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A cura di Pier Pietro Brunelli e Cosimo Aruta

Parliamone, puoi trasformarla in energia positiva ed evitare impulsi e reazioni distruttive e pericolose.

Puoi contribuire a sviluppare l’articolo con riflessioni e domande inerenti i seguenti punti:

  • La rabbia verso il partner
  • La rabbia generica verso le donne, o gli uomini, o  gli omosessuali
  • La rabbia violenta e criminale nei delitti degli uomini verso le donne
  • La rabbia in famiglia e tra genitori e figli
  • La rabbia degli adolescenti (bullismo, lotta generazionale, problemi di identità)
  • La rabbia nell’età evolutiva (nel neonato e nella prima e seconda infanzia)
  • La rabbia tra amici
  • La rabbia nei luoghi di lavoro (mobbing, sfruttamento, mancati riconoscimenti ecc.)
  • La rabbia causata dalle ingiustizie sociali
  • La rabbia nelle megalopoli
  • La rabbia nell’emarginazione e nel disagio sociale
  • La rabbia narcisistica, borderline, isterica e psicopatica
  • La rabbia nella depressione e nel crollo dell’autostima
  • La rabbia nella malattia e nella guarigione
  • La rabbia blasfema e fanatica (proiettata verso la divinità, e nell’intolleranza religiosa)
  • La rabbia nella politica
  • La rabbia, il senso di colpa e la vergogna
  • La rabbia e la paura
  • La rabbia verso se stessi

LA ‘MEDICINA’ CHE SI ESTRAE DAL VELENO DELLA RABBIA
Pier Pietro Brunelli – Psicoterapeuta ad orientamento junghiano

La rabbia è una bestia pericolosa, anche perché può essere molto umana… gli animali la vivono in modo istintivo, naturale, invece negli umani essa può essere pervasa da pensieri e sentimenti malefici e malati. Ippocrate, il primo grande e mitico medico  individuava l’agente somatopsichico della rabbia nella bile gialla, connessa anche al colera, parola dalla quale viene poi la parola collera. La collera è rabbia che viene dalla ‘pancia’, quindi dall’organismo psicosomatico, da un ‘virus’ che infetta gli intestini della psiche, per essere terapizzata occorrono strumenti ‘bioenergetici’, comunque capaci di influenzare la relazione corpo-mente (di ciò parlerà il Dr. Cosimo Aruta – psicoterapeuta bioenergetico – nella seconda parte di questo articolo).

Tuttavia vi è anche una ‘ragione naturale’,  non malata e funzionale,  della rabbia umana come un’emozione evolutiva, volta ad opporsi al male e alla prepotenza. Aver subito ingiustizie come individui o come comunità non si riduce all’impotenza vittimista quando l’indignazione diviene rabbia e dà la forza di ribellarsi. La storia dell’umanità si è evoluta anche grazie alla rabbia che ha fatto vincere la paura al fine di opporsi al dispotismo, alle dittature, alle ingiustizie più brutali. La rabbia infatti è antitetica alla paura, fa in modo che il timore dell’oppressore, per quanto esso sia spietato, possa essere affrontato. Perciò l’ira di Achille consente di non aver paura… ma ciò non deve trasformarsi in guerra, in violenza, in distruttività egoistica, prepotente, vigliacca. D’altra parte c’è una vigliaccheria anche nel reprimere la rabbia, o nel distaccarsi da essa, in una sorta di ignavia.

Non sempre chi s’arrabbia ha torto; il vile non va in collera mai. (Niccolò Tommaseo, Pensieri morali, 1845)

La ‘giusta rabbia’ aiuta a non cadere in stati depressivi, sensi di colpa e di vergogna. Perciò la rabbia è un’emozione che aiuta coloro che subiscono ingiustizie a causa dell’iniquità sociale; ad esempio chi attraversa una difficoltà lavorativa ed economica, è disoccupato, è stato licenziato, se è sorretto dalla rabbia – oltre che dalla consapevolezza circa l’ingiustizia che subisce a causa di un sistema disfunzionale quanto brutale – non cadrà nella disperazione, con il rischio di sviluppare fantasie suicidarie che tragicamente possono essere messe in atto.

Di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente; si limitano a piangere sulla propria situazione; ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose. (Malcom X)

Arrabbiarsi non vuol dire però esercitare violenza distruttiva, vuol dire innanzitutto provare un’emozione distruttiva, che può essere espressa senza violenza fisica, ma con il linguaggio (violenza verbale, gestuale). In effetti anche per esercitare una protesta non violenta e civile è necessaria una certa rabbia di fondo. Esemplare in tal senso la ‘piccola grande opera’ di Stephane Hessel: Indignatevi! (2011) ottenendo il coinvolgimento di milioni di persone in tutto il mondo contro le ingiustizie del nostro tempo. In questo caso la rabbia, dissinescando i suoi aspetti puramente distruttivi, a consentito di generare un’energia capace di pensare nuove forme di protesta e di aggregazione, nuove idee ri-costruttive e non solo distruttive, così che vi possa essere una più efficace rivalsa attraverso una rabbia generativa e non sterile e addirittura controproducente, oltre che pericolosa.

Dunque un’emozione distruttiva, quando viene elaborata e ‘terapizzata’ con mezzi e tecniche appropriate, rivela il  suo obiettivo ri-costruttivo, il ché, comunque non necessita la distruzione diretta di qualcosa che non va, quanto il suo superamento, ottenendo così maggiori vantaggi. Se conosciamo come commutare la rabbia verso qualcuno o qualcosa in modo che ci dia un guadagno piuttosto che dare solo un danno all’altro, avremo ottenuto maggiore soddisfazione. Ciò non vuol dire necessariamente rinunciare ad arrabiarsi, ciò può avvenire, ma nel modo giusto, che è tanto più possibile quanto più avremo distillato dal veleno della rabbia una ‘medicina interiore’ che ci arrichisce. A riguardo della ‘rabbia giusta’ vanno ricordate le parole di Aristotele.

Tutti sono in grado di arrabbiarsi, è facile, ma arrabbiarsi con la persona giusta, con la giusta intensità, nel modo giusto, nel momento giusto e per un giusto motivo, non è nella facoltà di tutti e non è un compito facile (Aristotele).

Allora se impariamo a prendere dalla rabbia qualcosa che ci serve per stare bene piuttosto che soltanto a vendicarsi e a danneggiare saremo senz’altro capaci di esprimere la ‘rabbia giusta’. Tuttavia si può opinare che non sempre e non tutti riescono ad arrabbiarsi e quindi molti subiscono l’ingiustizia con sentimenti rassegnati e depressi, persino di colpa e di vergogna. Bisogna allora, attraverso un’analisi, ‘scavare’ sotto le frustrazioni, i cali di autostima, il senso di impotenza e recuperare quel veleno della rabbia che, se è elaborato ed espresso anche con una consapevolezza psicofisiologica e bioenergetica può aiutarci davvero a stare meglio, e ad acquisire una nuova consapevolezza di se stessi.

Talvolta la rabbia può essere manipolata e mobilitata a favore di cause propagandate come giuste, – guerre giuste – seminando odi e dissidi verso nemici comuni costruiti con la diffamazione, la calunnia, e con lo scopo di ottenere consenso, dominio, interessi. Esprimere la rabbia in modo ingiusto, è una difesa contro la depressione, perciò questa può essere manipolata propagandando occasioni -mascherate di giustizialismo – affinché si manifesti. I proclami di guerra mirano ad esaltare la rabbia e spesso vengono accolti da coloro che se ne servono come difesa ‘sbagliata’ antidepressiva. Ecco allora che negli stadi e nelle questioni di traffico stradale, ad esempio, la rabbia viene espressa, non solo come sfogo per un aggressività repressa, ma anche come difesa contro la depressione e contro la paura.

Anche nelle famiglie e nei luoghi di lavoro può manifestarsi una rabbia eccessiva, espressa e provocata con scuse e motivazioni varie, quando lo scopo è proprio quello di ‘attacar briga’, generare tensione, poiché in tal modo ci si difende dalla paura e dalla depressione, ci si sente ‘vivi’, sebbene si possa generare un logoramento psicologicamente ‘mortale’.

La rabbia rende coraggiosi, e induce una sorta di manicalità anti-depressiva, ma purtroppo si può essere accecati dalla rabbia, i suo vapori avvolgono, il ‘sangue va al cervello’ e il ‘cervello vede sangue’… in tal senso la rabbia si avvicina alla morte… tuttavia sta in noi direzionarla verso la vita, dobbiamo allora comprenderla più a fondo e imparare ad orientarla, elaborarla e ‘viverla’ nella sua naturale funzione ri-creativa e ri-vitalizzante. Quando ci sentiamo arrabbiati dobbiamo considerarci come portatori di una centrale energetica alquanto abbondante, dobbiamo imparare ad usarla bene e ciò genererà una soddisfazione speciale. La rabbia è un veleno che sentiamo di voler usare contro qualcuno o qualcosa, ma se invece la usiamo per distillare una ‘medicina interiore’, ciò ci rende più forti e capaci di ottenere un  giusto riscatto (importante per l’autostima), e di esprimere la rabbia in modo giusto, per una giusta soddisfazione.

La rabbia potrebbe essere repressa, rimossa, occultata in qualche ‘zona d’ombra’ dell’inconscio. Ciò genera un penoso senso di frustrazione e  impotenza, al fine la rabbia può rivolgersi inconsciamente contro se stessi, con un calo dell’autostima e poi anche con uno stato depresso e con disturbi dell’umore.

Ma  la rabbia, sia che venga manipolata, repressa, o abitualmente espressa a causa di un carattere impulsivo o collerico, può anche esplodere in modo inappropriato, con conseguenze  assai pericolose. La rabbia può essere agita con acting out (passaggio inconsulto dall’ideazione all’atto)o anche con premeditazioni aberranti, fino a diventare rabbia criminale, agita con piani e macchinazioni delinquenziali.

Ci si arrabbia perché si sente di essere stati feriti, offesi, umiliati, ma spesso la reazione rabbiosa può diventare squilibrata e micidiale, fuori controllo, spropositata e sproporzionata.

La rabbia per motivi passionali, per giunta ancorata a credenze e convinzioni misogine, misandriche, omofobe è un fenomeno agghiacciante che, tuttavia, cova nelle patologie di Eros e invade i deliri di gelosia, le fantasie di vendetta e di rivalsa, la brama di possesso. In questi casi la rabbia diventa  un veleno di odio e di livore che trae le sue origini dal mondo infero di Eros, dal lato oscuro dell’amore e delle passioni.  E’ alquanto insufficiente la ricerca di un antidoto, se ci si limita alla condanna, allo sgomento e alla solidarietà che accompagna orrendi fatti di cronaca, che colpiscono quotidianamente soprattutto le donne.   Non basta neppure acuire le misure di sicurezza e di dissuasione con l’inasprimento delle pene e della criminalizzazione. E’ necessario anche ‘terapizzare la rabbia’, fare in modo che essa venga riconosciuta ancorché è repressa, o fantasticata, così che possa essere elaborata e finanche convertita in un’energia ricostituiva e riequilibrante. Non la si può quindi semplicemente neutralizzare e reprimere è necessario convertirla entro un campo espressivo terapeutico.

In termini psicoanalitici il vero profondo bersaglio della rabbia che si esprime nelle relazioni amorose, anche quando si esprime in modo ‘naturale’ – come litigio, alterco, ‘incazzatura’… trae  la sua linfa da esperienze affettive alquanto pregresse, e cioè dall’infanzia.

Dice Hugh Jackman (attore australiano):

Quando avevo otto anni i miei genitori si sono separati. Sono rimasto con mio padre e i miei quattro fratelli, tutti più grandi. Ma io volevo mia madre. Anche se la odiavo per avermi abbandonato. Mi sono chiuso in me stesso, mi nascondevo da tutti, non parlavo più. Ma il vero momento di crisi è arrivato qualche anno più tardi. Mi sentivo sempre fuori posto: in famiglia, a scuola, all’università. Ero un ragazzo molto arrabiato. Ce l’avevo con la vita, con mio padre, con tutto.

La rabbia che si prova verso un partner, per un abbandono, per gelosia, per rivalità, a prescindere dal suo acuirsi o dal suo restare repressa, deriva da questioni inconsce, regressive, legate ad una rabbia primaria che si è vissuta nell’ambito parentale, dalle prime cure materne, alla relazione con il padre, i fratelli, e l’ambiente socio-educativo. La rabbia che il bambino è incapace di esprimere e di elaborare viene rimossa, e il rimosso può poi ritornare, riemergere in una relazione passionale adulta. D’altra parte se non agisse una rimozione vi sarebbero difese nevrotiche e psicotiche più gravi, di carattere psicotico, dissociativo, autistico, schizoide. Da ciò deriverebbero anche i disturbi di personalità inerenti la sfera delle relazioni affettive, di carattere narcisistico, borderline, isterico-istrionico e finanche psicopatico/antisociale. Ma a prescindere dalle etichette psichiatriche diciamo che la rabbia è tanto più cattiva, quanto più ha un sottosuolo inconscio che non è stato bonificato. L’afflizione e il dolore dell’abbandono, o di un male subìto nell’infanzia, possono tradursi  in rabbia malefica entro quadri più o meno  nevrotici, psicotici o psicopatici. Da ciò può svilupparsi la ‘cattiveria’ che ha motivazioni inconsce, ma anche obiettivi consci, per cui il soggetto trasforma la rabbia in cattiveria al fine di trarre vantaggi per sé a discapito degli altri, in modo egoistico, prepotente, delinquenziale. Quindi seppure vi sono ragioni profonde per le quali si diventa cattivi, queste non possono essere considerate come giustificazioni, in quanto provocano dolore e sofferenza negli altri.

La cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via.
(Ryū MurakamiTokyo soup, 1997)

Affinché la rabbia non generi cattiveria va terapizzata. Chi sente di essere arrabbiato deve evitare di diventare cattivo, pur avendo ragione di essere arrabbiato ha bisogno di elaborare e orientare la sua rabbia in modo giusto e legittimo, altrimenti passerà dalla parte del torto, il suo bisogno di giustizia lo porterà a distruggere e ad essere distrutto dalla sua stessa ingiustizia. Bisogna usare la rabbia prima di essere usati da essa. Nel veleno della rabbia c’è anche un principio curativo – ciò è tipico di quasi tutti i farmaci che spesso si traggono da sostanze velenose –  ed è questo principio che bisogna distillare con corrette metodologie e tecniche, per guarire e per avere una vera giustizia.

Bisogna dunque analizzare la rabbia, studiarla e non considerarla semplicemente come una cosa negativa da reprimere o dalla quale si finisce con l’essere posseduti.

Melanie Klein aveva individuato come la rabbia nei neonati e poi nella prima infanziasia una componente essenziale dello sviluppo psicologico ‘normale’ (si veda Aggressività, angoscia, senso di colpa (1927/1952). I bambini vivono fantasie di rabbia devastanti, praticamente psicopatiche, che la Klein indica come ‘schizoparanoidi’ nella dinamica ‘seno buono’ – ‘seno cattivo’. La madre viene vissuta dal neonato come buona quando soddisfa tutti i suoi bisogni, ma se il neonato avverte anche solo un minimo disagio, ad esempio un mal di pancia, una sensazione di fame o di sete, non immediatamente soddisfatta si arrabbia e odia la mamma ritenendola ‘cattiva’ e fantastica di punirla e di distruggerla. Poi però, in uno sviluppo normale subentra la ‘fase depressiva’, per cui il neonato si pente della sua distruttività verso la madre e vuole ‘riparare’ . Si tratta di un conflitto evolutivo ‘normale’ tra odio e amore che può lasciare tracce più o meno importanti, e talvolta psicopatologiche, nel carattere di un individuo e quindi con pesanti conseguenze nella vita adulta, quando ad esempio la fase schizoparanoide viene rivissuta inconsciamente nei confronti di un partner.

Il bambino ‘normale’ vive intensi sentimenti di rabbiosa gelosia e invidia verso i genitori. I problemi nascono quando questo normale esperire la rabbia viene bloccato o punito eccessivamente o in modi ambigui. Ogni bambino piccolo, a causa delle sue normali frustrazioni biopsichiche, nutre un certo odio verso chi ama, e questo genera senso di colpa, bisogno di essere punito e al fine nuova rabbia. Fortunatamente, attraverso il gioco il bambino può ‘abreagire simbolicamente’ la sua rabbia, cioè farla emergere dal rimosso, dal tentativo di repressione senza sfogo, e dargli invece un sfogo distruttivo/creativo, ovvero che  consente anche un’ elaborazione e una riparazione con lo sviluppo di sentimenti d’amore e il superamento del senso di colpa. In effetti il senso di colpa nasce e si radica nell’inconscio quando si è provato un forte odio verso le persone amate – i genitori – colpevoli in misura maggiore o minore di non aver compreso i bisogni affettivi del bambino. Al fine di uscire dalla spirale di rabbia e senso di colpa i bambini distruggono giocattoli, fanno a pezzi le bambole, si divertono a mettere in scena mostri e aggressioni che hanno una violenza inaudita, ed in tal senso possiamo comprendere anche la funzione psicologica delle fiabe, piene di divoramenti, rapimenti, tormenti, assassinii, malefici che, tuttavia sono necessari affinché il pathos si risolva e si rivaluti nel lieto fine.

Ma i miti e le fiabe insegnano che il demone della rabbia è anche una forza sovrapersonale, che non dipende solo dal proprio vissuto individuale.  La rabbia ha una radice archetipica che è parte dell’inconscio collettivo nel quale è immerso ogni inconscio individuale. Nei termini della psicologia archetipica di Hillman (che rielabora la psicologia junghiana) possiamo dire che si viene invasati dalla rabbia come se questa fosse un’entità, una ‘personizzazione’ che aleggia da sempre nell’anima del mondo, e che quindi può impossessarsi dell’inconscio e della volontà degli individui. La rabbia divampa tra gli esseri umani e poiché in ogni essere umano c’è una polveriera, un deposito di armi di distruzione di massa, può accadere e accade che una miccia si accenda e faccia saltare tutto. D’altra parte è necessario che vi sia uno sfogo, che quindi qualcosa possa esplodere, ma ciò dovrebbe diventare una sorta di ‘motore a scoppio’,  deve cioè avere una funzionalità vitale evolutiva, piuttosto che mortale e regressiva. D’altra parte la psiche umana ha bisogno naturalmente anche di patologizzare, di regredire, di soffrire affinché possa costituirsi, possa vivere… tuttavia se il patologizzare diventa rabbia cattiva, che fa male ad altri in modo ingiusto e delinquenziale essa va terapizzata sul nascere, diagnosticandola come un sintomo che non è solo segno di malattia, ma anche di una salute che può essere recuperata.   Tuttavia spesso accade che lo sfogo non è possibile perché la rabbia resta repressa nell’inconscio al punto che la persona non riesce a riconoscere che prova rabbia, non la sente, ma questa c’è e genera frustrazione, calo dell’autostima e quindi depressione. In buona sostanza la rabbia non riconosciuta ed elaborata si trasforma in subdola rabbia verso se stessi, fa sentire ‘sbagliati’, difettosi, e persino negativi, e quindi insicuri e depressi.

“Dio non è debole…È Giusto” (disegno di Vito Vitulli)

Ricordiamo tutti la rabbia di Gesù quando cacciò i mercanti dal tempio. Era una rabbia ‘sacrosanta’, appunto, ma anche ben diretta e ben espressa, utile, giusta, sana. L’ira di Dio e degli dei, ha una funzione riparatoria, fondativa, demiurgica, terapeutica. Fu la rabbia di Dio verso le trasgressioni di Adamo ed Eva, che ci condannò ad essere mortali, ma in ciò essa ci rese anche umani, consentendoci la scelta di una coscienza e di un regno dell’anima che è terra di mezzo tra la natura e lo spirito, tra gli animali e gli dei.  Arrabbiarsi è divino, ed è animale, ma gli umani possono confrontarsi con la rabbia in modo differente, ovvero, entro certe condizioni di conoscenza, possono cedere alla rabbia distruttiva, oppure possono arrivare a riconoscerla e a orientarla in una direzione costruttiva e, finanche terapeutica. Può diventare essenziale in una psicoterapia che un paziente riconosca la sua rabbia e gli venga fornita una possibilità di esprimerla (abreagirla) in modo simbolico e bioenergetico. Anche le diverse forme di arte terapia, teatro terapia, psicodramma possono consentire questo tipo di espressione che consente di ‘abreagire’ la rabbia, cioè di farla riconoscere ed emergere dal ‘rimosso’, dai condizionamenti censori dell’infanzia, come dai vissuti attuali. La rabbia allora può diventare risanante, giacché questa è la sua funzione naturale in senso evolutivo,  ma diventa pericolosa quando la si soffoca e la si sente spingere dentro di sé come una’energia che può divenire furente e devastante. La rabbia è come il vapore di una pentola a pressione che serve a cuocere del buon cibo, ma la pentola ha bisogno della valvola di sfogo e di determinati parametri di sicurezza, altrimenti diventa una bomba. Non è la rabbia in sé dunque che è pericolosa, è pericolosa quando non viene compresa ed espressa nel modo corretto e funzionale.

In buona sostanza non arrabbiarsi mai, dichiararsi ‘inarrabiabili’ paventa comunque un’energia temibile, tanto più quanto viene repressa e occultata sotto forma di una strana gelida calma, una imperturbabile disumanità. Le persone troppo tranquille possono risultare un po’ inquietanti, come se avessero qualcosa di strano, e, in qualche modo sembrano non volersi assumere alcuna responsabilità, sono reticenti ad ogni autocritica, all’autoironia, a comprendere bonariamente le debolezze altrui e di se stesse ed esprimono una qualche ‘vibrazione antilibidica e diserotizzante’.

E’ alquanto difficile e imbarazzante avere a che fare con continuità e vicinanza con qualcuno che sembra non possa arrabbiarsi mai, sopratutto è assai improbabile che si assestino sentimenti di amicizia e di fiducia profondi e duraturi, in quanto accogliersi, comprendersi, vuol dire accettare entro certi limiti l’aggressività dell’altro e in modo reciproco.

Come Erich Fromm osserva nel suo celebre saggio Anatomia della distruttività umana, (1973)e così anche   Konrad Lorenz in Il cosiddetto male, (1963) l’aggressività è fondamentale per lo sviluppo delle specie animali e nella natura/cultura umana,  ha una funzione evolutiva; cosa che si evince anche nel senso etimologico della parola ‘aggressione’,  che vuole dire ‘andare avanti’, in opposizione alla ‘regressione’: ‘andare indietro’. La pulsione di vita, e quindi la sessualità, presumono un’energia aggressiva condivisa tra i partners, capace di convertire in eccitazione ed eros. La rabbia è anche la conseguenza di una castrazione dell’aggressività sessuale, ma se è terapizzata in modo bioenergetico e simbolico può risvegliare l’aggressività necessaria alla pulsione sessuale. Anche l’affettività in una coppia si consolida nella misura in cui è possibile esprimere la rabbia, entro un contenimento che consente la conferma della fiducia e della relazione affettiva (vedi il testo che segue del Dr. Aruta).

La rabbia è un’emozione negativa quando si sviluppa in modo regressivo, ancorato a complessi infantili, o a fattori ideologici ed archetipici dai quali si viene posseduti, indemoniati, agiti in complicità con le spinte distruttive ed egoistiche dell’Io che invidia, manipola, umilia, deruba, violenta, uccide.

Affinché tutto ciò possa essere terapizzato in modo preventivo e trasformativo non è possibile disattivare la rabbia regressiva solo reprimendole, coercizzandola e deprecandola, bisogna invece attivarla nella sua naturale istintualità aggressiva, attraverso azioni simboliche e bioenergetiche che le consentono di esprimersi e quindi di prevenire e deviare intenti e fantasie più o meno disfunzionali, delinquenziali criminose.

Ecco come l’ironico Charles Bukowski ci fa riflettere sulla rabbia:

La maggior parte della gente era matta. E la parte che non era matta era arrabbiata. E la parte che non era né matta né arrabbiata era semplicemente stupida.
(Charles Bukowski, Pulp, 1994)

Siamo quindi giunti ad un paradosso che vale la pena approfondire e praticare nella ricerca e nella clinica: la rabbia per essere curata deve essere impiegata come energia che cura.

Se provi rabbia verso qualcuno o qualcosa prova a parlarne con uno psicoterapeuta e in modo più specifico consultati per la possibilità di seguire una terapia bioenergetica. La rabbia può diventare un’emozione pericolosa, fino a provocare azione orrende, persino verso chi si ama e si crede di odiare…  Ciò può distruggere la vita di altri  e la tua, lentamente, inesorabilmente, covando una tensione costante e serpeggiane, oppure può scoppiare in pensieri e  azioni incontrollabili, micidiali quanto disumani e mostruosi, che si verificano come accessi improvvisi o anche come vendette premeditate e deliranti.

Lunghi stillicidi di sofferenza strisciante, nonché orrendi delitti e conseguenti castighi possono essere evitati se  si capisci più profondamente cos’è  la rabbia, da dove viene, perché c’è in noi e intorno a noi, e se si impara a convertirla attraverso tecniche specialistiche in energia vitale, si potrà trovare una fondamentale via di crescita personale, di evoluzione e persino di gioia e amore.

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 Libro rabbia
La rabbia è un’emozione universale che a tutti capita di provare ogni tanto ma, a volte, può accaderci di non riuscire a tenerla sotto controllo rischiando di mandare all’aria la nostra vita.
L’autrice, una psicoterapeuta che da anni conduce laboratori sulla trasformazione della rabbia distruttiva in energia utile, illustra con parole semplici e con le storie dei suoi pazienti perché alcuni si fanno travolgere da quest’emozione, quali ferite antiche la nutrono, cosa accade nella coppia, nel rapporto con i figli e con il proprio corpo quando siamo governati dalla collera.
Numerosi test vi aiuteranno a capire che tipo di rabbia provate, quanto conflitto c’è nella vostra coppia, cos’è la violenza psicologica, perché il corpo si ammala di rabbia, se siete assertivi e se agite consapevolmente nella vostra vita.
Nel libro troverete indicazioni e suggerimenti perché questa potente energia psichica trasformata vi dia la forza per vivere pienamente i vostri sogni e desideri; imparerete a sviluppare l’attenzione consapevole, detta mindfulness, colorando i mandala che troverete nel libro, e interpretando il loro significato grazie al test dei colori. Infine imparerete a scrivere favole per descrivere la vostra rabbia e ne conoscerete i significati nascosti (Monica Morganti).
www.monicamorganti.com/libri/gestire-la-rabbia
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Rabbia, collera, furore – psicoterapia bioenergetica

Dr Cosimo Aruta – Psicoterapeuta

Il corpo rivela la storia dolorosa della vita di un individuo attraverso le scissioni che separano i più importanti segmenti corporei: la testa dal tronco, il bacino dal torace. L’integrità della personalità non può essere restaurata solo con sentimenti teneri come il pianto. L’emozione che guarisce è la rabbia (se la si comprende nel senso ‘bioenergetico che qui spieghiamo).

Tutti possediamo rabbia repressa, nella misura in cui da bambini non abbiamo avuto l’opportunità di esprimerla. Questi sentimenti possono trovare espressione nella stanza di psicoterapia bioenergetica, uno spazio sicuro perché il corpo recuperi la sua vitalità e la sua unità. Occorre superare per gradi le difficoltà a esprimere la rabbia in modo efficace e appropriato; in mancanza della capacita di esprimere la rabbia adeguatamente, l’individuo nella vita sarà vittima o carnefice. La rabbia è un’emozione presente nella vita di tutte le creature viventi, indispensabile per proteggere l’integrità fisica e psicologica dell’organismo. In sua assenza si è indifesi contro gli attacchi dell’ambiente. I cuccioli delle specie più evolute non sono in grado di esprimere la rabbia perché non possiedono ancora la coordinazione motoria necessaria, in particolare il cucciolo d’uomo, che necessita di un lungo periodo in età evolutiva per conquistare questa capacità. Tuttavia, nei primi periodi di vita, il bambino morde con le gengive il capezzolo della madre per evitare che possa essere ritirato dalla sua bocca. Si tratta di una forma antica di espressione rabbiosa. Mordere è chiaramente un’espressione di rabbia, come molte mamme sanno. Crescendo il bambino migliora la sua coordinazione motoria e così aumenta anche la sua capacità di esprimere la rabbia.

Sia la rabbia che la paura appartengono entrambe a quelle che vengono definite emozioni di emergenza: attivano il sistema simpatico-surrenale in modo da fornire un surplus di energie, necessario a lottare o a fuggire. Davanti ad uno stimolo pericoloso il sistema muscolare si carica e si attiva in vista dell’azione. A seconda delle situazioni possiamo attaccare la fonte del dolore o ritirarci e fuggire dal pericolo.
Le due emozioni si manifestano nel corpo in modo opposto:

  • il movimento all’insù lungo la schiena, lo stesso che fa drizzare il pelo ai molti animali, unito al movimento in avanti della testa e alla contrazione verso il basso delle spalle, rappresenta la preparazione a un assalto;
  • il movimento in giù, come nel cane con la coda in mezzo alle zampe e con l’anca retroversa, allontanando la testa e il torace dalla fonte di pericolo, rappresenta la preparazione alla fuga. Esprimere la rabbia scioglie la paura, come esprimere il pianto scioglie la tristezza.

La rabbia è una reazione naturale alla sofferenza e al dolore, come quello provocato da una profonda ingiustizia, serve a sostenere l’integrità di un individuo in condizioni particolari. Nel bambino, se la rabbia non è in grado di proteggere il piccolo nella sua integrità, gli rimarrà solo il pianto come espressione. Si troverà indifeso contro situazioni traumatiche. Dovrà retrocedere, infatti la rabbia è una funzione aggressiva che significa andare verso, l’opposto della regressione, che significa appunto retrocedere. In psicologia la rabbia è l’opposto della passività: un atteggiamento che immobilizza. Possiamo andare verso un’altra persona per amore o per rabbia, sono entrambe azioni aggressive e positive per l’individuo. Non ci arrabbiamo con persone che non sono importanti per noi o che non ci hanno provocato dolore. L’emozione della rabbia diretta verso persone significative è funzionale al movimento per ristabilire una relazione positiva (a patto che non si trasformi in agiti di collera e furore, i quali, come spiegheremo tra poco, esprimono una carica effettivamente pericolosa e distruttiva).

Dopo un litigio con una persona che amiamo, abitualmente si recuperano i sentimenti positivi. Wilhelm Reich, in un seminario a casa sua, nel 1945 (Lowen 1994) affermò che la personalità nevrotica si sviluppa solo quando è bloccata la capacità nel bambino di esprimere rabbia nel momento in cui la sua personalità subisce un attacco. Sottolineò che la frustrazione di un movimento teso al piacere porta al ritiro dell’impulso, e ciò crea una perdita di integrità nel corpo. Questa integrità può essere restaurata solo attraverso la mobilitazione dell’energia aggressiva e della sua espressione in forma di rabbia.

Se un individuo non è in grado di arrabbiarsi, si blocca in una posizione di paura. Rabbia e paura sono due emozioni antitetiche, quando si è arrabbiati non si è spaventati e viceversa. Quando una persona è molto spaventata si può supporre che nella sua personalità sia presente una quantità uguale di rabbia potenziale repressa.

Per definire la rabbia l’emozione che cura e non distruttiva, occorre distinguerla
dall’accesso di collera e dal furore.

  • L’accesso di collera è un’azione distruttiva, tende a fare male e danneggiare un’altra persona. Il suo attacco si rivolge principalmente contro un individuo innocente, indifeso, o contro un bambino. E’ esplosivo, non può essere controllato quando si scatena. La collera si espande quando una persona sente che il suo potere è ostacolato o frustrato. Un bambino che contrasta ostinatamente una richiesta del genitore, può attivare in lui un accesso di collera diretto a spezzare la resistenza del bambino, che sarà costretto a sottomettersi. Il sentimento di impotenza del genitore, che lo accende terribilmente, risale a quando lui stesso da piccolo era costretto a sottomettersi e la paura lo paralizzava. La rabbia repressa diventa ora collera e viene agita su un soggetto debole e indifeso che non gli fa paura. Se un bambino viene crudelmente maltrattato, la rabbia che sarebbe normale sentire viene sepolta sotto una montagna di paure e diventa collera omicida. In terapia è importante che la scarica di questa carica omicida avvenga in un ambiente protetto, in modo che il paziente si liberi della collera e possa esprimere, successivamente, una rabbia genuina.
    Nel corso della psicoterapia bioenergetica i pazienti con questa necessità, tra i tanti esercizi espressivi, sono incoraggiati a percuotere un cubo in stoffa con i pugni o con un bastone, ciò che subito emerge é proprio questo tipo di collera, non la rabbia. In una fase iniziale è normale per il paziente presentare una certa resistenza a far partecipare i sentimenti mentre si scagliano i colpi. Con la gradualità di cui ogni essere umano ha bisogno, egli inizia a lasciarsi andare e i colpi fluiscono più violentemente e velocemente, come se volessero fare a pezzi, distruggere il cubo. Quando non è integrata con l’Io, si tratta di un’azione isterica, priva di efficacia. Spesso le persone non sono consapevoli verso chi è diretta la loro rabbia e queste espressioni non rappresentano atti utili per la scoperta di sé, ma comunque necessari per scaricare una quantità di furore represso. Sono azioni catartiche e rappresentano una valvola di sicurezza perché sfogano il “vapore” del furore. Con il progredire dell’azione terapeutica sia sul piano analitico che su quello fisico, il paziente potrà entrare in contatto con le ragioni della sua collera, i colpi saranno più efficaci e l’azione diventerà egosintonica.
  • Il furore è un sentimento estremo di rabbia, una rabbia di intensità superiore. Si esprime come una tromba d’aria che distrugge tutto ciò che incontra sulla sua strada. La paura del proprio furore potenziale congela una persona.
    Questo sentimento estremo può bloccare il corpo in uno stato catatonico, congelato, come difesa estrema contro la messa in atto dell’impulso omicida del furore.

Questa caratteristica del congelamento è l’aspetto fisico dell’odio. Odiamo solo quando abbiamo amato profondamente qualcuno che ci ha tradito. L’odio può essere anche proiettato su altri con i quali non si ha nessun rapporto intimo o di altro tipo, per effetto di una difesa dell’Io conosciuta come proiezione: proiettiamo su altri ciò che odiamo di noi stessi e/o di persone significative che vogliamo proteggere e che abbiamo introiettato. Lo stato di congelamento può essere modificato solo con il calore, specificamente il calore della rabbia. Ma questa reazione naturale viene soppressa dalla maggior parte dei bambini, molti genitori insegnano presto a frenare la rabbia, rappresentandola come un’emozione inaccettabile.

“Sono fermamente convinto che se ai bambini venisse consentito di esprimere la collera verso i genitori tutte le volte che sentono di avere un risentimento legittimo, vedremmo molto meno personalità narcisistiche”
(Alexander Lowen, Edizioni Feltrinelli, Il narcisismo p. 143).

Il bambino che ha paura di esprimere rabbia nei confronti dei genitori diventa un adulto paralizzato. La rabbia repressa non scompare, può “deviare”verso soggetti deboli, oppure incistarsi nel corpo creando contrazioni muscolari croniche che inibiscono l’azione e creano sofferenza muscolare e articolare. La rabbia è una forza vitale positiva che possiede grandi proprietà curative. Una persona a me cara, in età matura, riuscì ad esprimere una rabbia sepolta da decenni nei confronti di propria madre. Scomparve una forma di lombalgia che le produceva sofferenza fisica da tempo immemorabile. La terapia tende a ristabilire la capacità della persona di sentire ed esprimere rabbia come risposta naturale a situazioni che colpiscono o minacciano l’integrità o la libertà. Molte persone hanno validi motivi di sentirsi arrabbiate per quanto hanno subito da bambini. Anche quando questo fatto emerge nel corso della terapia e diventa consapevole, la rabbia non fluisce liberamente perché non è stata sufficientemente sciolta la tensione muscolare che la reprime. I movimenti si presentano meccanici e scoordinati. Un’emozione è sperimentata solo quando tutto il corpo è impegnato nell’azione. Ad esempio, nell’esercizio citato di percuotere un cubo o un cilindro, l’allungamento delle braccia sopra la testa deve essere estremo, in modo da iper-estendere gli arti superiori al punto di giunzione con le spalle. Alexander Lowen lo descrive come “afferrare il fulmine”. Il movimento dovrà essere radicato, partire dal suolo, con il corpo incurvato come un arco, ancorato in basso dai piedi e in alto nei pugni o nella presa, se l’esercizio è eseguito con un bastone. Solo in questo modo l’atto di colpire è un movimento che fluisce liberamente, la forza muscolare è direttamente proporzionale al grado di allungamento dei muscoli coinvolti. L’escursione articolare si realizza spontaneamente quando le tensioni muscolari che la limitavano sono sciolte. Si tratta di un lavoro bioenergetico che richiede il tempo necessario.

La capacità di contenere la rabbia è il corrispettivo della capacità di esprimerla. Il controllo cosciente necessario al contenimento è direttamente proporzionale alla coordinazione e alla fluidità dell’azione che esprime la rabbia. Una persona non può sviluppare la capacità di controllo a meno che non sviluppi anche la capacità di espressione. I bambini sani sono pronti a sentire rabbia e a esprimerla immediatamente quando provano dolore o sono frustrati. Crescendo si può contenere la rabbia quando sia opportuno, e non scaricarla immediatamente (acting out), oppure può essere espressa attraverso uno sguardo o con le parole. Contenimento e controllo si sviluppano quando si impara a sopportare una forte carica prima di scaricarla, una capacità tipicamente adulta. I bambini non hanno la forza dell’Io e lo sviluppo muscolare necessari a sostenere una forte eccitazione, la loro rabbia esplode immediatamente. Gli adulti, al contrario, devono avere la capacità di trattenere la rabbia fino a quando siano disponibili un tempo e un luogo appropriati per la sua espressione. Ad esempio, due genitori possono scegliere di trattenersi davanti ai bambini e scaricare la reciproca rabbia quando sono soli e in un luogo appropriato. Gli esercizi bioenergetici hanno anche l’obiettivo di favorire questa capacità adulta. L’individuo nel corso dell’esistenza può trovarsi contemporaneamente genitore e figlio, con ruoli distinti e con compiti di sviluppo sia come figlio che come genitore. I compiti di sviluppo richiedono consapevolezza di sé, delle proprie vulnerabilità, delle proprie risorse. Spesso l’amore che le persone ritengono di provare per i genitori non deriva dalla gioia e dal piacere, ma è frutto di sensi di colpa. Quando i genitori offrono libertà ai loro figli, riceveranno da loro un amore autentico; solo i genitori che provano gioia nella relazione con i figli possono dare l’amore che favorisce la crescita del bambino verso la sua autentica realizzazione. Non si può provare gioia in una relazione nella quale non è consentito essere se stessi. In psicoterapia si consiglia sempre ai pazienti di non agire i sentimenti negativi che provano nei confronti dei loro genitori. L’acting out non è né appropriato né utile. I traumi subiti da bambini appartengono al passato e non possono essere riparati da azioni compiute nel presente. Il passato non può essere cambiato, ma la terapia può liberare la persona dalle restrizioni e dalle limitazioni del suo essere, che sono la conseguenza dei traumi passati. Nel setting terapeutico le limitazioni possono essere ridotte liberando ed esprimendo gli impulsi che sono imprigionati. Un individuo che sia fisicamente e psicologicamente menomato dalla repressione indotta dai suoi impulsi naturali, diventa libero e gioioso quando il suo corpo riacquista libertà e armonia. Tale persona può amare veramente e può sentire realmente un certo amore per i genitori che lo hanno maltrattato, ma che gli hanno anche dato la vita. (Alexander Lowen, Astrolabio Editore, Arrendersi al Corpo,  pag. 114). Quello che i genitori non ci hanno dato a suo tempo non lo possedevano. Non si può chiedere a qualcuno quello che non ha. I sentimenti teneri e amorevoli gli sono stati a loro volta scippati dalla vita.

 

 

Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Mediatore Familiare
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147

Il Dr. Pier Pietro Brunelli e il Dr. Cosimo Aruta collaborano nella pratica clinica. Sulla specifica problematica della rabbia hanno messo a punto seminari e consulenze, formative e terapeutiche, individuali e di gruppo, con modalità analitiche e tecniche  di convergenza tra psicoterapia junghiana e bioenergetica.

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43 Comments

  1. Valentina Ottobre 28, 2016 at 3:24 pm

    Salve, ho trovato quest árticolo veramente interessante! Sono vari mesi che soffro di ansia e attacchi di panico, con sintomi psicosomátici anche gravi che ogni volta mi fanno ritrovare tra dottori e pronto doc corso. Le mie crisi diventano sempre piu forti.Ho iniziato quindi a fare lunghe passeggiate, dello yoga e a meditare. Proprio durante una meditazione in campagna, mi sono resa conto che dietro il mio malessere c era una rabbia infinita verso mio marito e la sua famiglia. Ho incominciato a gridare nel vuoto -VI ODIOOO- e un senso di liberacione mi ha invaso. Ovviamente ci devo lavorare molto su, pero almeno ho capito qualcosa! Avete qualche consiglio da darmi? Grazie e saluti

    • Pier Pietro Brunelli Novembre 4, 2016 at 4:15 pm

      Credo che le farebbe bene un po di terapia BIOENERGETICA, o anche solo di partecipare ad una Classe di esercizi bioenergetici. Vi sono poi forme di teatro terapia, o anche solo di teatro che consenta di esprimere le emozioni che sono di grande aiuto per poter riconoscere e riorientare la rabbia in modo riequilibrante.

  2. Grimorio Luglio 25, 2016 at 9:42 pm

    Sono tutte belle parole, ma le sbarre rimangono, mobizzato da dieci anni sul lavoro (come funzionario pubblico mi rifiuto di firmare appalti irregolari e poi non mi danno nulla da fare, oltre a insulti e altre cose, nessuno mi parla assieme mangio da solo ecc.), vivo con un padre 92enne che assorbe ogni mia energia residua, depresso cronico, lo servo e in compenso ricevo solo maledizioni, la famiglia di mio fratello se ne disinteressa, dieci anni che non ho 3 giorni per me. Quando, per sbaglio, parlo con una donna appena percepisce che non vivo da solo, scappa. Sono dieci anni che vado avanti così e questo ferragosto me lo passo di nuovo in città da solo col vecchio. Ora ho 52 anni, le mie speranze di avere una mia famiglia sono definitivamente svaporate (successero varie cose contemporanemante mia madre morta tumore ai polmoni, mio padre impazzito per il dolore, il mobbing, e una donna che appartenendo a una specie di setta cattolica mi ha fatto perseguitare) e, a questo punto, “quando vivrò da solo” possono anche andare un pò a fare i culo ‘ste zoccole, perchè a gli altri non fanno mai nessun problema, si prostituiscono anche per gli altri, ma io non vivo da solo. Seguo una terapia farmacologica per contenere la rabbia, faccio sport e saune per scaricare, evito i mezzi pubblici, specialmente la metropolitana perchè rispondo a ogni provocazione e divento cattivo (avere “ragione” in un diverbio non vuol dire nulla e poi è logico che mi si appiccicano queste situazioni), la psicoterapia non funziona dopo 5 minuti passa l’effetto e cmq non ho tempo per le sedute e poi questi appuntamenti ad ore lavorative assurde. Devo incidere sul concreto, o mi spendo tutto in badanti per pensare di avere 5 minuti liberi e comunque “non vivo da solo”, o faccio il boia e lo metto al ricovero (si fa morire, giò l’ha detto), già si è fatto il lager in guerra, oppure mi tiro un colpo in testa e buonanotte perchè augurarsi che muoia il proprio padre è veramente da infami. Mi rimane poi sul groppone una diagnosi che mi impedisce ogni azione legale e questo aumenta la mia rabbia perchè con una formazione giuridica altre strade non le accetto, ma quello che mi fa venire il sangue agli occhi è che ho studiato tutta la vita per fare questa vita meschina solo come un cane e vedere gli stronzi che prolificano, piu’ sono persone negative e piu’ cose belle gli succedono, sicuramente il ferragosto se lo passano su qualche spiaggia in compagnia, mentre io muoio, anzi sono già morto da un punto di vista biologico considerato che non mi posso riprodurre. Grazie per l’attenzione e scusate perchè penso che la rabbia sia palpabile….

    • Pier Pietro Brunelli Luglio 28, 2016 at 9:48 am

      A me pare che lei avrebbe semplicemente bisogno di un po’ di psicoterapia e poi può stare molto meglio. Purtroppo in Italia non c’è ancora un’idea normale della psicoterapia, cioè la si dovrebbe considerare un po’ come il dentista… si ha male ad un dente, che si fa? si va dal dentista! – Allo stesso modo c’è una questione che psicologicamente ci ferisce, ci addolora, ci fa arrabbiare… abbiamo provato per un po’ a cavarcela da soli, leggendo, ricevendo consigli, ecc… siamo riusciti almeno a lenire un po’ le cose,? Se sì, allora ok! Ma se la situazione continua a farci star male occorre un po’ di psicoterapia… lo so che costa un po’ e mi spiace perché dovrebbe essere resa più accessibile mutualisticamente e a seconda delle fasce di reddito., ma d’altra parte anche per il dentista c’è spesso lo stesso problema… la psicoterapia comunque può essere considerata anche come un piccolo investimento su se stessi perché poi a mano amano che si sta meglio, si lavora anche meglio e migliorano le relazioni e la qualità della vita, e quello che era stato il costo sostenuto può diventare un risparmio e un guadagno. Naturalmente di pende anche da come ci si impegna e dal cercare uno psicoterapeuta con il quale ci si intende bene, perché a prescindere che sia bravo, questo è un campo ove occorre anche una certa affinità tra terapeuta e paziente. Un terapeuta bravissimo potrebbe lavorare meglio con un certo paziente piuttosto che con un altro… comunque l’importante è che un paziente voglia provare a lasciarsi aiutare con una psicoterapia, poi la via giusta la si trova. Cordialissimi saluti.

  3. letizia Gennaio 4, 2016 at 4:56 pm

    Salve! Io purtroppo so cosa significa rabbia allo stato puro. Vengo da una famiglia psichicamente inesistente, quando dovevo rivolgere aggressivita a loro, mi rispondevano piangendo e menandomi. Cinque anni fa sentivo che c era un piccolo mostro dentro di me che non mi permetteva di amarmi e amare. Ricorsi all analisi, da una signora, dopo due anni e mezzo di terapia e avendo fatto passi da gigante, ricevo un abuso psicologico da parte sua, improvvisamente cambia faccia, mi umilia, mi denigra, sapendo che avevo tutta la mia vita nelle sue mani ed essendomi aperta a 360 gradi verso di lei, sono dovuta rimanere li, subire, dentro di me non avevo alternative. Avevo rabbia ma non riuscivo a buttarla fuori. Dopodiche mi ha abbandonata, dicendomi che era colpa mia. Ho rivissuto mio padre nel suo atteggiamento. Ho avuto un crollo psichico,sono entrata in depressione, con accentuata paura della vita e la mia testa e diventata l aggressore, rabbia assoluta, un mostro con cui non si patteggia ed ha motivo di esistere. Non vedo piu vita, non riconosco piu l amore. Sono sedata con antipsicotici perche minacciavo suicidio e giusto per andare a lavoro. E una rabbia repressa che non so come buttare fuori, che cresce sempre piu e che mangia la parte sana! Sono in terapia da un altro analista, molto capace, ma io non mi fido piu, ma soprattutto non collaboro perche non voglio piu riaffrontare tutti i dolori della mia vita, sono regredita tantissimo, come se non avessi mai avuto una vita, non ricordo piu niente. Non ho una parte di me che puo aiutarmi. Ogni giorno che passa si evolve perche ripenso a me prima di andare da lei e non ero cosi, avevo voglia di vivere, di scoprire la parte migliore di me, di sconfiggere quel mostro e invece me l ha triplicato! Pensare al dolore che ho dentro mi fa arrabbiare ancora di piu e non riesco ad avere pieta’ per me. Non mi ricpnosco piu.. sono arrivata ad odiare la vita,a non averne nessun rispetto, a non sentire alcuno stimolo. Vorrei solo riassaporare un po di me, sapere che sotto ci sono e che prima di essere cio che sono diventata, ero un essere umano anch io.

  4. letizia Gennaio 4, 2016 at 3:18 pm

    Salve! Qui si parla di rabbia e so bene di cosa si tratta, purtroppo! Considerando di avere avuto alle spalle una famiglia psichicamente inesistente, mi sono caricata di tutte le mie zavorre e sono andata in analisi. Provavo rabbia, ma quella rabbia veniva restituita in amore. Il problema e’ che dopo due anni di intenso lavoro e armonia, ho subito un abuso psicologico da parte dell “analista”, con ricatti, costrizioni e pesanti parole mirate alla mia distruzione, fino all abbandono. Ho provato un immensa rabbia, che non potendo esprimerla, l ho rivolta contro di me, autodistruggendomi. Da quel momento non vedo piu la vita ed e sempre piu lontana, sono regredita tantissimo, ho un diavolo dentro di me che distrugge tutto, non accetta cose positive e non mi permette di farmi aiutare. Sono chiusa dentro me stessa con la mia stessa rabbia e non so come uscirne. Ho paura di riaffidarmi, di riscoprirmi, di ricominciare tutto da zero. Questo demone ha deciso che mi vuole distruggere e ho paura che lo faccia, non trovo una parte di me che possa controbatterlo, perche per la mia storia di vita ha ragione di esistere. Quelle frustrazioni, quel tradimento, quella sensazione di essere trattata come carta straccia, dove risiedevano i miei sentimenti, i miei sogni, le mie speranze, la mia voglia di vivere. Non riesco ad accettarlo!! Ora sono in terapia da uno psichiatra/psicologo, ma non riesco a collaborare, paradossalmente non voglio lasciare questo mostro perche se viene fuori, ho paura di cio che potrebbe succedere, non sono in grado di tenerlo. Sono sedata tramite antipsicotici, e l unico modo per alzarmi dal letto ed andare a lavorare. Non sento di avere via di uscita, sono bloccata tra la paura di vivere e di morire, di uccidere e di uccidermi.. e invredibile quanto l inconscio sia potente!

    • Pier Pietro Brunelli Gennaio 4, 2016 at 3:52 pm

      Cara Letizia

      le tecniche bioenergetiche, certe forme di teatro, l’arteterapia, oltre che un dialogo psicoterapeutico sono fondamentali per risolvere il problema della rabbia. La rabbia non è solo negativa, essa è anche una specie di disinfettante psichico che brucia molto, ma purifica dai germi. L’importante è saperla esprimere e veicolare senza che ciò si trasformi in distruttività inutile e che sviluppa ancora più rabbia. Se ci si calma un momento ci si rende conto che la miglior vendetta, tanto per incominciare, non è il perdono, ma è il ritornare a stare bene con se stessi e con gli altri nonostante qualcuno ci abbia ferito e fatto subire dei torti. Non si tratta allora di perdonarlo, ma di convertire il veleno che ci ha inflitto in un medicinale per rinforzarsi. In fondo molte medicine sono elaborate da veleni ed hanno una lorro efficacia in funzione della posologia. Ma queste cose possono essere meglio comprese parlando del proprio caso ad uno psicoterapeuta. Naturalmente ci vuole un po’ di tempo… come tutti i buoni farmaci che agiscono a fondo gli effetti si vedono dopo un po’… continua il lavoro su te stessa, forza!

  5. Alfina Ottobre 15, 2015 at 3:44 pm

    Sono una donna separata con due bimbi. Separazione avvenuta dopo 18 anni di relazione e di mia totale, forse troppa, fiducia nel partner, che è stata tradita. Ho poi intrapreso una relazione con un ragazzo che ho amato follemente, ma che mi annullava del tutto x cui storia finita dopo un anno in malo modo ( una persona che si è rivelata totalmente bugiarda ) . Ho superato la cosa , ma ogni qualvolta mi accade qualcosa che scatena in me nervosismo e rabbia,mi torna in mente lui e avrei voglia di scrivergli x ferro e aggredito. Non lo faccio x fortuna alla fine,ma vorrei capire il perché di questa mia reazione nei suoi confronti nonostante ho superato l’amore per lui.

    • Pier Pietro Brunelli Ottobre 18, 2015 at 6:50 pm

      E’ normale che un attaccamento disturbato si affievolisca solo nel tempo… questa comunque è una risposta molto semplice… con grande fatica sto preparando un manuale di auto-aiuto di prossima uscita che la potrà aiutare ad approfondire.

  6. Serena Ottobre 11, 2015 at 8:44 am

    Sono approdata qui dopo una serie di ricerche volte a capire come riconoscere i miei attuali sentimenti.
    In breve, sebbene sia molto difficile sintetizzare, attraverso un periodo di profonda crisi scatenato da un “quasi” abbandono “quasi” subito dalla persona con la quale sto da circa 11 anni.
    Molti anni insieme senza una reale progettualità a causa di importanti problematiche lavorative (io ho appena concluso un dottorato molto frustrante, lui è stato a lungo disoccupato e senza prospettiva alcuna) e una madre (la sua) che definire ingombrante è poco. Una donna che lo ha privato e ci ha privati di ogni spazio vitale. Per amore suo e credo a questo punto per paura di ferirlo esprimendo la mia rabbia e i miei bisogni, ho represso per anni la mia frustrazione, procrastinato i miei bisogni fino al momento in cui avremmo avuto una vera chance di stare insieme come una coppia.
    Poi la svolta: si presenta un’opportunità di studio/lavoro, lui si sposta, al termine del mio ciclo di studi progettiamo di riunirci e vivere finalmente la nostra vita. Inizia la nostra relazione a distanza (circa 700 Km).
    La sua vita si riempie di nuove conoscenze, ottiene attestati di stima, torna a sentirsi vivo e fiducioso di sè e del futuro. Mi allontana. Non si riconosce più all’interno della nostra coppia. Fino al punto di invaghirsi di un’altra. Non accade nulla tra loro, ritorna nella coppia (una separazione vera non c’è mai stata).
    Ora, sono furiosa. Abbandonata, tradita, messa da parte. La mia vita si è letteralmente svuotata e mi riscopro ad essere gelosa e forse anche invidiosa della sua, di ciò che ha costruito senza di me. Mi muovo in una città fantasma popolata di ricordi, lui va avanti, io sono ferma. Vorrei trovare un lavoro, ricongiungermi a lui, riprendere lì dove ci siamo interrotti eppure al tempo stesso sento il bisogno di fare qualcosa solo per me, prima di tutto per me. Ho bisogno di me.
    Lui percepisce la mia rabbia, ma non posso sommergerlo, finirei col rovinare tutto. Quel che è accaduto non può essere cambiato, se voglio stare con lui devo superare questo dolore e questa rabbia. Come?

    • Pier Pietro Brunelli Ottobre 13, 2015 at 10:22 pm

      Purtroppo la risposta non potrà mai essere sufficiente attraverso un blog. Nell’articolo si parla di fare una terapia bioenergetica che permetta di elaborare la rabbia da un punto di vista psicologico ed anche corporeo. Sperco comunque che lei abbia la possibilità di ricercare una soluzione non solo attraverso consigli, ma anche attraverso una apparopriata esperienza o percorso terapeutico che aiuti al rilassamento, alla comprensione di fattori profondi nella relazione e in se stessi, ed anche a dare uno sfogo creativo e non distruttivo alla rabbia.

  7. Laura Luglio 20, 2015 at 10:49 am

    Bungiorno dr. Brunelli! Innanzitutto ringrazio per il prezioso e utilissimo articolo sulla rabbia e per il Suo lavoro che condivide con noi.
    Vorrei raccontare la mia esperienza personale che rispecchia tutto ciò che ho letto sopra….
    Dopo circa 3 anni di psicoteriapia iniziata a seguito di diversi lutti in famiglia, dopo un lungo percorso personale fatto di letture, farmaci e quant’altro per uscire dalla depressione e dagli attacchi di panico, mi trovo ora a comprendere quanta rabbia ho dentro di me.
    Iniziaita nell’infanzia e proseguita nell’età adulta, causata nell’infanzia da bisogni non soddisfatti di amore, sostegno psicologico e mancanza di presenza affettiva dei miei genitori e poi continuata nella ricerca di questi bisogni in persone quali amici,parenti e marito. Ad ogni abbandono la rabbia è cresciuta e lo sbaglio grande è stato quello di non esprimerla, di non buttarla fuori di me.
    Ora sono arrabbiatissima e ciò mi riporta alla depressione, al rifiuto degli altri, alla solitudine e alla chiusura e al blocco totale.
    Faccio fatica ad uscirne, non trovo una valvola di sfogo e ciò continua a farmi stare male! Mi chiedo se un trattamento farmacologico possa essere utile per riportare un pò di tranquillità nella mente.
    Grazie ancora per il Suo contributo dr. Brunelli. Buon lavoro e buona giornata.
    Laura

    • Pier Pietro Brunelli Luglio 21, 2015 at 7:54 am

      Cara Laura ,

      le risposte tipo ‘lettere al direttore’ che si trovano sulle riviste lasciano il tempo che trovano, e anzi spesso sono proprio inutile e pesino fuorvianti. &Talvolta la risposta è a portata di mano in un percorso terapeutico in atto che bisogna avere la pazienza di sbloccare. Oppure un percorso terapeutico è concluso ed è bene intraprenderne un altro. In ogni caso una risposta a certe proprie sensibilità e problemi, che abbia un senso utile, la si può ricevere solo parlandone direttamente con uno specialista. Nessuno farebbe bene a consigliarle o a sconsigliarle un trattamento farmacologico sulla base di poche righe. Posso solo dirle che la rabbia è energia, se troviamo un campo dove investire l’energia in modo creativo, con passione, ad esempio arte, sport, politica, viaggi, contatto con la natura, attività di volontariato, progetti lavorativi, ecc. la rabbia diminuisce perché l’energia viene diretta in modo sano e creativo.

  8. Martina3710 Giugno 26, 2015 at 10:02 pm

    La rabbia, bisogna anche capirla per riuscire a superarla; se ne parla anche qui https://happily.it/capire-il-perche-della-rabbia/

  9. Erbalto Febbraio 24, 2015 at 8:18 pm

    Vedo i commenti e sapevo già prima di leggerli che non ero il solo! Stasera, dopo aver accumulato dolore e sofferenza a pompa magna, mi viene da piangere e non le fermo le lacrime, le lascio vive che fluiscano. La rabbia. Cellini ne ha fatto opere di una portanza vitale. Non l’ha censurata ma solo fatta confluire in qualcosa di buono per lui e per tutti noi che ancora siamo qui a ricordarne e immergerci in così tale bellezza. Sono riconosciuto invalido dallo Stato Italiano eppure io non mi sento un diversamente abile ma semplicemente una mente diversa. Amo il mio lavoro, sono un grafico all’università, odio profondamente come mi trattano: non c’è rispetto alcuno per chi come me mette ci mette tutto in quelle costruzioni visive: amore, conoscenza, professionalità. Pronti son sempre a denigrare l’operato mai un complimento, mai. Alcuni va detto vanno oltre e regalano gioie ma la maggioranza sparge merda da mattina a sera. E purtroppo il poco di buono che ne scaturisce viene spazzato via ogni giorno da questo malsano modo di fare, di porsi. Loro sono quelli superiori e io spiego loro che la schiavitù è finita da un pezzo. Niente, fanno finta di ascoltare.Fossi un lavativo potrei anche capire ma cerco di interpretare le le loro malsane richieste e comunque di regalare un buon prodotto, diretto, d’impatto, che faccia presa….non serve…sono perle ai porci! Nella realtà di tutti i giorni non c’è alcun rispetto! E poi uno so chiede perchè si diventa rabbiosi….è come sentire ricevere calci ogni giorno. “non te la devi prendere”. “stai tranquillo” sono le frasi dei colleghi menefreghisti e conniventi….loro si fanno gli psicofarmaci, io no, io ho la rabbia, una sindrome genetica rara, l’arte, la creatività, la fotografia….faccio quel che sono e non ho maschere…..Loro sono il gregge e io il lupo che come ben sapete è animale sociale….non solitario…. Non dormo più la notte e vado a fasi….mi incazzo, ribollo, sto male, e poi mi chiedo che senso ha ….tutto questo!? Non ci arrivano….io dò loro per una misera paga qualcosa che agli studenti alla fine piace ….. nulla non serve a loro degli studenti non frega un cazzo…..loro sono lì come i peggio parassiti, non timbrano un cartellino, hanno privilegi da casta e noi che siamo tecnici subiamo ogni giorno la loro pochezza d’animo e professionale. Ogni ingiustizia quotidiana si trasforma in un grido lancinante di dolore. Ma non mi hanno ancora fatto fuori ma sono sulla buona strada…..me li trascinerò tutti in tribunale per fare assaggiare loro il sapore della rivalsa…..(un altro gli avrebbe già spezzato le ossa e sparato in bocca).

    • Pier Pietro Brunelli Febbraio 25, 2015 at 8:22 pm

      Posso esprimerle solo solidarietà, ma vera. Conosco certi mondi competitivi dove prevalgono i raccomandati e le persone quanto più sono capaci nel loro lavoro tanto più vengono sottilmente mobizzate in quanto danno fastidio ad un certo ‘sistema’. Ora però è importante dividere la giusta indignazione, che va espressa attraverso le lotte e le organizzazioni sociali che lavorano a favore di lavoratori e professionisti, da un’invasione patologica nella propria che porta poi a farne quel che si dice ‘una malattia’. Questo non va permesso perché sarebbe proprio come essere sconfitti due volte. Un artista non può mai essere sconfitto, né una volta né due, Può essere anche angustiato, ma deve dare una risposta creativa, mettendo la sua arte al servizio della comunicazione per una giustizia sociale e per una risposta anche sul piano emotivo delle persone, attraverso immagini, performance e social media. Testa alta dunque, orgoglio, fiducia in se stesso, autostima, mantenere contatti con persone che vivono gli stessi problemi, tantissime, e con gruppi e associazioni che operano sul piano creativo per una trasformazione delle coscienze. Ecco allora che non si viene sconfitti né sul piano sociale, né su quello psicologico, ma si lotta, certo si soffre anche, ma non si viene sconfitti… potranno esserci dei cedimenti, dei momenti depressivi, ma la risposta sarà ancora una volta la stessa, la creatività, la partecipazione, la ricerca delle persone oneste e solidali. Questa è la prima terapia e bisogna farsela da sé, poi è importante cercare sostegno psicologico come si può, cercando sul territorio realtà ove sia possibile lavorare su se stessi e sulla cosa più preziosa, il proprio rapporto corpo-mente, la propria vita, l’amore… questa è la sfida, e da ciò viene la forza.

  10. Marinella Luglio 29, 2014 at 6:19 am

    Magnifica questa conversazione che mi ha fatto comprendere meglio le varie sfaccettature della rabbia.
    Io provo rabbia e risentimento verso una sola persona. Verso il mio compagno di 25 anni più grande di me che, durante 16 anni, ha approfittato della mia generosità e della mia pazienza.
    Se rivedo il passato, mi sento male e mi chiedo come ho potuto e come posso sopportare.
    Le mie manifestazioni di rabbia sono viste da lui come “psiche malata”. Vorrei chiarire che la rabbia, in quanto tale, è un sentimento che non mi appartiene. E’ mai possibile che questo sentimento negativo (ma quanto negativo?) si manifesti verso una sola persona?
    Certo è che le arrabbiature lasciano segni sul fisico quali mal di stomaco e tachicardia.
    Cosa mi si consiglia di fare? “Lasciarlo” sarebbe la risposta più giusto e me ne rendo perfettamente conto … ma non ci riesco.
    Grazie!

    • Pier Pietro Brunelli Agosto 1, 2014 at 7:20 am

      Grazie a lei per l’interesse. Ma se lei vuole ringraziare anche può farlo contribuendo a condividere l’ articolo su social network come FB e ciò potrà aiutare anche altri. Saluti

  11. stefaniabragazz Novembre 6, 2013 at 11:16 pm

    Buongiorno, ho letto i suoi articoli molto molto interessanti. IO PROVO RABBIA PER MIA MAMMA, ( e’ iniziata verso i 12/13 anni) questa rabbia è dovuta ad alcuni suoi comportamenti per me poco chiari, i sui “fantastici” modi per farmi sentire in colpa….. A questo punto penso di capire perché a 45 anni dopo un paio di relazioni sentimentali andate male mi ritrovo sola ( non mi sono mai sposata), mio padre e’ venuto a mancare nel 2002 e nel 2004 sono tornata a vivere le spese in due sono più sostenibili…. Dopo pochi anni proprio non c’e’ la facevo più a vivere con le e gli comunico la mia decisione di cambiare casa…. Mi ricordo che era al telefona e mi diceva non mi abbandonare e piangeva… Sono rimasta da quella data non ho più trovato un lavoro a tempo indeterminato…sempre precari… si e’ aggiunta la crisi!!!! Forse il mio subconscio mi sabotava dato che e’ l’unico modo per non farmi prendere altre strade… ora mi continua a dire… non puoi andare via, sei senza un lavoro, in ogni modo se lo trovi e peccato… ti lavo e ti stiro ….. IO SONO ARRABBIATA CON LEI.. ma sono consapevole che e’ un mio percepito che lei conosce solo questo di comunicare ecc. Ma x me, a chi mi posso rivolgere !!!!!.

    • Pier Pietro Brunelli Novembre 10, 2013 at 10:56 pm

      Gentile Stefania, la prima cosa che le posso dire e che può sembrarle ovvia è che un consulto psicoterapeutico e successivamente un sostegno psicoterapeutico, o anche di counseling, in questi casi può aiutare davvero molto. Nel contesto famigliare , e come mi pare in una situazione come quella da lei descritta, ove nonostante incomprensioni e conflitti c’è pur sempre una base affettiva importante, i sentimenti di rabbia diventano spesso struggenti e assai diturbanti proprio perché entrano in conflitto con quelli amorevoli. Se poi il genitore è anziano e richiedente, in modo colpevoplizzante, bisogna considerare ciò come una forma di regressione e di immaturità, verso la quale occorre maturità e impegno nel guardare avanti e progredire. In pratica è come se fosse un po’ lei la madre di sua madre per certi aspetti psicologici, e allora lei dovrebbe aiutarla, ma anche mettere delle regole e delle regoline abbastanza precise (un po’ come si fa con i bambini). D’altra parte se chi vuole aiutare non pone delle regole a chi viene aiutato il rischio è quello di restare senza forze, di arrabbiarsi, sentirsi frustrato e non potere più aiutare. Perciò in sintesi, io a sua madre direi: “Cara mma , ti aiuto , però devi fare la brava, e rispettare certi accordi, che mi permettano di pensare anche alla mia vita nella giusta libertà. Anche per me è faticoso andare avanti, allora non pesare troppo su di me, altrimenti andremo entrambe indietro e io non potrei più tardi una mano per portare avanti anche te”.
      Comunque sia, se la rabbia è troppo forte è bene parlarne con qualcuno, io posso dire uno psicoterapeuta, un counselor, un assistente sociale, o comunque almeno con uan persona di saggezza (se proprio non si può richiedere un consulto psicoterapeutico). Inoltre è molto importante fare attività fisica, movimento e avere cura della propria salute nell’alimentazione, nello stile di vita, nelle relazioni. Insomma bisogna capire che nella rabbia c’è un’energia forte che si negativiza, ma se ci sforziamo di impiegare più energia nell’impegno per il nostro proprio bene, tanto più possiamo trasformare la rabbia in forza di amore e di vita. Un caro saluto – Dr. Brunelli

  12. mario Settembre 5, 2013 at 4:05 pm

    dott brunelli io sarei uno di questi mostri…mi chiedo perchè non ho letto prima il suo sito , il suo lavoro…ho distrutto una relazione bellissima con la mia compagna . e ne pago le spese adesso…rabbia…desiderio di finire la relazione e farle del male, come se l’amore fosse li dietro l’angolo…è un dono di dio e dovremmo riconoscerlo…posso solo trovare conforto in cio che dice postumo…che nefandezza…

    • Pier Pietro Brunelli Settembre 8, 2013 at 9:28 am

      Buiongiorno Mario… se ho ben compreso lei si rammarica per il fatto di non essere riuscito a contenere o a convrtire la sua rabbia in na relazione problematica alla quale lei teneva molto… tuttavia io non credo sia corretto che lei si senta totalmente responsabile per una rottura affettiva, infatti pare che lei sia stato davvero sentimentalmente coinvolto… quando siamo davvero dispiaciuti e pentiti per un errore siamo perdonati, ma soprattuto dobbiamo perdonarci e riscattarci in quanto il permanere del senso di colpa è una prosecuzione della rabbia disfunzionale dirett verso noi stessi, questo ci indebolisce e ci ostacola nel riscattarci e nel rinascere… metta via il senso di colpa e si impegni a fare cose buone per sé e per gli altri… questa è la principae cura. Va poi detto che sarebbe opportuna una terapia di questa rabbia, consentondole di esprimersi in un ambito terapeutico, attraverso tecniche apposite delle quali si parla nell’articolo. Quando c’è rabbia questa va compresa insieme ad un erapeuta, con il quale la si può elaborare ed esprimere, considerandone anche le giuste motivazioni che quasi sempre ci sono e che comunque vann esaminatei in profondità. Soprattutto va vista anche la responsabilità di chi la ha provocata, almeno in termini di incomprensioni psicologiche, di carenze affettive, di incompatibilità rispetto a bisogni interiori che non venivano percepiti o negati. Il punto è che non bisogna agire la rabbia verso l’altro, ma bisogna comunque usare questa energia all’interno di un setting terapeutico ove può essere agita in modo contenuto, simbolico, espressivo con atti che hanno un senso bioenergetico ed anche di teatro terapia. Si può immaginare una situazione ove si ha ffettivamente la possibilità – assistita d un terapeuta – di gridare la propria rabbia e persino di tirare calci e pugni, ma ad un un cuscino, un materasso, un sacco da pugilato, ecc. Può sembrare incredibile, ma queste tecniche consntono di convertire l0’energia della rabbia in un recupero dell’autostima, quindi in un superamento delle tensioni e dei sensi di colpa, e in una scoperta di nuove risorse interiori. Lei potrebe fare questa esperienza terapeutica, e direi anche con una prognosi fausta, in quanto da quanto scrive, seppure con amarezza, lei dimostra capacità e desiderio di elaborare il dolore e il rammarico in una prospettiva positiva, di recupero dei sentimenti, della consapevolezza e dell’amore.

    • marzia Novembre 13, 2014 at 5:08 pm

      salve dottore..è una di quelle sere in cui mi ritrovo ad essere giu di morale e pensare che potrei essere felice e non triste a rimurginare sul mio rapporto conflittuale(da sempre)con mio padre che non vedo da 4 anni.
      ho una bellissima famiglia,un marito che mi ama,2 figlie splendide..nonostante tutto cio sono sempre alla ricerca di qualcosa..o meglio di qualcuno.
      ho sempre avuto delle storie extraconiugali.sento sempre il bisogno di conquistare..affascinare..non so perché..
      sono i nsoddisfatta del mio rapporto coi miei genitori..mio padre non ha mai saputo fare il padre..e’ stato sempre assente e nello stesso tempo molto rigido e autoritario..voleva tutti sotto il suo dominio..mia madre compresa che è una vittima ai suoi comandi..è una donna priva di personalita’..io pero sono sfuggita al suo dominio perché comunque ho un carattere forte e reattivo..mi sono sposata presto(a21 anni) per sfuggire alla sua eccessiva autorità,ma mi rendo conto che per colpa sua non ho vissuto con spensieratezza la mia adolescenza..inoltre ha un carattere stranissimo,litiga sempre con tutti.anche per schiocchezze..si offende per nulla..con me è litigato da 4 anni e non conosce neanche sua nipote che ne ha 4..io vorrei solo riuscire a non pensare più al passato e a godermi serenamente i bei momenti di ogni giornata senza che venga assalita da questi pensieri che mi rendono rabbiosa…grazie per lo sfogo!

      • Pier Pietro Brunelli Novembre 18, 2014 at 7:21 am

        E’ importante poter avere un consulto privato con una persona esperta: Bisogna capirsi senza colpevolizzarsi. Bisogna cioè capire le cause profonde delle nostre pulsioni e della nostra affettività. Lei è particolarmente capace in ciò, infatti in poche righe mette in correlazione la sua situazione con suo padre e sua madre, il che è specifico della psicoterapia, per la quale lei risulta portata e perciò più disponibile a comprender4e e a ritrovare il suo proprio equilibrio, che non deve sempre dipendere da rigidità moralistiche, quanto dalla possibilità di fare del proprio meglio, riconoscendo i propri limiti, potenzialità e desideri nel rispetto di se stessi e degli altri.

      • Pier Pietro Brunelli Novembre 18, 2014 at 8:18 am

        E’ importante non tanto giudicare se stessi, ma comprendere le cause profonde dei propri comportamenti e desideri. Lei è molto portata per un percorso di psicoterapia armonizzante. Lo dimostra la sua capacità di fare riferimenti in poche righe alle sue relazioni con suo padre e sua madre. La psicoterapia ci aiuta ad essere noi stessi, a fare del proprio meglio con i nostri limiti e le nostre potenzialità, senza cadere in facili moralismi, ma valorizzando la comprensione profonda del nostro modo di essere, di fare e di pensare. Ciò porta poi benefici alle relazioni famigliari e consente di vivere come si è con maggior serenità.

  13. ange Luglio 5, 2013 at 11:31 pm

    dagli scritti di PAUL ARDEN … Non abbia paura dei vampiri …fate circolare le vostre idee, condividetele senza remore, avrete solo da guadagnarci. Chi non si lascia mangiare dai vampiri vuol dire che non ha niente da dire e non viene mai stimolato a creare nuovi articoli, idee nuove.
    Se rendi partecipi gli altri di tutte le tue conoscenze, invece, ti sentirai svuotato e sarai costretto a essere sempre vigile, a guardarti attorno alla ricerca di nuovi stimoli per alimentare le tue riserve…
    Non l’ho scritto io ma volevo farVi arrabbiare un pò…
    Complimenti per l’articolo ” LA RABBIA” materia tabù pochi pensano che sia curabile ed è importante il lavoro di sensibilazzione che voi fate. A voi che seminate per noi grazie, è bello che qualcuno ci parli e ci insegni .
    ange

  14. giulia Maggio 29, 2013 at 5:14 am

    Ciao! Vorrei solo dire un grazie enorme per le informazioni che avete condiviso in questo blog! Di sicuro’ diverro’ un vostro fa accanito!

    • Pier Pietro Brunelli Maggio 29, 2013 at 9:39 pm

      Grazie Giulia per questo tuo incoraggiamento e sostegno… e voglio allora aggiungere: il tuo commento è semplice, ma chiaro, carino e terapeutico, ma è anche fondamentale rispetto a alla tematica che stiamo trattando… questo commento fa capire in modo chiaro e diretto quanto la gratitudine sia opposta alla vampirizzazione, quanto sia importante un grazie, un saluto, una espressione di solidarietà e di partecipazione spontanea. I Vampiri mirano solo a succhiare a prendere, e se dicono grazie è una manipolazione per succhiare di più. I vampirizzati in fase acuta o cronicizzati, spesso si dimenticano del valore della gratitudine e della riconoscenza, sono infatti stati trasformati in potenziali vampiri, anche se possono guarire… Fino a quando i vampirizzati cercano di prendere più che possono spinti dalla disperazione e dal dolore, rimangono vampirizzati… I primi segni di guarigione arrivano quando comprendono con il sentimento e la ragione le parole di San Francesco “E’ DANDO CHE SI RICEVE” … ma non ‘dare ai vampiri, che prendono tutto per distruggere l’anima di chi dà’, dare al prossimo, a tutti, all’umanità, più vicina e più lontana… e cosa dare, dunque? Qualcosa di molto prezioso che possiamo dare sempre e che possiamo trovare tutti nel nostro cuore, quando il cuore funziona: SOLIDARIETA’, RICONOSCENZA, PARTECIPAZIONE, COMPASSIONE… anche questo è Amore, e le ferite dell’Amore si curano soprattutto con l’Amore.

  15. Elisa Maggio 28, 2013 at 7:56 pm

    Uno degli aspetti più interessanti di questo articolo, che nell’insieme, lo è nella sua interezza, è quello di portare a conoscenza di tutti il fatto che la rabbia, non nasce in realtà, come un male ma può diventarlo ma può però anche essere allo stesso tempo, un male molto utile, se ben indirizzato, per evolvere costruttivamente, nei sentimenti, nei rapporti con il proprio proprio corpo, come ben spiega il Dott. Cosimo Aruta, e con l’altro, sia interiorizzato, con il quale si possono placare i conflitti, sia con l’Altro nella realtà concreta. Secondo me, la rabbia spesso, è la parte più superficiale (non superficiale in sé, perché può anche essere molto profonda e radicata, oltre gli aspetti più evidenti, che arrivano in modo reattivo ad eventi, alla coscienza) ed accessibile, del dolore di cui può essere anche una maschera che inconsapevolmente il nostro apparato emotivo indossa. Spesso un dolore antico e profondissimo, oppure o anche, molto pesante, come un grande carico, che se avvertito in quanto tale, potrebbe avere, nella sensazione di chi lo prova ed allo stesso tempo, “decide” allora di vietarselo, un effetto ancora più devastante e disintegrante della rabbia, che nonostante tutto, sembra – forse perché è a volte, più semplice trovarne alla base delle “ragioni ” – alla coscienza parzialmente più “accettabile”. Mi chiedevo, e chiedo al dottor Aruta, se esistono tecniche di bioenergetica che consentano questo passaggio evolutivo dalla espressione della rabbia, già di per sè difficile a quella del dolore che vi è molto spesso dietro, favorendone contemporaneamente, e nei tempi necessari, una integrazione costruttiva e ricostruttiva, sia a livello emotivo che nell’esperienza del proprio corpo. E nei loro reciproci rapporti. Grazie. E grazie ad entrambi gli autori per questo articolo così ricco di spunti per riflettere e di argomentazioni da poter ampliare soggettivamente.

    Elisa

  16. Cosimo Aprile 26, 2013 at 2:18 pm

    Che piacere leggere i commenti, le condivisioni che con la forza della propria storia personale, come un’abbraccio arricchiscono questo nostro lavoro Pietro. E’ bello osservare come ognuno esprimere l’energia rabbiosa “colorando” con diversa intensità l’espressione emotiva. Auguro a tutte le lettrici e a tutti i lettori spunti di riflessione. Cosimo Aruta

    • Elisa Giugno 10, 2013 at 8:06 pm

      Questo articolo, mi ha fatto ricordare una strana ed episodica paura personale che vedo come legata anche alla rabbia: la paura di perdere sangue (e con esso, anche, al limite la vita e, quindi, tutta l’energia vitale e compressa) in alcune particolari circostanze di vita, in cui ciò, non poteva di fatto accadere, cioè, non era realmente motivato – mentre ad es., normalmente, non temo prelievi e la visione del sangue stesso . Mi è sembrato, ma vorrei, se possibile, i vostri pareri professionali – ed anche chiedere se a qualcuno, è capitata una esperienza simile – per capire se ciò è possibile, ad es. che questa paura, particolarmente presente in certi momenti da dopo l’infanzia, potesse coniugare in sè due degli aspetti descritti nell’articolo: quello del poter “vedere rosso” in modo simbolico (ed in modo apparentemente libero) non essendomi possibile allora, per motivi contestuali e personali, arrabbiarmi in alcun altro modo – non essendo la rabbia ammessa e qualsiasi sua espressione duramente criticata e repressa – e nello stesso tempo esprimere la paura della stessa, cioè della rabbia così espressa ed il senso di colpa. Personalmente, nel senso di colpa per la rabbia, così come scrive il dottor Aruta, oltre ad un amore non maturo, cioè non ancora genuino – cioè non basato sulla gioia e sulla spontaneità – per i genitori da esso derivato, ci vedo anche anche un problema di possibile dipendenza da loro, in particolare da quello/a che ha creato maggiori impedimenti alla espressione di sè, soprattutto se relativa a qualche possibile e del tutto normale ed evolutiva, ribellione. Cioè, non mi riferisco a ribellioni particolari. Sono molto d’accordo infatti con la frase che dice “Non si può provare gioia in una relazione in cui non è consentito essere sè stessi” . Questo impedimento, è secondo me alla base di molti gravi danni presenti in molti di noi, nell’ambito della libera espressione degli affetti e quindi, della creatività che viene coartata, anche se in genere questi danni, sono involontari e dovuti ad una educazione che spesso è più formale che sostanzialmente affettiva. E ciò, a sua volta, credo che richiederebbe d andare un pò indietro nelle generazioni per capire come sono vissute e poterle quindi comprendere nei loro limiti ed un’analisi sociologica/politica, come mi sembra in più parti contenuto anche nell’articolo. Forse, ci vorrebbero, nel nostro paese, anche dei veri e priopri corsi di psicoeducazione relativamente all’emozione e sentimento oltre che espressione non distruttiva della rabbia? Questo articolo, personalmente, mi sembra già avere in effetti, se letto con attenzione, degli importanti contenuti educativi ed informativi – oltre che indicazioni terapeutiche – in tal senso.

      Personalmente, ad es., anche se avevo fatto varie ipotesi su quella paura del sangue, non l’avevo mai collegata finora, ad un possibile, seppur simbolico, “vedere rosso”, ovvero a dei momenti forse, di “furia calma”…Questo blog, è davvero sempre una miniera.
      Grazie ad entrambi, dott, Brunelli e dott. Aruta, per questo articolo e possibilità di riflessione.

      Elisa

    • Elisa Giugno 18, 2013 at 7:55 pm

      A proposito del bullismo negli adolescenti come forma espressiva patologica della loro rabbia, volevo chiedere se in esso, in certi casi, non sia possibile ravvisare un parallelo o un precedente (che forse, andrebbe allora seguito longitudinalmente?), seppure con maggiori possibilità evolutive buone, dell’instaurarsi di certi rapporti tra un narcisista patologico e la sua vittima. Questo perchè alcuni cosiddetti “bulli” in età adolescenziale, particolarmente violenti attraverso l’utilizzo di gesti e linguaggio, sembrano poter avere secondo alcuni studi che mi è capitato di leggere in proposito, delle personalità simili a volte, ma non propriamente, a quelle “antisociali”, mentre le loro vittime, sembrano invece presentare spesso, delle personalità con alcune vulnerabilità che li predispongono alla dipendenza affettiva ed ad un atteggiamento sottomesso verso l’altro, soprattutto se questo altro, è ingiustamente aggressivo. Cioè, sembrano non aver potuto sviluppare difese adeguate e che ciò li predisponga a questo trauma giovanile che talvolta, sembra possa essere molto grave e con esiti anche infausti, se non si interviene prontamente. Una delle cose sorprendenti è che sembra che la piaga del bullismo, possa emergere già a 10 anni e, talvolta, secondo degli studi norvegesi che mi hanno molto colpito, in riferimento a questo articolo, addirittura anche a 7, 8 anni. Quindi, verrebbe abbastanza naturale chiedersi i motivi per cui questi bambini ed adolescenti siano così tanto arrabbiati, cos’è che li muove? Cosa si può fare per loro ? E per le famiglie, dato che a bulli e a vittime, corrispondono rispettive famiglie? Perchè alcuni insegnanti, consentono anche che le aule o i cortili, diventino per questi ragazzi, dei “campi di battaglia” o delle “aule da incubo”, per le cosiddette vittime? Cosa hanno questi insegnanti, volevo chiedere, a parte ed oltre uno stato di frustrazione? E là dove naturalmente, non si parla di normali litigi e baruffe tra alunni, ma di azioni molto gravi e premeditate o agite impulsivamente, con rabbia e violenza . Grazie a tutti per eventuali risposte ed approfondimenti.

  17. nives Aprile 26, 2013 at 10:29 am

    Sig. Pier Pietro Brunelli buongiorno
    Ho letto il suo articolo e mi sono persa! Non sono abituata a una visione così sconfinata delle cose, forse perché il tipo di lavoro che faccio è di “tipo energetico”e quindi sono portata a trovare un minimo comune denominatore alle tante manifestazioni (della rabbia in questo caso).
    Penso che essendo la rabbia un istinto biologico e per questo difficile da gestire, abbia però una funzione naturale, quella di proteggere ciò che ci appartiene. La rabbia si manifesta con intensità diverse dipendentemente dal livello di consapevolezza del soggetto. A un livello più basso di consapevolezza si urla, più giù ancora si arriva alla violenza fisica.
    La rabbia proviene dalla paura di non essere abbastanza, di non essere visti, di non sentirsi importanti, di non sentirsi percepiti nel proprio valore, e quindi è sempre una compensazione per qualcosa. Non si ha bisogno della rabbia quando ci sentiamo rispettati, visti!
    Se siamo arrabbiati nei confronti di una persona che ha più potere rispetto a noi, dobbiamo ingoiare la nostra rabbia, e non è semplice!
    Quindi, i presupposti e le condizioni dietro la rabbia sono la convinzione di doverci difendere perché gli altri o vogliono prendere ciò che è nostro o vogliono danneggiarci e quindi dobbiamo prendere il controllo, dobbiamo proteggere i nostri confini da persone che li vogliono invadere.
    Quando Gesù nel tempio caccia i mercanti, la sua missione era che Suo Padre fosse visto, quindi aveva un buon motivo per essere arrabbiato!
    La rabbia “sana”, arriva fino a dove sono i confini di ognuno, ed è legata alla missione che ognuno ha nella propria vita. Non si ha bisogno di più potere, si esercita quello che si ha.
    Sotto la rabbia sono custoditi i files degli eventi dove le persone hanno reagito dapprima nei nostri confronti mediante la rabbia stessa,ed è più
    facile sentire la rabbia che sentire quello che c’è sotto di essa, perché al di sotto di essa c’è sempre qualcosa di molto doloroso da “lasciare andare”.
    Vi sono altre emozioni però che possono accompagnare la rabbia! Una di queste è il risentimento, che è l’emozione che si accompagna alla lamentela e al giudizio sugli altri. Essere risentiti significa essere amareggiati, indignati, offesi, feriti! Ci si risente dell’avidità degli altri, della loro disonestà, dell’assenza di integrità, di ciò che stanno facendo e che hanno fatto. Di fatto anziché essere tolleranti con l’inconsapevolezza degli altri, attraverso la nostra propria inconsapevolezza “ego”ne ricaviamo la loro identità.
    Quando il risentimento dura da molto tempo, lo chiamiamo rancore, questa forte emozione legata a un avvenimento che appartiene al passato e che viene mantenuto vivo da un pensare compulsivo, raccontandolo o ripetendocelo nella nostra stessa mente.
    Così facendo a mio parere,stiamo dimostrando a noi stessi che non ci amiamo molto! Di fatto preferiamo vivere nel passato e quindi nell’illusione della mente, anziché scegliere di goderci la “verità” della vita, il presente! Nei modi di dire, fare un presente, lo si usa quando si porta un regalo, perché il presente è proprio un regalo, il più bello che possiamo fare a noi stessi, ma come sempre, siamo noi che scegliamo!
    La ringrazio per l’opportunità di questa condivisione, perché mi rendo conto che quando devo mettere in forma scritta i miei pensieri, sono costretta a mettere un po’ di ordine, e farlo solo per me stessa, so che non lo farei perché ho una scusa imbattibile “non ho tempo!” Quindi, grazie per questo regalo!!
    Un arcobaleno di presente!! nives

    • Pier Pietro Brunelli Aprile 26, 2013 at 11:44 am

      Grazie Nives il suo intervento è essenziale, soprattutto per quanto concerne la rabbia che cova come RISENTIMENTO e RANCORE. Le tecniche bioenergetiche ed espressive sono molto importanti per far emergere la rabbia affinché possano emergere energie vitali che si sono ‘avvelenate’ volte a stemperare, diluire e trasformare anche il risentimento e il rancore (che sono pregni di rabbia soffocata e strisciante). D’altra parte è utopistico e pretenzioso pensare a soluzioni solo sulla base di un forzoso tranquillizzarsi, di una rinuncia puramente volitiva e consapevole a emozioni e sentimenti dai quali si può essere pervasi e che per certi aspetti sono anche comprensibili se non giustificabili (come naturale reazione a offese e ingiustizie subìte). Noi terapeuti dobbiamo allora fare in modo che la rabbia possa anche essere esperita, entro una ‘provetta’ di elaborazione e contenimento non esplosiva, al fine di distillare le sue energie positive e disperdere e nebulizzare quelle pericolose e negative. Un caro saluto e buon lavoro.

      • nives Aprile 26, 2013 at 6:41 pm

        Sign. Pier Pietro Brunelli
        mi dispiace ma devo correggerla quando scrive “Noi terapeuti”. Io non faccio terapia e non ho studiato psicologia! Il mio percorso di studi riguarda l’osservazione e il ripristino dell’equilibrio dell’energia che vivifica l’essere umano. Infatti quando nella nostra conversazione mi aveva scritto “Lei sa come nella tradizione analitica si siano da sempre creati contenziosi nel campo della ricerca e della pratica clinica, a livello dei regolamenti, della formazione e del dibattito di ricerca.” volevo dirglielo subito:”no, non lo so”ma pensavo che fosse inutile in quanto non vi sarebbe sicuramente stato un proseguimento in merito. Mi sono resa conto solo ora che non averlo fatto ha significato lasciarle credere che io facessi terapia. Accidenti, è sempre meglio precisare tutto!
        Non si finisce mai d’imparare! Buon proseguimento in ogni ambito della vita! nives

  18. alessandra Aprile 25, 2013 at 10:35 pm

    buona sera dott. Brunelli, questo articolo sulla rabbia è davvero molto bello e interessante. Mi ci sono molto ritrovata, perchè anche io da piccola, e non solo, ho sofferto moltissimo, prima per la separazione dei miei genitori all’età di otto anni, poi per la malattia di mia madre, che ha accompagnato tutta la mia giovinezza. Contenere la rabbia è stato faticosissimo, tant’è che sono riuscita comunque a sposarmi e restare insieme a mio marito per 26 anni. Poi è nato il piccolo giovanni, il figlio disabile, e tutto è andato per aria. Poi è arrivato il narcisista di cui lei sa. Adesso che finalmente sono sola sto capendo molte cose; gli attacchi di panico, i dolori alla schiena e al collo che mi perseguitano sono, come lei ben scrive in questo splendido e chiaro articolo, sintomi di profondo disagio per un maldestro tentativo di comprimere la rabbia e con essa una parte di me. Spero lei sappia e si renda conto di quanto il suo impegno è fondamentale per tutti coloro che cercano di capire qualche cosa di se stessi e dei propri errori. Ancora una volta grazie infinite per il suo impegno e il suo grande contributo.
    Alessandra

    • Pier Pietro Brunelli Aprile 26, 2013 at 7:11 am

      Grazie, ho bisogno di incoraggiamenti, tutti ne abbiamo bisogno. Purtroppo la vampirizzazione non è soltanto sentimentale, ma anche intellettuale. Basta fare un giro su Internet per vedere come diverse persone si sono non solo ispirate, ma anche proprio appropriate di parole, concetti, intere teorie tratte da questo blog e non hanno mai neppure ringraziato né citato la fonte. Ma in fondo qui stiamo capendo bene di come i vampiri di ogni tipo prima o poi arriveranno a rodersi da soli, più ci rivolgiamo verso il bene e più loro sono costretti a fare i conti con se stessi e a rendersi conto che vivono in un mondo di tenebre senz’amore e senza verità, in quanto sono incapaci di trarre energia da se stessi, sono anime in pena in un inferno vivente dal quale bisogna allontanarsi dirigendosi risolutamente verso l’Alba, verso la luce…

      • marta Novembre 14, 2014 at 2:31 pm

        grazie per tutti i commenti ..mi siete stati molto utili

        • Pier Pietro Brunelli Novembre 18, 2014 at 7:13 am

          Ecco, questo genere di commenti , così, semplicemente di gratitudine è molto importante. Chi sa essere grato, sa anche dare ed è perciò molto più avvantaggiato nel superare i problemi amorosi e a trovare una propria armonia.

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