IN COPERTINA OPERA DI FRANCO BATTIATO – Possiamo pensare il Sè come LA ROSA DI JUNG: l’archetipo centrale dell’anima-psiche, raggiante di energetica bellezza! Il Sé non corrisponde all’Io-Ego, e neppure alla Persona (altro archetipo che riguarda l’Immagine dell’Io) – esso corrisponde all’individuo che sente la sua appartenenza all’Universo, alla totalità, eppure sente anche di essere unico e assoluto. Il Sé è il nostro centro, che è anche centro dell’Universo e dell’Inconscio collettivo dell’umanità. Il Sé è anche il senso della comunità e di madre terra e di padre cielo. Il Sé è quindi una regione archetipica della psiche dalla quale si esperisce la propensione verso un equilibrio interiore e psicocorporeo, dal quale si apre un’energia armonizzatrice delle emozioni, dei sentimenti e dei pensieri (in senso relazionale e sociale). La rosa è un simbolo del Sé, quando esprime la caducità umana nel suo eterno valore, nelle spine del dolore e nei colori della gioia, nel profumo dell’anima, nell’estasi dei sensi, nell’immortale amore…
Secondo alcuni, il Sé è un principio un po’ troppo utopico, come un’orizzonte irraggiungibile, eppure anche in tal senso esso segna la rotta per la realizzazione di se stessi, per il compimento della propria esistenza come esperienza soggettiva e ad un tempo partecipativa della totalità, dell’infinito spaziale e temporale. Noi siamo manifestazioni di un’energia sovrapersonale, la vita prende forma in noi, si manifesta attraverso di noi e la nostra missione ultima consiste nel darle compimento ricercando la via e i processi di un’esistenza autentica, non condizionata dall’ignoranza, ed invece consapevole di doversi confrontare con l’inconoscibile. La rosa ‘del Sé’ ha dunque un’energia numinosa, divina… Ma il Sé è anche nel sentimento di solidarietà e di amore verso gli altri, verso la società intera, il mondo… un mondo pieno di rovi, di filo spinato, ma che nell’altruismo, nella partecipazione, sentiamo di voler trasformare e coltivare come un grande giardino di rose, dove tutti possiamo vivere nella pace.
Il Sé, quando è vivificato, è dunque un nostro faro interiore illuminante del mistero, con il suo raggio luminoso, per quanto sia possibile osserviamo il nostro essere in relazione con l’alterità – lo Spirito – e quindi diamo un senso ed un verso ‘superiore’ alla nostra umile realtà psichica, e alle relazioni con gli altri ed il mondo. Dunque, la rosa è un simbolo del Sè: il principio guida naturale-spirituale della nostra anima.
Molteplici sono i simboli del Sé e quindi del centro. Il mandala ad esempio è un simbolo del Sé, ove un motivo centrale funge da campo gravitazionale ed energetico intorno al quale ruotano le molteplici forze dell’anima, le pulsioni, i desideri, le ombre… Il sole è un simbolo del Sé che illumina e rinasce, quale centro dell’universo, che dà la scintilla di fuoco in ogni creatura vivente. Nel linguaggio della vegetazione e dei fiori la rosa è un simbolo del Sé, che si colloca come una trionfale colonna d’amore nel mondo dei sentimenti, delle relazioni, delle passioni, e quindi nel cuore dell’anima… La rosa con il suo boccio rinascente, che un po’ alla volta si apre tra le spine, esprime il pathos, il patire, la passione, il gemere delle pene d’amore che fanno morire, ma che poi servono a rinascere e a ‘fare anima’…
Ogni simbolo dunque evoca un’immagine del Sé che allude a significati e ad interpretazioni differenti, ma comunque archetipicamente riportabili alla matrice del centro, intorno al quale l’energia si mobilita, si espande, turbina e si armonizza. La rosa tra i simboli del Sé è quello che maggiormente esalta la qualità patemico-erotica, del continuum dolore-gioia che corona la vita amorosa, di spine e di colori profumosi. In mezzo a queste emozioni controverse, instabili come fuoco, soavi come acqua, estasianti come aria, carnali come terra, la rosa pianta il suo arbusto di rovi e fiorisce come regina dell’Amore: la potenza centrale dell’anima-psiche, intorno alla quale ruotano tutte le cose umane e quelle celesti, e dalla quale nasce la vita.
Eros e psiche sono uniti da una rosa di gioia e dolore, e da ciò nasce l’umanità della vita, la sua nobiltà e la sua infamia, che richiede armonizzazione attraverso una regolazione delle forze istintuali e di quelle spirituali. Il principio regolatore tra istinto e spirito nell’essere umano è nel Sé, il centro dell’anima, che fa da ponte tra la componente animale e quella divina, le due polarità che segnano la ‘croce’ dell’umano (espressa nel simbolo dei ‘Rosacroce‘). Senza questo principio riunificante, situato ‘nel ponte dell’anima-animale’, il ponte della vita è fragile, barcolla, si spezza, si allunga, si accorcia… l’anima in subbuglio ha bisogno di ritrovare il suo asse nel Sé che è anche ‘axis mundi’, principio armonizzatore dell’universo, percepibile entro certe condizioni di risveglio del Sé…
La rosa del paradiso… la rosa mistica… la rosa candida
Al di sopra del Mare Circolare di Luce, appare il Paradiso, dal greco Paradeiros, ovvero Giardino, che prende forma di una grandiosa candida Rosa.
In forma dunque di candida Rosa mi si mostrava la Milizia Santa, che nel suo sangue, Cristo fece sposa. (Paradiso XXXI 1,24)
La rosa risveglia il Sé, lo addita, evoca nell’anima psiche il senso di suprema appartenenza al creato nel suo processo di morte-rinascita (questo risveglio è anche nel simbolo alchemico di ‘Rosalba‘, il nuovo inizio, l’energia sorgiva dell’alba, che risveglia l’anima e il corpo – in alchimia, la fase dell’Albedo…).
Attraverso molteplici simbologie, narrazioni, immagini, poesie, la rosa reca il sentimento trascendente dell’amore che lega la sensualità finita all’infinitezza dell’eternità, allo spirito imperituro del grande Amore cosmico del quale siamo frutto e mistero.
Perciò quando osserviamo una rosa con trasporto di anima, quando la doniamo, la riceviamo, essa, più di ogni fiore, parla al cuore della nostra anima e ci sospinge a ‘vedere’ e a ‘sentire’, una realtà più profonda, che troppo spesso ci sfugge, e che pure esiste, dentro e intorno a noi.
Un’antica poesia sulla rosa nell’anima
Ecco il giorno, ecco la festa della rosa, luminosi sui nostri irraggiano gli sguardi della rosa.
L’amore fu dell’aiuola il giardiniere, che maturò soave della rosa il fiore. Alla nuova: s’avvicina la rosa!, i fiori ossequienti piegarono il ginocchio alla rosa.
Tacque il tulipano, occhieggiò incantato il narciso, ondeggiarono confusi dal fulgore della rosa. All’edera bisbigliò il cipresso: Sveglia! Che sogni, bambina? Ecco l’apparizione della rosa! In mille notti l’usignuolo non canta l’eterna melodia della rosa.
La figura della rosa il cielo non può contenere, vinta soccombe la fantasia della rosa. La rosa viene, come araldo, dal giardino dell’anima. Le anime, di tutti, attendono la rosa,
L’anima della patria saluta la rosa, mai scordi, l’anima, la rosa.
Mostra la rosa la laurea della bellezza, il diploma della nobiltà, che Dio concede alla rosa. La rosa corona il calice della nostra festa, del profumo inebriante della rosa ti impregna.
La catena del nostro patto la rosa intreccia, il laccio amoroso della rosa mai fuggì
Gialal ud-Din Rūmî nato a Konia – Anatolia orientale 1273
L’OPERA IN COPERTINA E’ DI FRANCO BATTIATO
LA PIU’ GRANDE TERAPIA E’ ” LA ROSA NELL’ANIMA” … IL SE’
httpv://www.youtube.com/watch?v=x8RiA5ZRKMs
27 Comments
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Articolo bellissimo e interessantissimo! non solo perché amo particolarmente Jung ma è stato meravigliosamente arricchito di riferimenti poetici e immagini molto suggestivi…grazie!
vi seguo sempre con interesse!
Grazie Patry, è bello e incoraggiante ricevere un apprezzamento come il tuo che, nella sua diretta espressività, esprime empatia, sensibilità e consapevolezza.
test
LA PIUìGRANDE TERAPIA Eì LA ROSA NELL’ANIMA”
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=x8RiA5ZRKMs
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=x8RiA5ZRKMs
Ora capisco perchè in alcuni miei pensieri scritti di getto “due secoli e mezzo fa” (scherzavo…parliamo di 25anni fa) la mia penna “impotente” riuscì in quel caso a fermare nell’inchiostro il significato simbolico della rose (per me erano tante, chissà che vuol dire?!).
Non mi dilungo…riportando di seguito quei pensieri:
SCUSA LA BAMBINA CHE E’ IN ME,
LE SUE FAVOLE,
LE SUE FROTTOLE,
I SUOI SOGNI AFFAMATI,
ASSETATI,
DI CUI RESTERANNO SOLTANTO I CARBONI
…….(non ricordo in questo momento il passaggio intermedio, ma quei pensieri finivano così)…..IN UN GIARDINO DOVE NON SBOCCERANNO LE rose CHE HAI DIMENTICATO DI PIANTARE,
QUEL GIARDINO CALPESTATO DA TUTTI…L’ANIMA MIA.
Al seguente link potete vedere una bellissima fotografia di una “rosa galattica”:
https://www.nationalgeographic.it/scienza/spazio/2012/03/22/foto/le_spettacolari_immagini_di_hubble_national_geographic_angry_birds_space-915837/3/
Questa è una mia poesia, la dedico in cuore mio ad una persona in particolare, che per insegnarmi a sentire il mio profumo spesso assaggia anch’essa le mie spine.
Piccola rosa
Rosa fiorente
Rosa sofferente
Rosa di maggio
Mese di vita
vita colma di ogni empietà,
dolore E
Priva per te di ogni compassione
Vita sofferta
Fin dalla più tenera età
Nelle radici dell’erba incolta in cui fosti posata
e lì agli occhi dei più dimenticata
mai coltivata…
Da sola cresciuta in quella, in una, una terra abbandonata,
senza cure di mani sapienti nè alcuna parola sussurata al tuo piccolo gambo in fiore perchè
vibrassero al suono di vita le sue misere, miserabili foglie
Rosa occultata in un cuoricino triste e buio e rabbuiato senza mai conoscere i colori
del cuore di un tuo innamorato;
hai creduto spesso al dolore, a gesti e a parole di innominabile orrore
chiudendo a difesa il tuo piccolo bocciolo
il tuo piccolo bocciolo in fiore che viveva in te palpitando del proprio amore nutrendo di esso il tuo stesso cuore.
Nessun talento, nessun colore videro in te quelli che partorino e ti posarono
affinchè fossi fiore
fiore di maggio e Luce di una luce di luna notturna Notturna e
selvaggia che per prima, cosa assai strana a te piccola rosa, ti ha porto, in un inatteso gesto d’amore e con i suoi candidi raggi le proprie braccia e
con un soffio di vento,
come un primo respiro di un bimbo sperduto sulla prima montagna, come un soffio leggero di una Luna bianca e selvaggia che illumina della tua vita la tua stessa spiaggia,
come con un brusco
e tenero e languido bacio
hai socchiuso, piccola rosa le tue labbra aprendo così come in un nuovo mistero che a te stessa si dischiude mostrandosi al mondo assorto e ignaro per ciò che tu sei :
Piccola rosa di un mese di maggio,
hai aperto dal tuo bocciolo crescente
sepolto, e inviso, e nascosto per conservarsi saggio, i tuoi nuovi impalpabili morbidi petali per porgere attraverso essi a quella luna il tuo piccolo timido abbraccio, mandando ad essa, attraverso il vento, del tuo profumo…del tuo fragrare il tuo messaggio
come un piccolo e tenero abbraccio d’una piccola rosa
Una rosa di maggio.
Elisa
La Rosa in Tre Anime
cari amici ed amiche del forum di albedo, caro dottore, vorrei condividere con voi innanzitutto una mia particolare espeienza onirica, legata a questa pagina del Blog ed all’argomento trattato, cioè “La rosa nell’Anima: il Sè”. Qualche sera fa, dopo aver guardato il filmato sopra, che veramente se lo si fa con il cuore, tocca nell’anima sulla nascita di questi meravigliosi fiori che mentre si aprono verso l’esterno, sembrano toccare il nostro dentro richiamando a sè qualcosa proveniente da esso come in una forza centrifuga che poi di nuovo si fa centripeta, in modo energetico e commovente, sono andata a dormire e ad un certo punto della notte, ho fatto questo sogno: vedevo come in un film (quello del blog, appunto ma lì, era dentro al mio sogno, seppure identico nel suo sbocciare al mondo aprendo i suoi petali ed erano perfino dentro al “filmato”, nel sogno) una scena meravigliosa di una rosa rossa che si apriva schiudendosi davanti ai miei occhi e, nel frattempo è iniziata, nel mio sogno stesso, questa canzone: “Quando nasce un amore” cantata dalla bellissima voce di Anna Oxa, in un incredibile sincronismo tra lo sbocciare della rosa e l’inizio della prima strofa della canzone, di cui vi allego il link ://youtu.be/YSNLzVEQhjQ
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa esperienza particolare, sia cira il sogno di questo argomento specifico, oltre al fatto che evidentemente questo blog, con le diverse sfaccettature da cui è caratterizzato e dall’impostazione genrerale in funzione dell’amore e del recupero delle capcità dello stesso nei suoi aspetti più salutari e buoni, soprattutto dopo molte brutte esperienze interne ed esterne, interattive, spesso con dubbi personaggi che avremmo voluto non aver incontrato, per i loro effetti su e dentro di noi può aiutarci, probabilmente, a rientrare in contatto con alcune parti di noi che in qulache modo o per qualche tempo, si erano affievolite, sopite oppure ne avevamo noi preso le distanze per i timori che esse possono ingenerare anche quando in realtà ormai non dovrebbero, come quelle che vogliono, possono e sanno amare, che sono anche quelle che sono state in noi le più duramente ferite seppure in modi diversi a seconda delle nostre singole specificità. Ad esempio, a me questa canzone era molto piaciuta e proprio qualche giorno fa mi ritornava di nuovo in mente, anche nella interpretazione davvero notevole che ne ha dato qesta cantante ma, sopratttto, in alcune delle sue frasi più semplici e meno artfatte. Bene, guardare questo bel fimato sopra, a me ha fatto quest’effetto “onirico”. A voi che effetto farà? A me piacerebbe conoscere anche la vostra esperienza, se ne avete una simile o anche diversa, ma legata all’argomento “Rosa nell’Anima……” da raccontare, affinchè possiamo comprendere le nostre similitudine e differenze. In fondo la rosa è un simbolo universale, tanto che a me, internamente, nell’animo, sembrava di “vivere” un mandala, dall’interno all’esterno e viceversa, avevo proprio quest’impressione…
Ringrazio in ogni caso il dottor Brunelli per aver messo questo bellissimo filmato sulle rose, doppiamente per il fatto che ho pure sognato questa scena così bella (fare bei sogni non è proprio il mio forte in genere…)sul loro sbocciare e sul loro significato, guardandone l’aspetto potenzialmente evolutivo.
Se ho parlato di Tre Animi al confronto con la Rosa, è perchè, a parte il mio sogno, mi sono venuti poi in mente due grandi Artisti che in modo diverso, nel loro canto hanno cantato di questo fiore e del suo simbolismo: Fabrizio Dè Andrè e Massimo Ranieri, con interpretazioni molto differenti ma non escludentesi dello stesso, piuttosto complementari e tendenti un pò a completarsi tra loro. Ecco i link di queste altre canzoni sulla rosa:
“Bocca di rosa” di Fabrizio De Andrè: https://youtu.be/JrFjFOjxYyA
Massimo Ranieri: “Rose rosse per te”: https://youtu.be/E6jGGnDjv1k
Spero che vi piacciano e che insieme al bel filmato sopra posto sotto il bel ed interessante articolo sul senso archetipico della rosa per tutti noi, possano stimolare anche in voi fantasie, ricordi, riflessioni e, magari, anche un bel sogno notturno come è accaduto a me. Che ogni tanto, fa davvero bene alla vita, anche da quella da svegli e..mentre ci si sveglia. dal sonno e nella vita.
Un caro abbraccio a tutti ed a tutte.
Elisa
https://youtu.be/YSNLzVEQhjQ
https://www.youtube.com/embed/YSNLzVEQhjQ”
Questo dovrebbe essere il link corretto (spero) per “Quando nasce un amore”, altrimenti sta su youtube.
Cari amici del Blog di Albedo, caro dottore, in previsione dell’interessante conferenza di domani sull’argomento vorrei dedicare a tutti voi anche “Una rosa blu” di Michele Zarrillo
https://youtu.be/_lTU7i37ydc
Qualche tempo fa avevo scritto questo breve racconto e poichè mi ha molto colpito la coincidenza tra il nome del Blog ed il titolo che io avevo dato a questa mia narrazione, oltre al senso fondamentale che per me aveva ed ha la stessa, già da un pò, ho pensato di scriverlo anche qui. Non so se questa è la sezione giusta del blog e chiedo eventualmente al dottor Brunelli, se lo ritiene, di spostarlo nella pagina e sezione che ritiene più adatta. ( nota: La scelta del cambio dei pronomi soggettivi è volontaria e “funzionale”).
Rileggendo questo mio scritto, mi è venuto spontaneo associare questo Blog- Albedo – nel suo insieme, all'”Isola dell’alba che sorge”.
Lasciando l’isola
E dunque il viaggio ebbe inizio: dalla costa dei Caraibi levammo l’arrugginita ancora ed issammo le vele e, mentre il nostro capitan-nostromo, dall’alto dell’albero maestro ,con il suo sguardo profondo, scrutava l’orizzonte per renderci avvisi se ci fossero pericoli in vista facendoci poi cenno con il suo cappello nero che si era già dapprima tolto dal capo con la sua mano destra per segnalarci con essa che era oramai giunta l’ora di partire, alcuni dei nostri marinai rivolsero allora, consapevoli ch’era forse l’ultima volta che avrebbero potuta guardarla, dopo averci passato così tanto tempo, rivolsero essi vi dicevo nel narrarvi la loro storia, il loro sguardo, il loro ultimo sguardo, ammirato e perso – perso come in un mirabile miraggio nell’attimo in cui il corpo e la mente anelano anche a quell’unico sorso d’acqua che ancora, li renderebbe di nuovo vivi anziché così disperatamente prossimi alla morte – verso l’isola. Quell’isola che dopo il naufragio che ci colpì anni fa, ci aveva amorevolmente ospitati nutrendoci dei suoi frutti e facendoci incontrare donne isolane che ci curarono le ferite dovute all’incidente occorsoci e che con i loro canti e dolci litanie, ci lenirono le pene d’animo; e dunque, mentre ad essa vi volgean il loro inumidito sguardo, i nostri uomini piansero e piansero molto, ma, a tratti con dolcezza, una nota di dolcezza che tenera languiva il loro cuore.. E piansero lacrime di commozione per l’obbligatorio saluto che sentivano dentro di loro come definitivo, data la sperdutezza dell’isola ospitante nell’oceano di cui ormai, mentre ne narriamo, non ricordiamo più, noi che un giorno vi giungemmo con certezza il nome e piansero, poi ed anche, per la gioia di sapere che avrebbero fatto ritorno verso ciò che da tanto tempo, sì ché gli anni erano ormai in contabili , avevano lasciato e creduto ormai perduto per sempre. E disperato di poter ritrovar mai .Così, piansero mentre essi videro gli abitanti del luogo con cui avevano nel tempo vissuto insieme lì, stretto alleanza del cuore andando con loro insieme alla ricerca di cibo per i bimbi affamati diventati ormai troppo grandi per essere allattati dalle balie, danzato con loro le danze tipiche del luogo stretti intorno a quel misterioso, sempre vivo, fuoco che parlava di notti e chiacchiere infinite , di incoraggiamenti e lacrime, di cure di sciamani in corso nelle vicine tende da cui sempre quando i rituali erano in corso uscivano fumi di salutari saune che favorivano visioni e permettevano di scacciare gli spiriti maligni. E mentre le donne del luogo, alcune delle quali erano state per più notti per consolarli dopo il naufragio, le loro amanti, li salutavano con amorevole premura, così immersi in tutto questo che ci circondava e ormai ci apparteneva, noi partimmo. Partimmo perché alcuni europei erano giunti sulla nostra isola alla ricerca delle nostre tracce, forse perché spinti da fame d’esser eroi o da umana pietas nei confronti nostri o, forse anche, piuttosto, perché gli era giunta la richiesta del loro Signore, che in quel mare dove si era data tempo prima come possibile la conquista di un tesoro sepolto sotto le profondità marine allora sconosciute, tesoro per il quale forse, ci affannammo noi un tempo in quelle coste navigandone i mari, di venirci a cercare, forse per riprendersi ciò che avrebbe potuto considerare, questo loro Signore come il maltolto. E ci sorprese la visita di questi europei lì arrivati per noi e in quanto sorpresi, dopo il passar di tanti anni ci chiedemmo, in un sospetto verso di lui – che non sapevamo se fosse anche Signore nostro – cosa davvero da noi essi volessero e se ciò, se tale apparente visita con cui giunsero fino a noi, fosse forse invece, soltanto perché come uomini avevamo diritto ad una degna sepoltura se ci avessero trovati morti o, semplicemente ancora, diritto ad esser cercati per riportarci nei pressi dei nostri cari e delle nostre mogli e figli che il nostro pensiero ardito immaginava come giovani ormai guerrieri con la spada da trarre in battaglia o come spose di ammalianti signori possibilmente benestanti che potessero garantire alle nostre amate figlie quegli agi che noi, nell’isola, ormai stanchi nel corpo e nell’anima, avevamo dimenticati e che disperavamo di ritrovare mai seppure ormai adusi a ciò che l’isola con generosità ci offriva. Non conoscevamo il nome del luogo in cui eravamo naufragati tanti anni prima e dove gli uomini del luogo stesso e le donne più coraggiose – ché in quell’isola non c’è molta differenza come invece vi è da noi, nell’educazione dei ragazzi e delle ragazze- ci avevano salvati raccogliendoci dalle assi di legno inzuppato ed a cui attaccati e stremati, avevamo vagato in mezzo ad acque fredde ed onde alte che sempre più, mente le ore passavano ci spaventavano per il calar delle nostre forze, e ci avevano poi lavato, dato vesti poverissime ma nuove e rifocillati, oltre ad aver scaldato i nostri corpi con bevande e cibi, insieme all’uso di erbe e rimedi naturali ch’essi solo conoscevano e che ci rimisero in forze; no, non lo conoscevamo, il nome di quel luogo perché quell’isola non esisteva secondo le cartografie ufficiali, era un’isola senza nome e senza dignità d’esistenza e di raffigurazione nel mondo noto e conosciuto ai più ma per i suoi abitanti essa c’era ed aveva un nome, essa era “L’isola dell’alba che sorge” perché dalla sabbia bianca delle coste ad ogni angolo della stessa, al mattino presto, si veniva svegliati dal sorgere di un sole che era rosso ciclamino e poi via via a diventar più chiaro su quegli stessi toni verso il suo interno, aggiungendo col passar del tempo, delle pennellate di quel giallo che il sole ridente mentre si alzava dal mare verso il cielo, sempre più metteva in evidenza come a dire agli abitanti che un “nuovo giorno” era sorto per loro e per sé stesso che si era dal sonno della notte appena svegliato, prendendo il posto della sorella notturna luna-luce del cielo. Quell’isola aveva qualcosa di magico, era un’isola piena di gioia di vivere che si esprimeva attraverso le danze degli abitanti che facevano cerchi in cui univano le loro braccia chinando il capo verso la terra come a rendergli omaggio e a domandarle offerte per i suoi e loro successivi raccolti e che mentre danzavano facevano suonare le loro curiose e numerose noci di cocco dal guscio privato della loro peluria, ed ornato con bracciali che erano ed avevano bulloni bronzati. Questo popolo era di pelle marroncini chiara e capelli neri lisci tagliati come a caschetto, con alla bocca spesso un ornamento infilato sotto al mento con un grosso ago e portavano in testa delle corone di foglie. Essi vivevano in capanne di palme tutti insieme poiché si sentivano come un’unica grande famiglia e ciò rafforzava i loro legami sia di parentela che d’amicizia ed erano anche assai ospitali. Mai durante il mio e nostro soggiorno lì, neppure quando li spiavo di nascosto per coglierli in flagrante nel far qualcosa di inappropriato li ho sentiti gridare per la rabbia o dire cose oscene. Essi amano i loro figli e se un bambino rimane solo, senza i genitori per disgrazia o per malattia, essi lo curano , tutti, senza differenze, come fosse un figlio proprio e così, naturalmente, egli entra a far parte della loro discendenza di cui erediterà i diritti e pari dignità sociale ed umana e mai, questi uomini che da noi vivrebbero, se vivrebbero, di elemosina, cadranno in povertà. Nessuno è diverso da nessuno in questo popolo ma ognuno è un individuo con le sue particolarità da sviluppare. Spesso per appagare il loro spirito ed il loro animo talvolta inquieto, essi suonano un flauto che si costruiscono con canne da bambù, facendo nascere un suono che ammalia perfino le scimmie del luogo che giungono numerose saltando tra gli alberi verdi ed umidi della giungla interna per ascoltarlo ed i serpenti, anche quelli neri equiparati ad un diabolico elemento naturale per il loro potere di dare la morte con un morso. Eppure questi uomini non hanno paura. Questi uomini vivono; questi uomini amano e sono in sintonia con ciò che li circonda e con sé stessi e tra loro, sono uomini che non conoscono la guerra se non quella che la natura impone loro per mangiare, trovare un giaciglio e per sopravvivere talvolta agli elementi imprevedibili come i monsoni o le piogge torrenziali. Sono gli uomini di Dio forse, sono quelli forse che Lui ha davvero fatto a sua immagini e somiglianza, perché sono uomini e così le donne, di pace. Ed è per questo che noi, nel levar le vele da questo amato luogo abbiamo sofferto nel lasciare la nostra isola, perché essi fanno ormai parte della nostra vita quotidiana come il pane per il mondo verso il quale si sta facendo ritorno. Il nostro capitan- nostromo è vestito sapete, in modo assai diverso da loro. Egli ha ritrovato i suoi vecchi abiti ormai asciugati dal tempo, compreso il suo nero cappello a falde larghe con le piume bianche ed una lunga piuma bianca sulla sommità del capo che le donne del luogo hanno ricucito per lui ed oltre ad esse, egli veste con una lunga mantella nera sopra la camicia di cui fuoriescono le maniche dal bottone perlato e sulla sua mantella, vi è una croce, una croce bianca anch’essa. Sappiamo, questo lo abbiamo ricordato alla vista degli europei giunti da noi, che ne portano una al loro collo, che la croce è un simbolo di pace ed abbiamo pensato che noi a quel tempo, il tempo del nostro naufragio, stessimo andando su mandato del nostro sovrano, a portare pace in quell’isola per quegli uomini che pensavamo selvaggi, così selvaggi che la loro isola sembrava non degna d’essere segnalata sulle carte ufficiali e sui nostri mappamondi. Forse qualcuno, mentre eravamo in viaggio allora, in quel tempo, ci ha urtati e fatto rompere così la nave provocando il nostro naufragio e la nostra deriva verso mondi sconosciuti ed inesplorati. Quando ci hanno ritrovati gli inviati del re, ci hanno parlato e parlato, ricordandoci chi siamo. Noi siamo Crociati ed allora, in un attimo che ha sovvertito la quiete del nostro animo, abbiamo ricordato tutto ciò che ci eravamo dimenticati per tanto tempo: noi abbiamo ucciso moltissime persone perché non si convertivano al nostro credo, che è un credo di pace così come ci è stato spiegato per mandarci in guerra ed alla conquista. Gli uomini che dovevamo conquistare non conoscono la croce, quella croce bianca di cui noi un giorno ci facemmo vanto, ma essi si amano tra loro e non hanno mai fatto guerre; questi uomini, che forse il nostro istinto se non avessimo naufragato ci avrebbe fatto sterminare, ci hanno salvato la vita, non solo dal mare ma anche da un destino crudele fatto da sterminate visioni di sangue umano. Noi piangiamo di commozione nel porgere infine al favorevole soffio del vento le vele della nave verso il nostro mondo perché sappiamo che lì ritroveremo le nostre nostalgiche mogli ed i nostri figli se qualche infortunio della vita non ce li ha nel frattempo portati via e rivedremo il nostro amato paese. Ma le nostre lacrime più autentiche e sincere, sono dovute alla consapevolezza di ciò che qui lasciamo: la Pace ed i semplici uomini dell’isola che ce l’hanno insegnata senza aver mai neppure visto una croce come quella in nome della quale tanti uomini noi, ed altri come noi, abbiamo un tempo ucciso. No, gli uomini dell’isola dell’”Alba che sorge” non la conoscono quella croce ed il suo senso e non se fanno vanto ma conoscono il sole e le stelle, l’importanza della luce, del sole nelle sue albe e nei suoi tramonti per la terra sulla quale vivono e per ciò che trasmette ai loro semplici cuori. E’ così: sono semplicemente uomini d’amore, che infondono nei loro gesti e che trapela dai loro occhi talvolta così neri e profondi che il sole sembra riflettervisi come sulla tela di uno scuro luminoso dipinto, emanando da essi i propri raggi verso l’orizzonte o verso l’altro a cui rivolgono il loro sguardo. Sono gli uomini che Dio ci ha fatto incontrare per comprendere quella semplice grande cosa che non avevamo ancora mai incontrato dentro di noi e nel nostro civile e civilizzante mondo, l’amore dell’uomo per l’uomo.
Elisa
(Elisabetta)
Un caro saluto ed un abbraccio a tutti/tutte
Questa è una mia poesia che è nata dentro di me pensando a tutte quelle persone che vivono negli angoli della vita e che spesso non vedi se non hai già avuto modo di guardarle, anche nei loro occhi…
I DIMENTICATI (12/04/2012)
I dimenticati sono coloro che rinchiusi,
passeggiano su e giù , in labirinti ed infiniti cerchi nei cortili di clinche
e prigioni e
respirano profondo , in un’anima interna lacerata fino in fondo, ogni respiro di aria nuova che scende, che sale, che manca, che fa male
In quell’ora a loro dedicata – nella libertà di un diritto privato che il mondo, la gente e il dotto, gli han rubato.
I dimenticati sono coloro che piangono il loro pianto
Spezzati dal ricordo — dal dolore di un rimpianto.
I dimenticati sono coloro ai quali se potessi, vorrei dare ad ognuno un piccolo tenero bacio
E,
con un abbraccio
Un accordo delicato del mio canto.
Elisa
Questa breve poesia sulla rosa, nella sua apparente chiarezza, mi sembra trasmettere un messaggio un pò indecifrabile e malinconico sulla condizione esistenziale di molte persone ed allo stesso tempo, un messaggio di speranza e di ispirazione alla ricerca che sempre è tipica dell’uomo.
LA ROSA
La rosa,
l’immarcescibile rosa che non canto,
quella che è peso e fragranza,
quella del nero giardino nell’alta notte,
quella di qualsiasi giardino e qualsiasi sera,
la rosa che risorge dalla tenue
cenere per l’arte dell’alchimia,
la rosa dei persiani e di Ariosto,
quella che sempre sta sola,
quella che sempre è la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l’ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.
Jorges Luis Borges
Elisa
Bellissima e terapeutica. Il punto è che la maggiorparte delle persone, direi circa il 90% sono attratte dall’articolo sui ‘bugiardi patologici’… è importante che certi commenti di altri articoli o altri articoli vengano segnalati in quell’articolo, proprio al fine di aprire gli animi ad altre immaginazioni ed elaborazioni… come un ipertesto un po’ terapeutico tra un articolo e un altro… un viaggio per ‘fare anima’ nella valle della vita, ove nascono rose tra le spine.
Questa è una mia breve poesia, nata dal cuore in un momento di inspirazione
Piccola luna
Piccola luna
vorrei confondermi con te nel mare
e nuotare tra le sue onde,
schiuma avvolgente
di sale e sapienza
Divina espressione di una
Luce che che vive nel cuore dei tempi
rintoccando le ore nel cuore degli
uomini, quando
volgendo a te il loro sguardo
che si fa pieno della tua
rotondità amano allora
navigare nelle tue più
remote profondità.
Fino al giorno nuovo quando ti discosti lasciando spazio
a quel sole che vive nell’ora notturna
dietro di te e che quell’uomo ha ora,
come l’alba ed il pensiero del fanciullo che sorge,
davanti a sè.
Elisa
(Elisabetta)
Com’è bello il filmato sopra sulle rose che sbocciano, un minuto di conttto con l’anima ed il suo “centro” mentre la rosa invece si apre; è davvero un simbolo universale, un ponte tra dentro e fuori.
Trovando queste belle poesie (qui incomplete) sull’argomento dell’articolo, mi è sembrata in linea con lo spirito del blog e quindi ho pensato di postarla qui, per noi tutti. Oggi però, vorrei dedicare questa poesia sulle rose in particolare a Rosy che mi sembra stia molto soffrendo, sperando possa allietarla per qualche attimo con la sua dolcezza con cui vorrei anche abbracciarla, per farle sentire la mia vicinanza.
Le Rose (Rilke)
Se la tua freschezza talvolta così tanto ci stupisce,
felice rosa,
è che in te, nell’intimo,
petalo su petalo tu ti dai riposo.
Insieme, sveglio totalmente, dorme ciò che ti sta intorno,
mentre innumerevoli si toccano
le tenerezze del mio cuore silenzioso
che all’estremo della bocca vanno a trovare compimento.
II
Io ti vedo, rosa, libro schiuso appena,
che così tante pagine contiene
di minutamente gioia raccontata:
che mai saranno lette. Libro-mago,
che si apre al vento, che può essere letto
con gli occhi chiusi…,
da cui escono confuse le farfalle
per avervi avuto queste stesse idee.
III
Rosa, o tu per eccellenza cosa già compiuta
che si contiene all’infinito
e all’infinito si diffonde, oh testa
d’un corpo assente per eccesso di dolcezza,
nulla vale quanto te, suprema essenza
di questo permanere fluttuante;
di questo spazio d’amore: in esso,
[appena noi muoviamo un passo,
il tuo profumo vaga intorno.
Elisa
Per sbocciare però, quanto dolore…
Io non so scrivere poesie, ma stamattina accendendo il pc ho visto e letto un commento di Pier Pietro sulla rosa. Sono entrata nel blog ed ho letto….”La rosa nell’anima”…..La rosa, un fiore bellissimo, profumato, da gioia a tutti i sensi, ma le sue spine pungono e pungendo fanno veramente un gran male. Sto entrando nei miei 60 anni e sto incominciando a capire tantissime cose. Quanto tempo perso……..
Tra le foglie e le spine della vita c’è il nostro Sé, la nostra rosa
quando sboccia è per sempre
perché in lei sono tutte le altre
e le altre sono in lei.
E la rosa che ci fa appartenere all’infinito
nel Sé che è parte del Tutto
nel giardino del cuore fiorito.
volete isegnare voi a me voi dovete imparare molte cose freaks broders and incesticyid
Buongiorno, per il test devo darle alcune raccomandazioni perciò è necessario che mi contatta un momentino al telefono in orario lavorativo.
Un caro saluto
Rosa mundi
“Quando la rosa fiorira nel petto di ogni uomo e di ogni donna, allora saremo capaci di vedere come vedevamo all’inizio, di avvertire il tocco e la sensazione, di sentire il gusto e il sapore, di annusare gli odori e di udire l’anima del suono. Ricorderemo che un tempo eravamo puro sentimento, e che ancora lo siamo, e ci accorgeremo di come siamo stati nel corso dei secoli. Guardando dentro di noi, nel nostro sangue, vedremo la luce -sangue di rosa- e conosceremo le segrete linee che si estendono fra noi tutti, attraverso città, mari e continenti. Ci accorgeremo che siamo stati tutte le varietà di rosa e che tali dovevamo essere: rosa dell’ amore, che ama; rosa del deserto, nell’ignoto; rosa della morte, che sofre; rosa del nulla, senza niente da mostrare.”
J. Ramsay Alchimia
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Rosa Mystica
Rosa mistica, dolce profumo che sollecita,
fiore d’ironico amore, folle speranza senza requie!
Splendida illusione sbocciata sui greti
indori e trasfiguri un ideale menzognero!
Io la tua vittima? E sia!…Dato che il tuo sentore
evoca in me l’estasi avvolgente di sogni
già dimentichi del fuggir dell’ore brevi,
gusto la vita a lenti sorsi.
Che la vale la Realtà? Perdersi nei suoi incanti:
la mia innocenza, tenera, dolci lacrime verserà
per l’essere indifeso al male e al piacere;
E ad occhi chiusi, annusando il Cabalistico Fiore,
saprò assorbirmi e fondermi, con agio,
nell’incantesimo impostore di un sogno mistico.
Stanislas De Guaita, 1884
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“Rosa inaccessibile, più segreta e inviolata,
nell’ora mia suprema avvolgimi: dove
Chi ti cercò nel santo sepolcro o nel tino,
dimora oltre l’inquieto tumulto
dei sogni sconfitti: sprofondati tra palpebre pallide,
grevi di sonno, uomini hanno dato nome alla bellezza…
Quando saran soffiate per il Cielo le stelle
Come faville soffiate da forgia, e moriranno?
E’ davvero venuta la tua ora, soffia il tuo gran vento,
Rosa inaccessibile, la più segreta e inviolata?”
(Alla rosa segreta – William Butler Yeats)
Attimi di rose notturne perdute nel dolce talamo
Il talamo disfatto del nostro amore forse andato
Andato chissà dove in un luogo sconosciuto
Sconosciuto a te, a me, a noi forse estranei
Estranei al mondo che indifferente scorre
Scorre in un punto oscuro dell’universo
L’universo di polvere di stelle sopra noi
Noi che ignari giochiamo, amiamo, viviamo
Viviamo attimi di luce e ombre irrepetibili
Irrepetibili momenti di rose ormai sfiorite.
Sfiorite per il dolce sonno del sole regale
Regale per i suoi passi sicuri nella volta celestiale
La volta celestiale rapita dal mistero della notte
Nella notte, dove riposano attimi di rose sognate.
07 maggio 2001
Grazie Laura, tante rose per te…
https://www.albedoimagination.com/05/2011/la-rosa-nellanima-il-se/ Ciao, nuova iniziativa per te… e per tutti.