolo in famiglia e dalla manza di affettuosita della moglie nei suoi confronti e piu attenta all aspetto fisico che alla sostanza) con l alcol e quando questo avveniva in casa scoppiava l inferno urla insulti verso la moglie fino a tarda notte e rabbia nei confronti dei figli colpevolizzandoli a volte dei problemi loro.
E dopo tali discussioni a volte capitava che il giorno dopo e tutti tornavano alla normalita senza nessuna risoluzione dei problemi e come se nulla fosse.
Quanto questo rapporto puo influire sul futuro partner della figlia? Che tipo di figura potrebbe cercare in questo caso?
In che modo si superano questi traumi infantili e quali sono le varie fasi che il soggetto deve percorrere affinché questi non i fluiscano sulla scelta del partner?
Grazie in anticipo e complimenti per l’articolo molto interessante e ben curato.
Molto dipende da come una persona viene ‘compensata’ da altre figure affettive e nutritive. Dipende anche dalla natura stessa del soggetto e quindi da come riesce a trasformare l’esperienza infantile carente o negativa in una conoscenza iniziatica e trasformativa verso il bene. La psicoterapia è sempre consigliabile.
madre narcisista…io dipendente affettiva…oggi mi domando se il mio compagno sia quello giusto o se inconsciamente ho trovato qualcuno che come mia madre nn mi ascolta..nn ha empatia..nn riesco ad aprirmi totalmente con lui o forse hp solo paura…tra i due quando a volte litighiamo perché magaro vorrei di più tendo a colpevolizzarmi…perche pretendo troppo..perche se voglio che le.cose funzionino mi devo impegnare molto…a volte penso di essere io la narcisista che lo fa sentire umiliato quando magari lo attacco per frustrazione perché vorrei un gesto una carezza…
Quando un attaccamento fa soffrire troppo vuol dire che è disturbato, e che c’è una qualche disfunzione nel proprio sistema affettivo, nonché in quello del partner. E’ importante allora rivolgersi da uno specialista al più presto, o farsi almeno consigliare da persone di fiducia e con più esperienza. Attenzione perché più dura e più gli esiti possono diventare catastrofici. Se invece è qualcosa che si può aggiustare allora è meglio farlo prima che si rompa, e quindi anche per questo è necessario farsi consigliare bene.
Gentile dottore
la ringrazio moltissimo per questo articolo cosi’ ben scritto e cosi’ approfondito in cui mi sono rispecchiata al 100 per cento, avendo avuto entrambi i genitori con modello di attaccamento ambivalente (botte, assenza, etc).
Come adulta, ho chiaramente collezionato relazioni in cui ho sperimentato nuovamente questa ambivalenza e dove puntualmente l’amore (se cosi’ si poteva chiamare) si alternava a violenze fisiche o psicologiche e che in qualche modo finivo per accettare come normale. Un anno e mezzo fa, dopo la fine di una lunga relazione di 7 anni, ho finalmente iniziato una percorso di analisi junghiana soddisfacente (avevo fatto in passato bioenergetica e psicosintesi senza risultati) e mi sembra di iniziare a toccare quel nucleo di cui parla nell’articolo.
Inoltre da sempre pratico meditazione buddista.
Tuttavia in alcuni momenti, mi scoraggio e mi chiedo se sia veramente possibile questa guarigione di cui parla, o sono destinata tutta la vita a relazioni malate. Al momento, nonostante sia una bella donna e viva in una grande città, sono 2 anni che non ho nessuna relazione: una parte di me probabilmente teme di ricadere nella coazione a ripetere. Grazie ancora e tanti cari saluti.
Laura
Occorre un po’ di psicoterapia, nella quale lei si possa trovare a suo agio e compresa. Sicuramente aiuta a non cadere nella ‘coazione a ripetere’ e a scoprire la propria natura più autentica, e di conseguenza a stabilire relazioni più serene e felici.
Quel piergiorgio sono praticamente io. Ho tutto l’ileopsoas tirato e il bacino in antiversione. Sembra impossibile per me acquisire sensibilità di questa parte del corpo. In aggiunta alla madre narcisista-schizoide e al padre nevrotico e maltrattato da suo padre, c’è anche mia nonna soffocante e castrante che ha disintegrato la psiche di chiunque con le sue menate religiose, in particolare nella sfera sessuale, tanto che il fratello di mia madre (narcisista-schizoide) nonostante quasi di mezza età è totalmente incapace a stare con le donne e vive ancora con i genitori, cioè i miei nonni. Ho un q.i. molto alto e tante passioni creative e idee, talenti che spesso, anzi sempre, crollano sotto i colpi della mediocrità della famiglia che mi sono ritrovato. Mi chiedo in continuazione, se fossi nato in una famiglia normale, quanto avrei potuto dare, in quale costellazione sarei ora. Invece sono tra i mediocri a spalare via la merda che i vicini (familiari) buttano nel mio giardino, nonostante da una vita cerchi di curarlo e seminare le piantine migliori, quando finalmente qualcosa sembra crescere come vorrei ecco che arriva l’ennesima scaricata di sterco dal giardino confinante di qualche familiare, dove le montagne di immondizia sono alte come torri. Chissà se un giorno me ne libererò e se non sarà ormai troppo tardi per recuperare e dare tutto quello che sento di poter dare.
Provi a seguire un percorso di psicoterapia, senz’altro potrà sostenerla e aiutarla ad un cambiamento. Più stiamo meglio con noi stessi e più siamo protetti, ma per questo è importante un lavoro su noi stessi, paziente e approfondito.
Ho letto con molto interesse. Mi ci sono un po’ identificata. Se a subire questo tipo di trattamento abituale, senza le botte ma con svalutazione continua da parte paterna, è una ragazza anziché un Piergiorgio, i rischi che si prospettano per il futuro affettivo e non sono identici o come? (Orientativamente). Grazie in anticipo.
Leggendo tra i vari articoli riferiti al padre e alla madre, nonché alla relazione di coppia si possono trovare molti approfondimenti.
Sono cresciuta con un madre incapace di amarsi e di amar,che per salvare se stessa ha deciso di provare a salvare mio padre (che per affrontare i problemi si dedicava all’alcool). Per anni ho cercato la soluzione e la cura in relazioni in cui la ricerca della sicurezza e dell’amore sono state il fondamento. A livello lavorativo mi sono sempre accontentata di lavori umili perché il mio bisogno di approvazione e di primeggiare per attirare l’attenzione mi porta continuamente ad insoddisfazione.
Ora sono incinta e mi stanno riaffiorando tutti insieme i conflitti che non ho suoerato, accusò mia madre di continuò ed odio mio padre che mi ha “tolto ” ilsuo amore e continuo a chiedermi se sarò capace
Di essere un buon genitore o se ripeteró tutti i loro sbagli.
Mi raccomando, ricordiamoci che anche un po’ di psicoterapia puo essere moltissimo importante.
Buongiorno Doc,
lei oggi è stato il mio salvagente ,ho letto con attenzione il caso di PierGiorgio e le dico che è molto simile alla mia vita,sono una persona di 38 anni con un trascorso assai turbolento e ancora ad oggi,che dovrei essere un uomo,ho delle relazioni con persone sbagliate;non ultima quella appena terminata 10 gg fa,dove mi do molte colpe per l’individuo che sono.Oggi comincerò un percorso con un psicoterapeuta ,perchè sento la grande necessità di capire cosa e dove sbaglio…..se sbaglio nella scelta delle persone che incontro,cosa sbaglio negli atteggiamenti nei confronti di me stesso e della partener che scelgo;perchè reagisco in modo così catastrofico alle avversità della mia vita……. oggi più di ieri cerco una forza che non riesco a trovare in me; Comunque sarà un periodo che leggerò molto e prenderò spunto dalla pscicologia junghiana e se avesse altre letture da suggerirmi le sarei grato;Grazie ancora
E’ fondamentale che lei segua un percorso e che dopo le prime sedute cominci a provare una buona sensazione di collaborazione e fiducia con il suo terapeuta. Un caro saluto.
Testo scritto molto bene.Ignoro chi sia lo psicoterapeuta ma ritengo sia una persona ok.Chi scrive ha vissuto un complesso edipico ritardato dalla seduttivita’ della mamma e dall’attitudine a reprimere il proprio Se.Condivido Jung per l’Io ombra,anche se mi ha colpito il qui ed ora di Pearls e la transazione(GAB) accompagnata alla centralita’ del Se della cognitiva strizzando l’occhio alle Voci interiori rinnegate o negate accennate da Assagioli.Il mio percorso terapeutico e’ in dirittura di arrivo,sebbene abbia “faticato” non poco per via di problematiche concrete dei miei genitori separati(Mamma borderline con manie di persecuzione)(Papa’ con subpersonalita’ ossessiva).Come piergiorgio ho preferito prendermi la colpa piuttosto che dire che i miei genitori erano due egoisti.Come Piergiorgio correvo a presso ad una mamma seduttiva ed egoista e simbiotica.Come Piergiorgio proiettavo l’Amore su donne narcisiste inconsapevoli.La soluzione per me e’ la percezione del Tempo(Ora) e del luogo(qui) e di cosa voglio proiettare nel Vuoto Creativo.I miei genitori hanno fatto molti danni e a mio avviso la soluzione non e’ perdonarli ma riappropriarsi del Se mancante(la rabbia fa bene)per esprimersi liberamente qui ed ora.L’altro e’ uno schermo su cui proiettiamo parti di Noi.Chiunque viva la fantasia di essere il Centro di un altro commette un errore emozionale e xognitivo.La Mamma intanto castra in quanto ti senti castrabile.La Mamma intanto proietta tutte le sue volutta’ e desideri e malvagita’ finche’ non trova uno che dixe Basta,NON SONO TUO MARITO.L’altro proietta sempre,Io proietto sempre e la responsabilita’ per azioni altrui non esiste Mai.Quel bambino puo’ imparare a essere consapevole che la colpa non esiste e che puo’ proteggersi sempre da una proiezione,basta solo che impari a usare le voci del Se soffocate e negate e buttate nell’Io ombra.Io ombra che ci ripropone nella quotidianita’.Accettare tutte le proprie parti del Se,rinunciando ad una Idea Preordinata di se stessi,e’ a mio avviso la “soluzione” del problema,ammesso che lo sia.Credo sia piu’ consapevolezza di Se.Un grazie a Jung,un grazie a Freud con le sue pulsioni,un grazie ad Assagioli,un grazie a Pearls,un grazie a Berne e complimenti all’autore di questo scritto.Espresso con l’Anima,con profonda xhiarezza e con una ermeneutica notevole.Non conosco chi abbia scritto,ma sento che sia molto ok.Per quel che vale,complimenti.
Grazie Francesco, molto condivisibile e specialistico questo suo contributo.
Nel caso clinico da lei riportato è evidente un forte coinvolgimento emotivo,quasi fosse un caso personale. Trancia giudizi, esprime critiche malevole e offensive nei confronti dei due genitori che sicuramente avranno a loro volta un bagaglio di sofferenze alle spalle. Chi non le ha del resto ?!? Trovo poco professionale e decisamente affatto analitico il suo modo di presentare il caso. Lei è davvero uno psicoterapeuta ????? Capisco tuttavia che per farsi pubblicità si trovano tanti modi. Buon lavoro !
Gentile Gloria (sebbene non sia stata gentile) il caso è riportato per trasmettere il la condizione emotiva di un figlio che ha vissuto la negatività di tratti di personalità dei suoi genitori, i quali peraltro, non vengono considerati come cattivi, ma le cui parti buone, per quanto preponderanti, sono rese ambivalenti e condizionate da problematiche di cui non si rendono conto (a loro volta riportabili a vissuti famigliari e a complessi infantili irrisolti). Comunque è vero che l’articolo mira più a scuotere emozionalmente, con un taglio più letterario che non ad un linguaggio scientifico relativo alla descrizione oggettiva di un caso clinico. Lo scopo quindi è più catartico-provocativo che non diagnostico-descrittivo. Mira cioè ad esprimere la fenomenologia del vissuto interiore di un paziente con lo scopo di attivare l’attenzione di persone che recepiscono una similarità compartecipativa, o anche al contrario una divergenza avversiva, come nel suo caso, e che comunque va accolta,giacché il blog consente anche di partecipare con opinioni e idee del tutto differenti e severamente critiche… ma possibilmente con gentilezza…
Detto ciò, io non ho bisogno di farmi pubblicità, ma di esprimermi e fare ricerca e confrontarmi con altre persone specialiste e non, nella speranza che ciò possa essere utile anche ad altri. Il lavoro dello psicoterapeuta è molto duro e difficile, e lo scopo di scrivere e dialogare con altri con un blog non è quello di farsi pubblicità (a parte che anche se lo fosse, nei termini consentiti, non vedo che cosa ci sarebbe di male) ma è quello di approfondire e di cercare di ritrovare una dimensione più umana e culturale dopo aver affrontato in seduta questioni che sono spesso terribili, o comunque molto dolorose e di difficile comprensione… per cui anche uno psicoterapeuta a volte può sbagliare.
La prego di comprendere che con i tempi che corrono dove molte persone non hanno accesso alla psicoterapia è importante offrire strumenti per confrontarsi e che risultino stimolanti e comprensibili per tutti. Insomma si cerca di aiutare a liberarsi da condizionamenti vissuti come oppressivi, consentendo di esprimere i propri sentimenti, per quanto controversi, al fine di trovare uno sfogo e per condividerli con altre persone che hanno vissuti simili. Poi è vero che bisogna fare autocritica e considerare di non finire nel vittimismo colpevolizzante degli altri. Perciò nel blog ci sono vari articoli che spiegano questo, sull’Ombra, sul Vittimismo, sui fattori innati che non dipendono dai genitori e che possono essere disturbanti (vedi l’articolo su Il codice dell’anima di Hillman). Il linguaggio che qui si predilige è comunque di carattere emotivo ed ha lo scopo di creare una empatia solidale e provocativa per una partecipata dimensione di solidarietà e di auto-aiuto. Lei ha reagito sfogandosi e questo in fondo va anche bene, ma a patto che poi serva per dare una mano anche a me e soprattutto alle altre persone a capire certe questioni più a fondo e, come lei sembra evidenziare, anche per fare autocritica. Non si tratta cioè solo di aggredire, ma almeno – seppure aggredire può servire a sfogarsi perché ci si sente toccati in qualcosa di personale – sarebbe poi bene spiegarsi meglio e aiutare gli altri a capire. Lo faccia per favore, di certo il suo sfogo contiene considerazioni giuste, ma sarebbe bene proporle in modo più efficace, in modo deciso e assertivo e non aggressivo.
Purtroppo le questioni che riguardano le sofferenze affettive in famiglia e nelle relazioni amorose sono molto complicate e possono sfuggire fattori importanti, questo blog serve per aiutarsi a capire, perciò, ripeto, se vuole partecipare in tal senso sarebbe una cosa buona. Anzi, le dirò che stavo proprio pensando di sviluppare un articolo-dibattito sugli aspetti disturbanti dei figli verso i genitori, ma la persona che si era presa l’impegno di fare questa ricerca con me ancora non ha sviluppato la sua parte… spero che questo suo intervento (ed eventuali altri) serva a contribuire per un tale approfondimento, anche perché vi sono moltissime situazioni drammatiche dove uno o entrambi i genitori – del tutto incolpevoli – soffrono per aspetti problematici di un figlio o di una figlia e si trovano in una condizione di frustrante impotenza… anche in tal caso l’articolo tenderebbe ad evidenziare il loro vissuto emotivo (al fine di farli sentire più compresi con solidarietà), e comunque il linguaggio che noi preferiamo resta quello emozionale, empatico e capace di stimolare dibattito e partecipazione per tutti, non solo per esperti. Spero la mia risposta possa risultarle per ora soddisfacente e quindi la saluto con auspici di collaborazione e cordialità.
Carissimo Dott. Brunelli, l’altra sera per sbaglio mi sono imbattuta in questo suo articolo, e ho riletto la storia della mia vita ed il rapporto che ho avuto coi miei genitori in ogni sua riga.
Sono una ragazza di 22 anni e mi sento una persona serena al momento, ma in passato mi sono sentita tanto sola quasi da arrivare a pensare di poter essermelo meritato.
Sono stata cresciuta da due genitori medici (di cui mio padre medico psicoterapeuta) che visti dall’esterno sono considerati da tutti bravi professionisti, in quanto aiutano chi ha bisogno, ma estrapolati dal contesto lavorativo in cui si sentono brillanti e intaccabili non sono in grado di dimostrare affetto e amore nel quotidiano, nei momenti del bisogno, in cui un figlio ha solo bisogno di essere rincuorato, ascoltato e di non sentirsi solo.
Fin da quando ho iniziato la scuola elementare ho cominciato a sentire una pressione su come dovesse essere il mio andamento, e di quanto un voto non troppo eccellente fosse motivo di vergogna e quasi di imbarazzo nel momento in cui le mamme si confrontavano sui figli, tanto da convincere me bambina che in un qualche modo dovessi essere più brillante degli altri per “far contenta la mamma”. Seppur nella mia infanzia mai mi è mancato da mangiare, un tetto sotto cui dormire e un’istruzione, tante, troppe volte mi è mancata una spalla su cui piangere, un appiglio per quanto in casa nessuno fosse complice l’uno con l’altro, ma degli avversari in un campo di battaglia, con l’esempio di rinfacciarsi l’un l’altro ogni debolezza personale in momenti di ira, senza nessun rispetto o filtro.
Fin da piccolina ho sempre assistito a scena di violenza, fisica e mentale, urli, situazioni di panico in cui nessuno dei due genitori fosse razionale e obiettivo, sono sempre stata un po’ diversa e ribelle per questo nei loro confronti, quasi da ritrovarmi tutte le sere per un periodo a litigare con loro a tavola, mai è trapelato da quelle discussioni un interesse nel voler insegnare a noi figlie un principio, cosa è giusto e cosa è sbagliato e come risolvere quel qualcosa di sbagliato senza doverlo schernire o calpestare per forza, da uno screzio molto piccolo si passava velocemente alle mani, a situazioni di aggressività dovuta al loro stress o a loro paturnie mentali.
Per evadere da questa situazione di tensione, ho cominciato a capire che nella frequentazioni con i ragazzi mi sentivo libera, a volte amata, bella, desiderata, e sollevata dai problemi che sempre ci sono stati dentro le mura di casa, questo però mi ha portato a imbattermi in persone che o mi sfruttavano o se ne approfittavano, o che semplicemente non mi volevano abbastanza, ho iniziato a vivere esperienze quasi masochiste, quasi come se dovessi espiare quel senso di colpa di cui lei parla, legato a un amore profondo verso una persona inaccontentabile, vittimista, che trasmette una pesantezza di vivere in qualsiasi cosa (mia madre)
Ho avuto un ragazzo che era proprio un narcisista, in ogni suo lato.. sono stata manipolata ma sono stata furba a capirlo da sola e ad uscirne senza troppe lesioni, andavo a cercare quasi col mirino quel tipo di persone che mi davano l’impressione che in un qualche modo non mi avrebbero potuto dare tutto, i classici “bastardi” senza cuore, come se mi volessi autoinfliggere storie d’ “amore” che erano senza futuro e portatrici di malessere.
Ho capito tanto stando da sola, e analizzando i comportamenti che ho sotto gli occhi ogni giorno, riguardo al passato con la tenerezza per la bambina che ero, che è sempre stata angosciata per la paura di non essere amata a pieno, provo ancora del rancore verso quei genitori che hanno ammazzato la parte più infantile e leggera di me, tanto che ora ne pago le conseguenze su qualche lato del mio carattere che mi vede insicura e troppo fragile ed emotiva tante volte, poiché tutt’ora loro sminuiscono (come dice nel caso di Piergiorgio) tutto ciò che in passato mi hanno fatto subire, non avendomi dato la possibilità di sentirmi amata e giusta per come sono, senza dover cambiare per rendere felice non si sa chi.
Dopo la separazione dei miei genitori vivo con mia madre e mia sorella, mia madre continua ad essere com era prima, ormai ho analizzato talmente bene ogni suo comportamento “narcisistico” che non posso fare a meno di farglielo notare, e di sbatterglielo in faccia ogni volta che si presenta l’occasione, mia madre sembra non capire, si tappa occhi e orecchie e fa finta di niente, affronta tutto con superficialità, è rimasta ipersensibile a ogni tipo di critica e e non riesce a discutere su questo in modo costruttivo per crescere insieme, e capire come si è per poi da qui migliorarsi ed andare avanti, lei non ne vuole sapere, preferisce vivere nel suo limbo di superficialità senza voler scendere a fondo.
Ad oggi sono serena. ma quando ho letto questo articolo mi si è riempito il cuore un po’ di tristezza e un po’ di felicità, se l’avessi letto tanti anni fa mi avrebbe fatta sentire meno sbagliata di come credevo di essere e che ero solo una bambina in balia delle patologie di due persone che dall’esterno erano considerate come brave, ma non abbastanza per me in quanto figlia bisognosa di cure e attenzioni.
Poteva andarmi molto peggio, sicuramente, ma la bambina interiore dentro di me purtroppo è ancora amareggiata, tanto che ho inviato quest’articolo a mia madre che è stata una [persona che ha fatto un commento xxxxxx], per farle capire come mi fossi sentita negli ultimi anni, non di farla sentire colpevole, ma di darle uno spunto per migliorare, dato che la madre di PierGiorgio ha la stessa identica personalità della mia, per questo si è sentita attaccata e colpevole rileggendosi nel suo testo, attaccando a sua volta ma questo adesso lo capirà meglio lei di me. Mi dispiace che reagisca così e le chiedo scusa da parte sua, ma rileggersi in un articolo di psicologia non credo sia semplice, soprattutto per una persona con la sua personalità. Detto questo non so come approcciarla, non so se stare al suo gioco e fingere e accontentarmi del nostro rapporto di circostanza, basato su poche cose di condivisione, poco interesse nei miei confronti, e poco di cui parlare dato che sembra non avere interesse nel conoscermi più a fondo, più intimamente, come persona.
Aspetto un suo commento, credo che leggere i suoi articoli mi faccia bene e mi sia di grande aiuto.
Un saluto, Camilla
Cara Camilla innanzitutto grazie per la sua testimonianza che aiuta tutti a capire certe situazioni che sono comuni e che sono molto complesse e dolorose. Come lei saprà questo è un forum di auto-aiuto e non lettere al direttore, cioè a me che risponde su ogni singolo caso. Data la mia professione deve seguire dei criteri regolari per cui non posso sulla base di una scrittura on line dare pareri che potrebbero essere errati. Come ogni terapeuta di qualunque specialità è necessario fare una normalissima visita o consulto , specialmente se sono in gioco questioni e affetti che riguardano una vita.
Detto questo io ora modificherò nella sua testimonianza il nome di sua madre per rispetto della privacy e alla quale ho già risposto. Sua madre in parte ha ragione quando dice che l’articolo è sbilanciato a favore dei figli, ma io ho cercato di spiegarle che lo stile di questo blog tende a coinvolgere emozionalmente e a cogliere il punto di vista di chi si sente in qualche modo ferito da genitori, parenti, mogli, mariti, amici e anche figli… insomma ce n’è per tutti e questo non ha l’intento di fomentare il vittimismo, infatti c’è un articolo apposta che spiega quanto sia dannoso, e non ha neppure l’intento di colpevolizzare a senso unico senza prendersi le proprie responsabilità… io credo che sua madre voglia che anche lei si prenda le sue responsabilità, ma a parte che cosa può volere o non volere, l’importante per la sua maturazione è che comunque, anche se ha subito dei torti lei si prende anche le sue proprie responsabilità… questo vale per tutti noi, in quanto ci fa crescere e ci mette in grado di pacificarci con coloro con i quali non c’è un conflitto dovuto a cattiveria, ma ad incomprensioni psicologiche che si possono con pazienza chiarire… io davvero mi auguro, e sono disponibile ad appoggiarvi con solidarietà, che da questo articolo – che andrebbe letto e criticato con attenzione (e messo in relazione con altri articoli del blog) – nasca l’occasione per un vostro confronto per il miglior chiarimento possibile… si ricordi che nell’articolo non c’è scritto che quei genitori problematici non amavano Piergiorgio, ma che non si rendevano conto di certi loro errori e problemi rispetto al figlio… inoltre il caso si riferisce a molti anni fa quando purtroppo era normalissimo prendere a sberle i figli… Ancora oggi anche senza botte ci sono genitori che non si rendono conto delle influenze negative che esercitano sui figli pur amandoli, ma è pur vero che ci sono molti figli che fanno lo stesso con i propri genitori. Insomma quando da entrambe le parti ci sarà disponibilità ad autocritica e comprensione le cose potranno migliorare, ma anche se una sola delle due parti invece solo di accusare l’altra capisce i suoi limiti ed errori le cose miglioreranno per tutti… perciò vale sempre la pena di fare autocritica e chi riesce a farsela al fine si sentirà meglio, per quanti siano i torti subiti. Inoltre bisogna considerare che per quanto i propri genitori abbiano sbagliato, nella misura in cui non lo hanno fatto apposta per farci soffrire, ed hanno provveduto a noi con sacrificio e amore, dopo un giusto ‘processo psicologico’ (del quale non è a volte neppure il caso di metterli a conoscenza, specie se sono stanchi, esauriti o anziani) si deve un po’ alla volta cominciare a perdonarli… questo è fondamentale per crescere e maturare, ed è un percorso che se non si riesce a fare da giovani, dovrà farsi poi da grandi, forse quando non ci saranno più, ma allora sarà ancora più doloroso e difficile.
P.S.
Ho evidenziato anche in neretto nell’articolo, ed eventualmente lo faccia leggere a sua madre (oltre ad altri punti che spiegano quanto ho sopra scritto meglio di me) il passo che qui riporto:
“Metà del tuo essere è fatto di tua madre e metà di tuo padre. Sei qui per causa loro: se non ci fossero loro, non ci saresti tu. In un certo senso, tutto quello che ti succede è grazie a loro… Di ciò si deve diventare consapevole (…). Perciò devi sentirti grato di qualunque cosa abbiano fatto (…). I tuoi genitori saranno sempre le tue fondamenta – perciò non dimenticarti delle tue fondamenta, tutto qui” (Osho)
Un caro saluto
Gloria se Lei e’ un cognitivo come credo,Le consiglio di andare oltre.Se legge bene cosa scrive l’Autore dietro le colpe in realta’ ci sono conflitti irrisolti.Una Mamma narcisista inconsapevole e’ una “stronza”come immagine.Che poi tecnicamente sia un soggetto che proietta i suoi conflitti e’ un’altra storia.La cognitiva comportamentale e’ una forma di psicoterapia che non risolve nulla perche’ oggettivizza la persona.A leggere il commento o Lei pratica la cognitiva o la utilizza.Cambi prospettiva.Jung ha detto tante xose interessantissime e validissime.CI PENSI..
Gloria un’ultima cosa..VOGLIO FARMI PUBBLICITA’CON QUESTO SCRITTO E PRENDERMI I CLIENTI COSI’,E QUINDI?Io noto da paziente xhe i psicoterapeuti hanno conflitti irrisolti spessissimo.Dove sta il problema?Sentire ancora controllo sul desiderio ancora mi fa andare nella rabbia.Questa persona ha sentito di scrivere questo testo.E’ Ok..che a Te faccia venir voglia di proiettare sdegno e’ un tuo problema.
Gentile Francesco, se si riferisse a qualcosa del testo che l’ha impensierita ci faccia sapere un po’ di più… magari può essere utile a correggere o a integrare qualcosa. Saluti.
Buona sera Dottore
E’ da mesi che rileggo spesso il suo articolo e la storia di Piergiorgio. Premetto che è da Dicembre dello scorso anno che sono in terapia. Sono andato in terapia a seguito dell’ennesima relazione “sana” a cui ho posto fine ed in cui, per usare un eufemismo, “ho dato il meglio di me”. Ansia, fobie, umiliazione della mia partner a livello psicologico. Durante questi mesi di terapia, a cui mi sono aggrappato per non sprofondare e per non ammazzarmi nel senso letterale del termine, ho capito che le cause del mio disagio, mio personale ed in coppia, derivano da schemi ed influenze familiari fuorvianti. Padre autoritario e nevrotico che mi ha più volte picchiato, lasciato solo a me stesso (io non ho mai parlato con mio padre – addirittura il buongiorno al mattino non è mai esistito), criticato per tutto ciò che facevo e per quello che avevo intenzione di fare, che ha leso profondamente la mia autostima rendendomi una persona insicura ed ansiosa. Madre totalmente assente e succube di mio padre e che ha subito ogni tipo di umiliazione psicologica, tra cui il tradimento (solo le percosse fisiche non ha preso). Per evadere da questa situazione ho fatto spesso uso in passato di droghe e prostitute. Durante questi mesi di terapia mi è stato illustrato che sono continuamente alla ricarca del soddisfacimento del “bisogno di riconoscimento”. Riconoscimento da parte di mio padre che ovviamente non ho mai ottenuto e mai otterrò ma che continuo comunque a cercare. Riconoscimento da parte delle mie partner. Riconoscimento da parte di amici che alla fine mi hanno solo usato per gli scopi più vari. Ovviamente nelle relazioni di coppia sono “arido”, non riesco ad esprimere appieno i miei sentimenti perchè ho sviluppato una sorta di autodifesa, in quanto ogni relazione inevitabilmente la ricollego a quella dei miei genitori. Addirittura, in alcuni casi, le ritengo pressanti e causa della mia ansia perchè finiscono per farmi allontanare da quelle situazioni familiari che, nonostante siano nocive per me, costituiscono una sorta di riparo, una sorta di certezza. Come una sorta di cane bastonato che ritorna sempre dal suo padrone. Nonostante la terapia, sono ancora lungi dal sentirmi bene. Sto vivendo una nuova relazione “sana” (perchè di sbagliate come quelle di Piergiorgio ne ho avute a bizzeffe e sono state quelle in cui, sbagliando, ho creduto di più). Ci sono degli alti e bassi, soprattutto legati al riaffiorare di ansie che ad intervalli regolari. Ansie legate soprattutto alla mia scarsa autostima ed al continuo interrogarsi circa la sincerità della persona che ho accanto alla quale, a causa delle mie paure, non riesco a donarmi totalmente. Partiamo dal presupposto che ancora oggi, nonstante abbia capito le cause del mio disagio, non mi sento di perdonare mio padre. Anzi, non lo voglio proprio fare. E’ una ipotesi che non contemplo proprio perchè con me ha fatto solo danni rendendomi la persona insicura ed ansiosa che sono oggi. Forse per essere più sereno io e per vivere più serenamente le mie relazioni dovrei perdonarlo, ma ad essere sinceri non ci riesco proprio. E come sempre mi ritrovo da solo ad affrontare i miei problemi (lui non mi ha mai aiutato in niente, anzi mi ha spesso ostacolato) e a risolverli. Come detto, ho una compagna. Quando riaffiorano queste mie insicurezze ed i miei stati d’ansia lei vorrebbe essermi vicino per aiutarmi ma spesso tendo ad allontanarla. Come faccio a vivere una relazione serena in questo modo? Saluti
Caro Franco è vero che le influenze genitoriali contano molto, ma è anche vero che ciascuno di noi ha la sua natura e deve maturare al fine di conoscersi e assumersi le proprie responsabilità psicologiche ‘innate’, nel bene e nel male. I nostri genitori sono i rami dell’albero, e noi siamo il frutto, ma il frutto non viene dai rami, viene dalle radici e dalla terra. Quando la maturità psicologica farà staccare il frutto esso diverrà seme per far crescere il suo proprio albero. Il lavoro terapeutico aiuta in questo processo di evoluzione che comporta anche una separazione psicologica (non affettiva) dai propri genitori. Bisogna lavorare su se stessi cercando di connettersi alle nostre radici più autentiche che a livello sovrapersonale vanno al di là e precedono i genitori. Provi a leggere l’articolo sul libro di James Hillman IL codice dell’anima presente in questo blog https://www.albedoimagination.com/2010/03/i-bambini-di-hillman-hanno-langelo-custode/
Salve
Sono rimasta colpita della diagnosi così accurata eseguita in questo caso.
Quella che avrei voluto per me dopo anni di terapia che non hanno portato alla risoluzione dei miei problemi.
Molestata dal padre in età adolescenziale da un padre violento ed autoritario su tutta la famiglia (ancor oggi all’età di 70 anni su mia madre che sta distruggendo)
Da allora ho vissuto una vita volta all’astrazione per allontanarmi da un presente poco gradito tanto da rientrare nella mia formamentis anche dopo essermi sposata ed avuto figli.
Con mio marito ho una relazione di coppia in cui impera da parte mia la ricerca di un amore autentico e viscerale con ripetute attrazioni verso altri. Tutto questo sta generando tanta sofferenza per lui
e per me che non riesco a lasciarlo perché temo di sbagliare oltre a destabilizzarmi ogni qualvolta si allontana.
Temo che il vuoto ed il turbamento affettivo lasciato da mio padre non avrà mai fine.
Vorrei capirmi…vorrei capire
Sarebbe molto bene per lei un po di analisi, soprattutto ora che ha centrato meglio il problema. Cordiali simili saluti e auguri.
Buongiorno dottore,
molto interessante l’articolo… Ho 35 anni, donna, figlia unica, una specie di famiglia del Mulino Bianco dall’esterno la mia, in realtà sono alternativamente in psicoterapia da 20 anni ormai, da quando ebbi un periodo di anoressia nell’adolescenza.. Per farla breve.. oggi sto bene ma il rapporto con i miei genitori (che mi hanno sempre adorata ecc ecc) non è idilliaco, le mie relazioni sentimentali ancora meno. Mi interessano da sempre solo i ragazzi che alla fin fine non mi vogliono realmente. Quelli veramente interessati a me li respingo. E’ sempre stato cosi’. Sono molto indipendente come persona, da “giovane” questa cosa non mi disturbava piu’ di tanto, preferivo vivere di emozioni forti che avere relazioni, che per me erano “noiose”.. Ora la cosa inizia a starmi stretta perché vorrei, perché no, fondare una famiglia, avere magari un figlio.. Ma sono bloccata. Solo gli stronzi mi fanno battere il cuore (non è amore in fin dei conti, lo so bene), rifuggo con tutta me stessa le persone “giuste”, a modo, con cui poter costruire qualcosa. E’ qualcosa che viene da dentro e che non so davvero come poter “estirpare”, il mio bambino interiore o come lo si voglia chiamare, fa si’ che io sia destinata a soffrire.. Tutte le psicoterapie che ho fatto fino adesso non mi hanno aiutato a sbloccare questo aspetto, ma piuttosto a rendermi conto della mia difficoltà a lasciare l’infanzia, a staccarmi psichicamente dai miei genitori (non ci sono ancora riuscita completamente), per conquistare la mia femminilità.. Mio padre e mia madre mi hanno sempre adorata, ero la classica figlia unica iperprotetta che pero’ doveva anche (il messaggio passava implicitamente) essere perfetta e la piu’ brava a scuola.. Mia madre non ha mai amato mio padre credo, ed è un’eterna insoddisfatta.. Mio padre vive nel passato e non accetta il tempo che passa.. A parte cio’ mi vogliono un gran bene, probabilmente piu’ esteso in superficie che in profondità.. Ma non mi hanno mai picchiata o fatto violenze fisiche… Secondo Lei cosa dovrei fare per cercare di risolvere questo “blocco”? Verso quale tipo di (ennesima) terapia rivolgermi? Grazie per l’attenzione, ovviamente queste poche righe sono la punta di un iceberg…
Trovare un percorso si psicoterapia che veramente la porta ad una trasformazione… ne ha già fatti, le hanno dato qualcosa, ma evidentemente deve ancora trovare un dialogo terapeutico risolutivo… questa è la strada maestra (almeno quella che io conosco)… poi ci sono anche altre esperienze di crescita di tipo artistico, sociale e spirituale… si tratta di crescere psicologicamente in modo che le influenze genitoriali risalenti all’infanzia vengano depotenziate e superate.
Io ho avuto la fortuna di avere un padre davvero bravo… anche se ha un carattere forte e un pò brusco alle volte, è molto presente e buono con me… mi madre al contrario è una squilibrata maniaco depressiva… una persona infida ed egoista hai massimi livelli… i miei genitori sono divorziati per fortuna. Tutti parlano di complesso di edipo, io credo di non averlo mai avuto, ho odiato molto quell’ arpia di mia madre… ed ora sono completamente disinteressato a tutto ciò che la riguarda… il mio problema è che non riesco a essere sereno con le ragazze anche se mi piacciono sono sempre molto prudente… alle volte con alcune di loro se non mi stanno molto simpatiche, non riesco a nascondere il mio risentimento nei loro confronti… uso spesso il sarcasmo e ironia sottile atta ad offenderle e ridicolizzarle davanti a tutti…. se individuo un punto debele in loro lo uso per fargli male in modi molto crudeli… sempre ed esclusivamente in colpendo la loro sfera emotiva mai usando violenza fisica. Questo squilibrio ha fatto sì che non abbia mai avuto una relazione stabile e seria con una ragazza per più di due mesi… ho sempre preferito storielle incentrate sul sesso che altro… da un lato vorrei uscire da questo blocco e cercare di fidarmi più di loro… ma dall’ altro non mi sento ancora sicuro ed ho paura di soffrirci… con gli amici e gli uomini in generale va tutto bene sono rispettato e benvoluto… ma le donne che conosco è che sanno questa cosa cercano cmq di evitarmi, oppure in mia presenza non sono a loro agio, anche quelle che non mi danno fastidio probabilmente si sentono sotto pressione e in fondo mi dispiace, ma…. non so cosa farci.
Per compensare un po’ ciò che ha letto nell’articolo le consiglio anche un altro punto di vista, che non è da intendersi proprio contrapposto, ma da integrare a quello del presente articolo. Se quindi andrà al seguente link troverà la tesi per cui non bisogna credere che siamo solo dipendenti dai nostri genitori in termini di carattere e di stai psicologici, ma c’è anche una nostra innata vocazione e personalità. Perciò è importante anche un approfondimento sulla propria natura, a prescindere dalle questioni genitoriali. Cordialmente, Dr. Brunelli https://www.albedoimagination.com/2010/03/i-bambini-di-hillman-hanno-langelo-custode/
Buongiorno dottore,
Il suo articolo mi sta davvero facendo riflettere. Sto con il mio ragazzo da ormai 3 anni e da qualche mese a questa parte ha iniziato ad avere importanti attacchi d’ansia con me apparentemente senza motivo cosicché l’ho spinto ad iniziare una terapia. Mentre lui fa il suo percorso mi documento e mi sono accorta che piergiorgio ha caratteristiche molto simili (esempio il padre mummia) se non per il fatto che la madre ha riversato su di lui troppo affetto e forse inconsciamente anche la causa del fallimento del suo matrimonio e della sua carriera. Mi sono poi resa conto che la nostra relazione che all’inizio sembrava sana è cresciuta in realtà in maniera tale che lui ottenesse da me ancora tutto quello di cui aveva bisogno. Per molto tempo non mi sono accorta di fare da mamma, psicologa, fidanzata,medico… Ora mi sono resa conto che è stato così, che sono diventata quello che lui stava cercando senza volerlo. Lui continua la terapia e ha detto essere necessario per raggiungere un rapporto adulto con me affermarsi dapprima come elemento singolo al di fuori di sua madre, perché probabilmente sta affrontando ora l’adolescenza e l’affermazione di sé . Inoltre sottolinea sempre il fatto di voler cambiare per star bene lui in prima persona e con me per ristabilire il nostro rapporto. A questo punto mi chiedo, se da quello che ho recepito dal suo articolo le relazioni che si basano su riflessi dell’infanzia non hanno futuro, sarebbe comunque possibile ora come ora dato che entrambi ci siamo accorti di voler crescere insieme e rifare tutto che si possa ristabilire una relazione sana e duratura?
Mi scuso se non ho potuto rispondere subito, ma affinché la sua riflessione possa svilupparsi le consiglio di leggere il nuovo articolo che mi ha molto impegnato in questi giorni eche senz’altro la potrà aiutare ad approfondire. Ecco il link https://www.albedoimagination.com/2014/04/complesso-di-pinocchio-genitori-problematici-punitivi-e-colpevolizzanti/ Saluti
Scusi dottore, una domanda. Il rapporto che vivo col mio partner è appagante per me e per lui, nel nostro caso si può parlare di compatibilità piena, pur nei litigi (normali di coppia, non frequenti) siamo felici. Io ho un carattere non facile, sono un po’ un “orso” ma mi prodigo nel tentativo di dare al mio uomo ciò di cui ha bisogno e lui a me, di dedicare il mio tempo a lui e lui a me, senza dimenticare però i nostri spazi e i nostr hobby, mettendo da parte un po’ gli amici sì, ma per costruire la nostra casa e la nostra relazione…il quadro che descrive, di Piergiorgio, è molto simile a quello del mio partner(relativo all’infanzia, se non che la madre con lui non fosse fredda, ma molto affettuosa e presente e dura quando serviva, ad oggi però molto gelosa del figlio unico, però con un padre “mummia” che in casa era come se non ci fosse, non si arrabbiava mai, assente nell’aiuto delle faccende di casa, unicamente dedito al lavoro, un po’ debole caratterialmente); a differenza di Piergiorgio non è mai stato picchiato dai genitori e non ha mai sofferto di depressione o preso psicofarmaci, come uomo ha fatto molte esperienze con le donne (finite) su cui poi ha fatto analisi e visto che tipo di donna fosse meglio per lui…poi sono arrivata io e rispecchiavo esattamente ciò che voleva. Lui dice a volte che somiglio a sua madre, in positivo e in negativo, su alcune cose ( anche se personalmente mi ritengo molto diversa da sua madre, che ritengo una persona poco affidabile, superstiziosa e invidiosa ) e la madre ha sempre interferito nella nostra relazione , con gelosia e cattiveria…se dovessi fare un bilancio, non ritengo il mio un amore sbagliato, nella MIA scelta, siamo felici e ci amiamo, ma mi chiedo come lui, col suo background simile a quello di Piergiorgio, quindi a SIMILARITA’ di condizioni di crescita familiare, possa avere maturato una scelta matura e sana, stando con me…è possibile? Grazie.
Il fatto che una persona abbia un’infanzia simile a quella di Piergiorgio non significa che deve poi avere anche ulteriori dolori e disconoscimenti da adulto nella relazione di coppia, o che non possa maturare, o che non sia maturato, o che non abbia la possibilità di vivere una relazione sufficientemente buona. Stare in coppia è SEMPRE una sfida, i rapporti SOLO idilliaci o sono falsi, o sono stupidi, o sono improduttivi, senza vere emozioni. L’amore non è bello se non è litigarello… quello che invece non va è l’accumulo di confabulazioni, idee giudicanti e macchinose alle spalle di un partner senza che vi sia una sufficiente possibilità di parlarne… Nella coppia bisogna potersi parlare, magari non di tutto e in ogni momento, ma è importante NON COVARE, altrimenti poi dopo la covata nascono mostriciattoli distruttivi che fanno un sacco di guai inutili. Ciascuno, oltre a vedere e a indagare la vita dell’altro bisogna fare un’analisi su se stessi. Ciascuno ha la sua trave nell’occhio, ciascuno vede la pagliuzza in quello dell’altro come una trave… e viceversa. Finché è così le cose evolveranno al peggio… quando invece si riesce a mettersi in discussione entrambi , allora l’amore può superare ogni cosa, e diventare più forte dei problemi e dei conflitti, i quali possono essere così impiegati come pungolo e sfida per maturare. In certi casi il consulto di coppia può favorire moltissimo il ritorno ad un dialogo aperto e leale, nel rispetto del proprio spazio anteriore riservato. Non è vero che bisogna essere sempre un libro aperto per gli altri, ciascuno può avere l’esigenza di elaborare dentro di sé le SUE contraddizioni, prendendo un suo spazio intimo privato un SUA STANZA di Barbablù… ma le cose che riguardano l’altro, la relazione, vanno chiarite… quando è troppo difficile, e gli equivoci rischiano di rovinare tutto, la consulenza di coppia può aiutare tanto https://www.albedoimagination.com/2014/03/consulenza-di-coppia-riconciliarsi-o-voltare-pagina-nel-bene/ (legga l’articolo).
Articolo davvero illuminante, chiaro e interessante
Sembra la mia storia…mi impressiona quanto mi ci riscontro, le uniche differenze sono che da bambino mi sono poi reso conto che non ero io il cattivo ma che lo erano davvero i miei genitori…percio’ per me e’ stata ancora piu’ dura,.con la conseguenza che oggi sento per loro solo sentimenti di indifferenza, che e’ peggio dell’ odio perche esso almeno e’ un sentimento, per quanto comunque in eta’ adulta abbia cercato di perdonarli e volergli bene….trovo pero’ una lacuna nel racconto cioe’ che oltre a capitare a quelli come me relazioni con donne diciamo cattive, c’e anche il problema che le donne normali trovano poco o per nulla interessanti gli uomini come me, pur avendo anche, diciamo un aspetto fisico gradevole, una buona intelligenza e mitezza di carattere…insomma con le donne normali il due di picche e’ assicurato. Pazzesco che pero’ davvero come dice le bibbia le colpe dei genitori ricadono sui figli..non vedo alcun che’ di giustizia universale in questo.
Caro Dario, ma sa che la sua riflessione è proprio interessante! Mi piacerebbe aprire un dibattito attraverso un articolo specificamente rivolto alla psicologia maschile. A proposito di ciò lei conosce il sito e il blog di Claudio Risé su ‘maschi selvatici’, forse lì può trovare maggiore dibattito sulla questione specifica che lei accenna della sua esperienza con ‘donne normali’. In ogni caso io sono convinto, anche dalla mia esperienza, che se la problematica è ascrivibile a quanto lei racconta , un po’ di psicoterapia di certo le gioverebbe. Ma vediamo un po’ se riusciamo a sviluppare questo dibattito sulle ‘donne brave’ e su quelle ‘cattive’, mi interesserebbe. Va poi detto che ci sono anche donne adatte o no ad una certa personalità maschile, e quindi anche uomini cattivi, bravi, o comunque non adatti a certe donne. Di certo però le influenze genitoriali contano, sia per gli uomini che per le donne. Quando gli ‘oggetti di attaccamento primari’, – i genitori – generano un deficit, un disequilibrio, e incomprensioni di diversa natura, poi risulta più difficile un legame con un partner compatibile. Però la psicoterapia serve proprio ad emanciparsi dalle influenze genitorialei negative, e a anche a scoprire che comunque si può trarre esperienza e consapevolezza elaborando il nostro vissuto infantile e approfondendo nell’analisi la conoscenza dei nostri genitori, i quali a loro volta sono stati bambini, e a loro volta hanno ereditato problematiche. Il quarto comamdamento che recita ONORA IL PADRE E LA MADRE più precisamente: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio” (Libro dell’Esodo 20,12). secondo un ‘interpretazione etimologica più originaria vuol dire infatti, CONOSCILI A FONDO, SCOPRI PERCHE SONO STATI COSI’, SCOPRI DA DOVE VENGONO perché così potrai poi scegliere più liberamente la tua strada. Tutti sanno infatti che la Bibbia è anche (nel vecchio Testamento) una immensa narrazione di genitori e figli a loro volta genitori e figli, e ciò può essere interpretato anche in termini di analisi del rapporto con i nostri genitori, che appunto ci emancipa e ci libera dalle loro influenze negative, o addirittura ci può consentire anche di trarne vantaggio. Allora un caro saluto – Dr. Brunelli
La ringrazio per la sua risposta, nel mio caso sono piu cose sommate insieme che mi hanno diciamo danneggiato a livello personale conseguenti la mia famiglia….la giovane eta’ dei miei genitori, come nel caso da lei citato, ma anche perche’ durante la mia infanzia i miei genitori hanno abbracciato un culto religioso diverso, si sono convertiti testimoni di geova, il che complica ulteriormente le cose perche crescere in famiglie del genere credo che sia tra le cose peggiori che possa capitare nella propria infanzia eccezion fatta per chi ovviamente subisce come abusi, o malattia o poverta’ ecc…
Dico solo che i testimoni di geova a parte il loro assurdo e immotivato fondamentalismo fatto di ogni genere di privazioni in cui tutto e’ peccato, hanno anche la grande colpa di lavorare al contrario per cio’ che concerne l’ autostima nei singoli individui, facendola letteralmente a pezzi, facendoti sentire indegno di vivere agli occhi di dio….quindi niente amor proprio e autostima e noi tutti sappiamo quanto invece queste cose siano importanti sia per l’ individuo ma anche nei rapporti interpersonali e di conseguenza vita sentimentale….
Nel mio caso quindi pecco di buonismo, fatico a dire di no oppure a dire liberamente cio’ che penso e quando lo faccio apriti cielo sono sempre discussioni…sembra che chi ha la faccia da buono o viene visto come tale nella psicologia del prossimo viene visto come fesso da trattare come tale, che non deve osare a ribellarsi oppure come poco credibile (solo pochi giorni fa durante un litigio mi sono sentito dire dalla mia ragazza che il mio buonismo non la convince, che per lei sono uno che recita….e la cosa mi ha ferito parecchio)….chiudo dicendo che nel complesso non mi sento anormale, ne mi considero folle o vengo considerato tale, ma comunque con certe cose dovro’ credo farci i conti a vita, volente o dolente…come fosse un karma…e forse lo e’.
Caro Dario,
la tua storia mi fa pensare ad alcuni personaggi dell’ arte e della cultura che hanno avuto dei genitori rigidi, puritani che durante tutta la loro infanzia li hanno tenuti in un continuo stato di colpa per una peccaminosità temuta e immaginata. Sarebbe per te forse interessante leggere qualcosa di queste biografie per scoprire come un vissuto del genere, elaborato e relaborato attraverso la propia sensibilità e l’ arte abbia potuto produrre delle espressioni artistiche universali capaci di parlare al cuore e alla mente di tante persone.
Per esempio il regista svedese Ingmar Bergman era figlio di un pastore protestante. Per sdrammatizzare ti dico solo che nonostante questa repressività nel metodo educativo, è riuscito a produrre alcuni bellissimi film e tanti spettacoli teatrali, si sia sposato più di sette volte, ha avuto molti figli e tante donne belle e sensuali con le quali ha condiviso esistenza, viaggi e lavoro. la sua caratteristica artistica come regista è sempre stata quella di portare, sia meccanicamente attraverso la fotografia e sia nell’ analisi dei personaggi la coscienza della luce, una luce intensa, abbagliante e rivelatrice.
Io credo che la coscienza di questa luce gli sia derivata dall’ aver vissuto un’ infanzia durante la quale, seppur in modo sbagliato, forse un po’ rigido e anche ignorante di qualsivoglia psicologia, gli veniva ricordata l’ esistenza di una verità e di una luce superiore, attraverso la quale anche i più segreti pensieri dovevano passare per manifestarsi. Da un punto di vista dell’ individuo questa luce che scava dentro che rivela a se stessi e agli altri anche la più piccola piega della psiche è terribile e insostenibile., ma l’ arte riesce ad avvicinare l’ umano al divino senza “bruciarsi”, perchè usa la mediazione dell’ anima. Questa è la trasformazione da negativo in positivo che ha realizzato.
Non conosco cosa dicono i Testimoni di Geova ma credo in base a quanto scrivi tu che, al pari di altre confessioni o gruppi di origine cristiana, esiste poca compassione. In questo aspetto austero la fede invece di rafforzare la nostra vita (quell’ autostima di cui parli tu, che poggia sostanzialmente sulla piena accettazione di se’ stessi e che dipende molto da come ci vedono i nostri genitori) ci rende insicuri e diffidenti verso il nostro corpo, le nostre emozioni, come se da essi potesse scaturire qualcosa di brutto, tale da scatenare l’ indignazione e la punizione di Dio. Credo di capire molto bene quello che provi. Ma oggi al giovane uomo che sei, di piacevole aspetto e intelligente non è di aiuto cercare la giustizia universale al di fuori del tuo campa di azione, o credere con una certa desolazione che esiste la predestinazione e che i figli paghino le colpe dei padri. Forse cio’ è vero o forse no, non possiamo saperlo con certezza. Nel tuo quotidiano sai che ognuno di noi nasce con dei punti a proprio vantaggio (e tu qualcuno lo hai già individuato) e anche un insieme di handicap da trasformare in punti di forza. Serve per questo un certo coraggio, serve a tutti noi. L’ amore ci da’ il coraggio, l’ amore che riconosciamo di aver comunque ricevuto, anche se espresso in modo sbagliato, come il caso di Piergiorgio dell’ articolo, e soprattutto l’ amore che ricerchiamo dentro di noi, quell’ amore che possiamo sentire per gli altri, nonostante i loro limiti e i loro difetti. E’ la capacità di amare forse la prova comprensibile a tutti dell’ esistenza di Dio.
Giuliana Lisi – counselor
Interessante, peccato che l’italiano lasci un po’a desiderare.
mi sono rivista in parte nel caso descritto , dico in parte dato che sono figlia (e non figlio e questo credo cambi le cose)di una madre perfezionista, ipercritica ossessiva alla quale la mia persona non è mai andata bene e secondo la quale la mia personalità non esisteva ma doveva essere plasmata sulla sua, e per lei io ero sempre la colpevole, bugiarda a prescindere (mai detto una bugia)……una persona fondamentalmente infelice chiusa nella gabbia del suo perfezionismo e dell’annullamento del se (mia madre) per contro mio padre è stato la mia “salvezza” ….purtroppo morto troppo presto ah dimenticavo…per mia madre non c’era bisogno di un motivo per rifilarmi uno schiaffo e non solo da bambina!
Molto interessante ed istruttivo….
Raramente ho potuto leggere un caso clinico così ben descritto e con una evidenziazione delle dinamiche che lo hanno caratterizzato che “si danno all’esperienza” del lettore in modo praticamente immediato, sia nella possibilità di riconoscervi alcune proprie trame esperenziali talvolta tragiche così come si possono essere evolute nel corso del tempo, nel passaggio dal rapporto con i genitori problematici e conflittuali oltre che incostanti, a quello con l’altro che in qualche modo ha potuto anche duramente colpirci essendo ancora noi, vittime o incastrate/i al nostro interno di un complesso infantile irrisolto, rispetto al quale si nutre “sempre”, purtroppo, come ben delineato, l’aspettativa “magica” di poterlo sanare, come bambini che vogliono guarire da piccoli i loro genitori assumendosene la malattia e la “cattiveria”, entrando così i uno stato di confusione circa i prori reali confini e diritti come accade ad esempio in alcune situazioni simbiotiche “scelte” a scopo difensivo e rispetto alle quali poi, il problema diventa: “Come difendersi dalle difese?”, al fine di non entrare poi in relazioni perverse – nel senso di paradossali e generatrici di sofferenza -una volta adulti . Sia, anche, come caso clinico per il clinico, questa descrizione è articolata in modo che definirei esemplare anche per i rimandi a diversi Autori quali Freud, Winnicott e Jung ancorandoli saldamente a dei concetti da loro derivabili così come a me sembra intravvedibile una possibilità di riverbero anche di alcuni fondaamentali concetti lacaniani quali quello della “mancanza ad essere”, relativamente all’impossibilità di raggiungere tramite il rapporto con l’Altro – funzione materna in primis- la possibilità di accedere al desiderio reale dell’ oggetto sia relativamente al problema del Nome del Padre e della sua Legge che attraverso l’interdizione al figlio ed alla figlia, alla madre, permette ad essi di accedere al principio di realtà che in certi casi, in cui il complesso materno è ancora troppo attivo, come quello descritto, è relativamente compromesso nella sfera dell’affettività più profonda e della libertà di una scelta autentica, nell’individuo, del soggetto ed “oggetto” da amare e d’amore.
Complimenti all’Autore per la bellissima esposizione del caso, molto utile ad una riflessione sui rapporti umani partendo dalle loro origini ancestrali ed in parte misteriosee percorrendo la strada del loro sviluppo nel corso della vita di un individuo, sia in termini patologici defininendone le dinamiche da cui si intravedono anche i termini di una gestione dell’economia “psichica” che pur volendo essere tale si trasforma in un enorme e paradossale e coattivo dispendio, se non elaborate attraverso un’adeguata psicoterapia del profondo, che svolga anche una funzione riconciliante con Sè e con i propri genitori interni; sia anche nei termini di uno sviluppo, all’ interno dell’uomo, di un’Anima che affondando le proprie radici in un passato più remoto del proprio raccontabile, poichè, appartenendo a tempi ancestrali, non se può avere un immediato ricordo ( a parte eventualmente in certi sogni e forme immaginative, sotto forma dell’emergenza di archetipi), Anima che sarà, con le parole dell’autore sempre e solo Unica in ogni tempo ed in ogni luogo. ( Seppure di essa rimarrà per sempre traccia, come forma a sua volta progenitrice).
Grazie per questo scritto clinico seondo me estremamente apprezzabile anche per la sua capacità di descrivere situazioni complicate e complesse in termini molto comprensibili.
Elisa
Gentile Doc,
è più di qualche settimana che cerco di mettere in ordinare ed incastrare i pezzi di un puzzle che sempra più complicato di quanto sembra. Probabilmente perchè gioco a fare la psicologa e ad analizzare mia storia “d’amore” durata 5-6 mesi.
Dopo aver letto un’infinità di articoli su Disturbi della personalità e sul TdN, stasera mi sono imbattuta in questo articolo e quindi in questo caso clinico!!!
Tutte le presunte idee formulatemi in questa testolina, sempre alla ricerca dei “perchè?”, si sono un tantino ribaltate!!Sono sbalordita e forse anche un pò confusa!!!Mi sono chiesta alla fine della lettura dell’articolo: <> Premetto che nn ho “questo” disturbo (narcisista, paranoide ecc…) anzi penso di avere la sindrome di Candy Candy!:):)azzardo una risata fa sempre bene!!!
Comunque mi rendo conto che non conoscendo la mia storia e rimanendo io un bel pò in superficie in questo mio discorso, lei potrebbe nutrire forti punti interrogativi!!
Ho sentito il bisogno di scrivere, di mettermi in contatto con lei e le confesso che oggi in libreria cercavo il suo libro (non l’ho trovato!) e poi ho comprato “Donne che corrono con i lupi” ….inizio questo viaggio!!!
Ps: tutto ciò per dirle che questo articolo mi ha prospettato un’altra visione della mia esperienza….:(!!
Gentile Graiana il mio libro è facilmente ordinabile cliccandoci su, nella colonna a destra o nell’articolo… magari ci parli del suo modo di vedere Candy… ma non si arrovelli troppo…
Un caro saluto
P.S. Ricordo che è opportuno registrarsi e che per ricevere i commenti bisogna cliccare sul quadratino ‘notifica’… e che la partecipazione anche ad altri articoli può essere di sostegno…
E’ terribile, pur avendo qualche cognizione di psicologia avendo sostenuto all’università 4 esami con il leggendario prof Ossicini, leggere e venire a conoscenza di quale incredibile legame ci sia tra il comportamento dei nostri genitori nei nostri riguardi e le scelte d’amore che si faranno da grandi. Scoprire poi, sulla mia pelle e su quella della mia figlia più piccola, di quanto il padre sia elemento portante della famiglia, mi ha mandato in crisi. Si parla tanto della madre, ma il padre per i figli è importante quanto meno al 50%.
La madre è il porto sicuro, la consolazione, il riparo dopo un dolore, la coccola, il padre è sicurezza, formazione di carattere, esempio da imitare. Sto vedendo scorrere sotto ai miei occhi mentali tutta la mia vita e mi chiedo ” E’ meglio costruire una figura paterna che comunque è assente e per lavoro e per inclinazione o meglio separarsi e far crescere un figlio senza padre, o meglio un padre che è come è, che vedi quando vuoi, ma che non vive con te??” Non è facile, sono stata figlia di un padre che mi ha amato moltissimo e me lo ha dimostrato, ma debole,al contrario di mia madre una madre non chioccia, che prima puntava a sè… non dimentico da bambina, andavo in braccio a lei e fingevo di addormentarmi per sentire le sue braccia intorno a me che mi sorreggevano per non farmi cadere. sono madre, avendo fatto le mie scelte sbagliate. sono stata mamma chioccia, non oppressiva, ma avevo, sentivo il bisogno di toccarli sempre, soprattutto se ammalati. La mia figlia più piccola, 17 anni, pur essendo separati da 6 anni, mio marito non andava via, ha preteso che il padre andasse a vivere in un’altra casa, può vederlo quando vuole, io non faccio nessuna opposizione, ma chissà se anche lei sposerà un uomo più grande di lei come me che ne ho sposato uno con 11 anni di più??
Gentile Gabriella, grazie per il tuo contributo. Come sai non basta studiare la psicologia, poco o tanto, per capire se stessi e gli altri. Tutti i più grandi psicologi hanno intrapreso percorsi di analisi. Solo Freud ha praticato un autonalisi, ma sul suo stesso metodo evidentemente e, comunque, aveva un costante dialogo con colleghi e collaboratori, anche su se stesso. Un caro saluto.
Ricordo che per ricevere le notifiche di risposte e commenti bisogna cliccare sul quadratino inviami notifiche. E poi sarebbe bene registarsi per meglio ricevere informazioni su iniziative ed eventi. I tasti in basso agli articoli con le icone di vari network servono per segnalare l’articolo nei social network, ad esempio Facebook, ciò aiuta a divulgare informazione gratuita e a creare gruppi di discussione e di auto aiuto. Grazie.
Infine vi segnalo Associazione culturale EducArte -ha realizzato seminari su come “SANARE LE RELAZIONI CON I NOSTRI GENITORI” – Monteroni d’Arbia – Siena – Podere Noceto – Strada Grotti- Bagnaia 1216/c53014 – Cell. 347-2811268 -E-mail anconta@tin.it – http://www.educarte.it
Depliant illustrativo:
Sanare le relazioni con i nostri genitori a cura del Dott. Angelo Contarino
Poco tempo fa ho avuto la forza di kiudere una storia ke altro nn era ke la ripetizione della mia infanzia.Forse in tutte le mie storie è stato così…Uomini ke mi dominano,ma ke mi amano tanto da nn poter stare senza di me.
Ma la persona incontrata due anni fa…sicuramente ha lei degli irrisolti nella sua evoluzione psicologica.Da parte mia c’era un innamoramento ke però mi ha fatto agire contro la mia dignità…Sapevo di nn deoverlo fare.L’ho fatto ugualmente. Per nn perdere l’amore(pensavo io).Lui mi diceva”se mi ami per me lo farai”.
Mi sentivo una persona ke andava al patibolo…ma ci andavo!E poi mi dicevo”ora lui sa ke sn solo sua”…
Da subito ho cercato di kiudere una storia ke a me sapeva solo di sesso…Ma lui è riuscito sempre a far leva sui miei punti deboli.Da qnd mi sn decisa definitivamente(circa due mesi fa),dopo un momenteneo appagamento sto vivendo un malessere generale ke nn accetto.Premetto ke mio padre era molto severo cn me,nn mi ascoltava mai,ma qnd passeggiavo cn lui mi sentivo una regina.
Ci leghiamo nell’eros attraverso il nostro ‘bambino/a interiore’ , se questo bambino è stato educato (da noi stessi) in modo da sentirsi libero, spontaneo non obbligato a recitare un falso Sé, allora vuol dire che sie è collegato con il nostro Senex (asse Senex-Puer), altrimenti è collegato in modo regressivo all’imago genitoriale e quindi al complesso infantile. Nel primo caso le relazioni amorose sono generatrici ed evolutive, ciuò non vuol dire necessariamente che durino per sempre, ma che danno luogo ad esperienze autentiche, dove c’è un amore più sano, che fa crescere. Nel secondo caso gli amori diventano regressivi, anche distruttivi, tolgono energia, fanno soffrire, vengono percepiti con emozioni e presentimenti subdoli, dunque si ripropone nella vita affettiva adulta uno schema psicoaffettivo che presenta forti aanalogie con l’esperienza infantile, nei suoi turbamenti e nelle sue carenze. Ora poiché nessun genitore è perfetto, ed anche fattori non evidenti influenzano il delicato vissuto infantile, compito di ciascuno è crescere fino a separarsi in modo sufficiente dal modello psicoaffettivo vissuto con i genitori, per diventare adulto, ma questo non vuol dire rinunciare al proprio bambino interiore che va sempre, per tutta la vita, considerato come parte di sé. Ricordo che Gesù ha detto: “Sono venuto con la spada per separare i figli dai genitori” ed in tal senso ha espresso anche un processo psicologico fondamentale per diventare adulti che quando amano hanno sempre un cuore da fanciulli.
Complimenti al collega per il bellissimo caso clinico, magiastralmente descritto. Ci ho ritrovato molti miei pazienti e anche conoscenti, la coazione a ripetere fa si che inconsciamente tendiamo a ripetere all’infinito le nostre vicissitudini infantil e se abbiamo avuto mancanza di amore, quello che cerchiamo da adulti è quell’amore infantile mai avuto e tanto ardentemente desisiderato, che ovviamente non è ottenibile a livello adultol’Edipo è però sempre una triangolazione e da luogo, quando non è superato, a fenomeni nevrotici. Le situazioni più pericolose per la sanità mentale sono le confusioni simbiotiche con una madre inglobante e magari anche cattiva, che impedisce ogni crescita, in quanto non introduce il padre come terzo, non esiste cioè “La legge del padre” Lacan. Una mia paziente, totalmente anorgasmica, quando faceva la sessualità con il suo ragazzo si sentiva una bambina violentata, malgrado lui fosse gentilissimo, del padre non ha mai parlato, malgrado fosse vivente. Della madre diceva che era come “Una bestia accovacciata pronta a saltarle addosso” Ci sono voluti anni di analisi per districarla dalla simbiosi con una madre divorante, anche se l’analisi è riuscita e la paziente è felicemente sposata. Se il collega me lo consente, scriverò di questo caso, perchè è veramente interessante, la paziente iniziò a fare foto dei suoi numerosi viaggi e fotografava sempre madri che allattavano bambini al seno, la madre buona che non aveva mai avuto, mentre nelle foto non comparivano mai gli uomini. La paziente riusciva a parlare del padre, dietro mia sollecitazione, solo attraverso le parole della madre che erano completamente dispregiative, solo verso la fine dell’analisi il padre fece il suo ingresso e si riuscì a portare la paziente su di una posizione edipica che le consentì di sposarsi
Dr. Gianna Porri
Psicoanalista
Ringrazio tanto la Dott.ssa Gianna Porri – collega Psicoterapeuta – per i suoi esperi interventi e, se lo desidera, la invito ad esprimere ulteriori approfondimenti. Cordiali saluti. Pietro Brunelli
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De:
Salve dott.ssa,
sono cresciuta con una madre divorante anche io, malata di forte depressione ma aggressiva e fortemente manesca. che mi ha ripetuto per ogni giorno della mia vita che la ragione della sua depressione sono io, che non mi merito nessun amore da un uomo ne’ da amici, che se avesse una pistola mi sparerebbe in mezzo agli occhi. mai ricevuto un abbraccio o un gesto di affetto.
padre totalmente silenzioso e in disparte.
per anni ho cercato questo amore materno, cercano un amore femminile. ho avuto relazioni omosessuali fino a poco fa.
adesso ho una relazione con un uomo che va in terapia da anni per mancanze affettive dalla sua famiglia, e che mi ha spinto a iniziare un percorso di terapia.
questo uomo stesso ha difficolta’ a dare affetto, quando l’ho conosciuto mi ha detto “io non so abbracciare”. nei momenti di suo “congelamento” affettivo, io entro in profondi attacchi di panico – perche’ mi tornano in mente le parole di mia madre, che io non mi merito ne’ avro’ mai nessun amore da un uomo.
come perdonare una madre cosi’? come riuscire ad avere una relazione tranquilla?