
Mario Sironi Figure, 1932
UN MALE A FIN DI BENE? (… se curato).
Il Disturbo Dissociativo è una condizione psicologica caratterizzata da una disconnessione tra i pensieri, la memoria, l’identità e la percezione. Questa dissociazione può manifestarsi in vari modi, influenzando profondamente la vita quotidiana di chi ne soffre. Si tratta di una problematica di difficile definizione, date le diversità nelle sue forme sintomatiche e soggettive, ma è inqadrata nel DSM-5(nonché in quelli precedenti) in particolare come Dissociative Identity Disorder (DID). Se ne parla sempre più spesso on line, forse perché i casi manifesti sono più ricorrenti e numerosi.
Questo articolo si divide in due parti: la prima è classica (la chiameremo VISIONE CLASSICA DID) , nel senso che va a spiegare in cosa consiste in quanto etichetta della psichiatria, peraltro esaminata anche intermini psicodinamici, in quanto difesa estrema di tipo nevrotico, o ‘al limite (pre-psicosi). Si tratta di una spiegazione per mezzo di concetti e teorizzazioni afferibili ad una concenzione scientifica della psiche e delle sue disfunzionalità o psicopatologie
La seconda parte dell’articolo invece offre alcune originali riflessioni di tipo simbolico (la chiameremo VISIONE SIMBOLICA DID , in riferimento alla Psicologia di Jung e di Hillman. Si tratta di una comprensione della psiche attraverso le immagini e la loro forza simbolica. Perciò i problemi e la natura dello psichismo sono vengono espressi a compresi attraverso narrazioni e immagini capaci di evocare la connessione tra conscio e inconscio, o comunque a considerare lo psichismo in senso animico, cioè come una realtò che fa da ponte all’esperienza della coscienza razionale e la natura trascendente e spirituale dell’umano e dell’universo, in senso individuale e collettivo. In tale visione simbolica si mira a considerare come i ‘disturbi dissociativi’ possano essere diagnosticati e affrontati attraverso metafore terapeutiche afferenti all’alchimia, al mito, alle legende o alla espressione e all’esperienza poetica. In tale visione il DID può apparire come un decadimento della vitalità psichica ad una dimensione plumbea. La possibilità di percepire se stessi, le cose e gli stati del mondo in un qualche livello di vibrazione aurea decade quasi completamente in una dimensione di piombo alchemico. Tuttavia l’alchimia psichica, per quanto degenerata verso la pesantenza inerte del piombo, va pur sempre a preservare nel piombo, la possibilità di trasmutarsi in oro (come volevano simbolicamente gli alchimisti rispetto ad una trasformazione del piombo in oro ‘interiore’). Il DID plumbeo va a generare una condizione di distacco animico dalla realtà al fine di preservare processi interiori che altrimenti non troverebbero altra via di conservazione della vita psichica e farla poi evolvere.

Sironi paesaggio urbano con gasometro, 1945
L’anima prigioniera nella bara di piombo, seppure in preda all’orrore resta viva, e nel suo putrefarsi conserva gli elementi basilari di una sua rigerminazione. Questo processo estremo di ‘nigredo’ per evolvere verso una ‘albedo rinascente’ deve potersi però avvalere di speciali saperi terapeutici. Del resto se si resta vincolati solo alle concenzioni scientifiche della psiche, le componenti immaginali della psiche non possono essere ‘lavorate’ in alcun caso. Per trattare lo psichismo sono necessari linguaggi ed esperienze che appartengono al mondo delle sogno, delle fantasie , delle immagini e del sentire poetico. Ciò consente con una più profonda interpretazione del DID, così come di ogni quadro psicopatologico concettualmente diagnosticabile, sia da parte dei terapeuti, sia da coloro che li soffrono o li hanno sofferti nei loro vissuti.
Superare il DID richiede quindi supporti specialistici, ma è fondamentale aumentare il grado di consapevolezza che si ha di questo disturbo, comprendendone le cause profonde che risiedono nei vissuti soggettivi di ciascuno, e il loro significato profondo, che non deve essere inteso solo come qualcosa di distruttivo e invalidante di cui liberarsi e basta, ma come esortazione estrema a migliorare la conoscenza di parti di sé, di propri potenziali psichici inespressi, e quindi di orientarsi con più fiducia e determinazione a cambiamenti praticabili e ponderati che sono determinanti per una propria crescita personale.
Francis Bacon
VISIONE CLASSICA DID (parte I)
DISSOCIATIVE IDENTITY DISORDER (DID)
Uno degli aspetti più significativi del Disturbo Dissociativo riguarda un plumbeo senso di perdita dell’identità. Le persone affette possono sperimentare una frammentazione della loro identità, sentendosi come se avessero un altro senso di se stessi e del mondo interno. Il Disturbo è transitorio, ma può durare in maniera più o meno persistente per molte ore o anche giorni. Nei casi più acuti o più gravi si può anche percepire di sentirsi un altro, o anche abitati da più personalità. A volte osservando parti del proprio corpo possono apparire indipendenti dal proprio controllo. Una mano o un piede ad esempio sembrano muoversi per loro scelta. A volte ci si può vedere di spalle o mentre si fa una qualche attività come se si fosse un altro. In questi casi si parla di ‘depersonalizzazione’. Tutto ciò è veramente spaventoso e provoca stati di angoscia, anche perché si teme di non riuscire a tornare più se stessi. Si diventa spettatori di se stessi, ma senza poter decidere alcuna regia, dato che non ci si appartiene. Così accade che le cose, gli ambienti, i luoghi per quanto noti e riconoscibili appaiano privi di una ‘vera realtà’… il mondo sembra finto, irrelato, privo di significato e valore affettivo, come se si fosse entrati in una natura morte nella quale si resta intrappolati come non morti e non vivi. Il mondo non ha più senso, senza una dimensione affettiva o valoriale, e con un sinistro senso di precarietà o di minaccia imminente. Questo stato di terribile spaesamento viene detto derealizzazione. Eppure si sente di essere vivi, ma in una condizione in cui ogni forma di vita si è rarefatta, se non spenta, per quanto il corpo e le cose sussistano, ma come in una trappola che condanna a restare svegli in una realtà da incubo, dal quale non ci si può risvegliare. Depersonalizzazione e derealizzazione possono sussistere insieme. Non resta che cercare di isolarsi, magari sotto una coperta, oppure vagare disperatamente da una stanza all’altra. Stare in mezzo alla gente appare impossibile e pericoloso perché tutti sono alieni e non si ha il coraggio neppure di contattare una persona cara, nell’orrore che anche questa potrebbe manifestarsi come un morto vivente, oppure perché si verrebbge scoperti di esselo diventati. Va subito sottolineato che nella sua specificità un Disturbo Dissociativo non colpisce solo persone che hanno problemi psichici più o meno intensi, oppure solo chi fa uso di sostanze psicogene, o soggetti con problemi maladattivi di tipo psicosociale. Il DID può colpire ‘anche’ persone che, in linea di massima hanno un buon funzionamento sociale, hanno sensibilità e sentimenti adeguati, nonché competenze culturali e lavorative improntate alla serietà e all’onestà. Però per motivi che andremo a chiarire in sintesi possono essere colpite da forme più o meno lievi o severe, acute o persistenti di tipo dissociativo.
Questo fenomeno, noto come Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID), può comportare la presenza di diverse “identità” che emergono in momenti diversi, ognuna con le proprie caratteristiche, memorie e comportamenti. Si tratta di una grave alterazione della coscienza che non è dovuta a cause organiche: neurologiche o all’induzione di sostanza. In termini freudiani, psicodinamici, è considerabile come una forma di difesa estrema, la quale preserva da sintomi epressivi gravissimi e persistente (depressioni maggiori) o dall’instaurarsi di quadri psicotici di tipo schizotipico. Potremmo considerarla come l’ultima difesa disponibile prima della follia o del decadimento in uno stadio di ritiro totale dalla realtà di tipo autistico. Come tutte le difese prima del cedimento finale è la più angosciosa, ma è anche la più massiccia. Vale a dire che non consente il sopravvento di una totale e duratura perdita del ‘principio di realtà’ tuttavia, se non viene curata può dare luogo a sintomatologia ansioso depressive veramente debilitanti e all’instaurarsi di fantasie autodistruttive, o a stati di maniacali, considerati come fughe estreme pur di non ricadere nell stato dissociativo. Quindi si possono intraprendere impoderati e drastici cambiamenti di vita, o fare ricorso a droghe, alcool, o a pa psicofarmaci in modo non ben controllato.
La memoria è un altro elemento centrale nel Disturbo Dissociativo. Gli individui possono avere amnesie temporanee, in cui non riescono a ricordare eventi significativi della propria vita, spesso legati a esperienze traumatiche. Anche questo provoca il terrore di poter perdere ‘iproipri dati’ e le proprie conoscenze e quindi genera deliri di rovina. Persone di elevata cultura, o con grandi competenze lavorative, temono di potersi scoprire inabilitati e incapaci nell’esercizio delle loro attività lavorative e professionali. Quasi sempre devono celare queste paure, nel timore di risultare inaffidabili agli occhi degli altri. Tutto ciò costringe ad isolarsi e a evitare possibilità di evoluzione dei rapporti umani, se non in ambiti strettamente collaudati (famiglia, partner; raramente amici) e quindi rinunciando o coercizzando attività di socializzazione.
Questa condizione influenza e debilita le relazioni interpersonali, il lavoro e la qualità della vita. Perciò la cornice ansioso-depressiva è una conseguenza del disturbo, più che una sua componente. Spesso gli attacchi dissociativi vengono scambiati per ‘attacchi di panico’ e quindi trattati in modo provvisorio o superficiale. Ma mentre nell’attacco somatico i sintomi di malessere somatico, fino al punto di svenire o di non riuscire a respirare, o vertigini, ecc. risultano ben percepiti ed espressi, nel disturbo dissociativo il sentirsi male fisicamente per quanto possa sussistere non è centrale, anzi prevale la sensazione di ‘non sentirsi’, se non come testimone di una realtà corporea e ambientale diventata angosciosamente estranea. Il tentativo di ritornare ad una realtà affettivamente sensibile e vivificata comporta enormi sforzi.
Riassumendo principali sintomi dei disturbi dissociativi includono:
- Dissociazione: Una disconnessione tra i pensieri, le emozioni, le memorie e l’identità. Questo può manifestarsi come una sensazione di distacco dalla realtà o da se stessi.
- Amnesia dissociativa: Difficoltà nel ricordare informazioni personali significative o eventi traumatici. Questa amnesia è spesso selettiva e non è spiegata da condizioni mediche.
- Depersonalizzazione: Sensazione di distacco dal proprio corpo o dalla propria identità, come se si fosse un osservatore esterno della propria vita.
- Derealizzazione: Percezione del mondo esterno come irreale, distante o distorto. Gli individui possono sentirsi come se il loro ambiente fosse privo di vita o estraneo.
- Disturbo dell’identità: Nei casi di Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID), possono emergere diverse identità o personalità, ciascuna con proprie memorie, comportamenti e modi di pensare.
- Difficoltà nella regolazione emotiva: Gli individui possono lottare per gestire le emozioni, sperimentando sbalzi d’umore intensi o sentimenti di impotenza.
- Problemi relazionali: La dissociazione può interferire con le relazioni interpersonali, causando difficoltà nel comunicare e connettersi con gli altri.
- Sintomi somatici: Alcune persone possono manifestare sintomi fisici come dolore o affaticamento, senza una spiegazione medica chiara, legati alla loro esperienza dissociativa.
- Questi sintomi e stati disfunzionali, possono alquanto variare in intensità e frequenza, influenzando significativamente la vita quotidiana delle persone affette da disturbi dissociativi. È importante cercare supporto professionale per la gestione di questi sintomi.
Nei periodi precedenti o successivi all’attacco dissociativo si possono perpetuarsi a tratti, seppure in forma più lieve:
- Difficoltà di concentrazione: si possono avere problemi di attenzione, rendendo assai complicato completare compiti o prendere decisioni.
- Sensazione di disorientamento: episodi di confusione temporale o spaziale, dove la persona può avere difficoltà a localizzarsi nel tempo o nello spazio.
- Senso di impotenza: La sensazione di non avere controllo sulla propria vita o sui propri pensieri può essere prevalente, portando a sentimenti di vulnerabilità
- Comorbilità: I disturbi dissociativi può presentarsi in comorbilità con altri disturbi o con stili di personalità, o in particolari contesti infausti, per cui la diagnosi non è sempre facilmente individuabile. Talvolta il disturbo dissociativo viene considerato come sintomatico di una sindrome depressiva. Tuttavia sarebbe sempre opportuno considerarlo anche in una sua dimensione nosologica e clinica a se stante.È fondamentale che chi soffre di Disturbo Dissociativo riceva un adeguato supporto psicologico e trattamento, che può includere terapia cognitivo-comportamentale, terapia dialettico-comportamentale e, in alcuni casi, farmaci per gestire i sintomi associati. La comprensione e la sensibilizzazione su questo disturbo sono cruciali per migliorare la vita delle persone che ne sono affette.

Francis Bacon
CAUSE DOVUTE A CARENZE NELL’ INFANZIA O AD EVENTI TRAUMATICI
Le principali cause scatenanti di traumi psicologici che possono condurre a disturbi dissociativi includono:
- Abuso infantile: Esperienze di abuso fisico, emotivo o sessuale durante l’infanzia possono creare un ambiente di stress e paura, portando alla dissociazione come meccanismo di difesa.
- Negligenza: La mancanza di cure affettive e di sostegno da parte delle figure di attaccamento può contribuire a sviluppare una dissociazione come modalità di coping.
- Eventi traumatici: Incidenti gravi, violenze, guerre, disastri naturali o esperienze di vita minacciose possono scatenare sintomi dissociativi.
- Perdita significativa: La morte o la separazione da una persona cara possono scatenare traumi emotivi e dissociazione per affrontare il dolore.
- Trauma complesso: Situazioni di stress prolungato e ripetuto, come vivere in contesti di violenza domestica o in ambienti instabili, possono portare a un disturbo dissociativo.
- Esperienze di discriminazione o persecuzione: Essere vittima di forme sistematiche di abuso o discriminazione può contribuire a sentimenti di estraniamento e dissociazione.
- Potenti meccanismi di rimozione: traumi di diversa natura e gravità, delusioni affettive, disfunzioni famigliari, ecc.
- Fattori genetici e biologici: Alcuni studi suggeriscono che ci siano predisposizioni genetiche che possono rendere alcune persone più vulnerabili ai disturbi dissociativi in risposta a esperienze traumatiche.
Questi fattori possono interagire in modi complessi, e non tutte le persone che vivono esperienze traumatiche sviluppano un disturbo dissociativo. La resilienza individuale, il supporto sociale e le risorse personali giocano un ruolo fondamentale nella risposta al trauma.
Trattamento
Il trattamento per i disturbi dissociativi può includere:
- Terapia psicologica: La psicoterapia in generale, terapia cognitivo-comportamentale, la terapia dialettico-comportamentale e la terapia di esposizione possono aiutare a elaborare traumi e sviluppare strategie di coping. Straordinari risultati si ottengono con le artiterapie e quindi con terapie capaci di evocare risposte e insight di carattere psicoenergetico e simbolico.
- Farmaci: Sebbene non esistano farmaci specifici per i disturbi dissociativi, i farmaci antidepressivi o ansiolitici possono essere prescritti per gestire sintomi associati come ansia e depressione.
- Supporto sociale: Gruppi di sostegno e rete di supporto possono fornire un ambiente sicuro per condividere esperienze e strategie di coping.°Strategie di
- Coping (condotte terapeutiche autogestite).
Per mitigare questi effetti, le persone con disturbi dissociativi possono adottare diverse strategie, tra cui:
- Comunicazione aperta: Parlare con più apertura fiducia a riguardo delleproprie esigenze e dei propri momenti o periodi di difficoltà può aiutare a ricevere più sostegno e comprensione.
- Tecniche di gestione dello stress: Pratiche come la meditazione, la mindfulness o la terapia possono contribuire a migliorare la gestione dei sintomi.
- Pianificazione: L’uso di strumenti di pianificazione e organizzazione può aiutare a mantenere il focus e a gestire scadenze e obiettivi.
Affrontare i disturbi dissociativi richiede un approccio integrato che consideri le esperienze uniche di ciascun individuo. La consapevolezza e la comprensione di questi disturbi sono fondamentali per migliorare la qualità della vita di chi ne soffre. È importante cercare supporto professionale per sviluppare un piano di trattamento adeguato e personalizzato.
VISIONE SIMBOLICA DID (Parte 2)
UNA PROTEZIONE TERRIFICANTE, CHE METTE L’ANIMA DI UNA BARA DI PIOMBO!
Come accennato all’inizio dell’articolo il DID può essere metaforicamente considerato nei termini di una Psicologia alchemica (si vedano in particolare gli studi di Jung, M.-L .Von Franz e Hillman:Abbiamo fatto cenno al piombo come il metallo più pesante, inerte e opaco della metallurgia alchemica. D’altra parte anche in termini chimici il piombo è considerato come uno scadimento attraverso milioni di anni del potere radiogeno dell’Uranio. Se il piomba affonda nel viscere del mare e della Terra, l’Uranio è la materia viva che innalza la sua potenza vibratoria nel tempo e nello spazio, come energia di una uranicità celeste che si trasfonde in tutta la materia dell’universo. La psiche non ha un vero accesso diretto alla materia, come ben sapevano i neoplatonici, nonché i fisici della natura atomica, energetica e quantistica delle cose e degli stati del mondo. Noi abbiamo l’illusione di avere un accesso direttoa alla realtà per come è, e spesso ci diamo un gran da fare per distinguere con ogni sforzo di scienza e coscienza cosa sia razionale e cosa non lo sia. Ma la realtà è in effetti sempre psichicizzata, sia se consideriamo questo come una nostra proiezione più o meno inconscia su di essa, sia se invece la contempliamo nella sua carica animistica, per cui la introiettiamo come materia animata in se stessa. Noi crediamo di poter essere razionali e basta, ma questa è una illusione, della quale possiamo fare buono o cattivo uso. Quando ci fissiamo nell’idea che le cose sono così come le vediamo, dimentichiamo che in verità le stiamo osservando da un punto di vista che non è solo spaziale o temporale, ma anche relativo al nostro psichismo. D’altra parte capita anche che ci gettiamo senza freni a non considerare alcun limite alle nostre proiezioni e introiezioni al punto di scambiare le allucinazioni per realtà. Questo doppio excessus mentis, nelle sue estrazioni bipolari di estreemo materialismo o estremo spiritualismo, può essere considerato come il fattore psicoalchemico che sta alla base della funzione compensatoria del DID. La psiche si dissocia, quando troppo è troppo, in un modo o in un altro. Allora la realtà diventa plumbea, così che l’anima possa separarsi dal suo coagularsi in una hybris di onnipotenza o di superficialità involutiva o degenerativa. Si viene terrificati dal momento che si è costretti a separare lo psichismo dal reale attraverso una corazza di piombo che protegge dalle radiazioni in entrata e non permette di farle scaturire in uscita. La qualità vibratoria della vita viene ridotta ad uno stadio di pessantissima inerzia. Tutto appare irrelato, persino la propria materia corporea non ha più senso vitale. E intanto si viene condannatia ad assistere senza impazzire, con una pietrificata lucidità, la quale però minaccia da un momento all’altro di poter sprofondare fino nelle viscere del fuoco terrestre, per liquefarsi, oppure per essere espulsa in qualche buco nero che risucchia come un’idrovera ogni particella di luce o di energia. Eppure il piombo ha una sua malleabilità e consistenza quasi indistruttibile, la sua pesantessa lo fa collassare ma senza per questo mandarlo in frammenti, come avverrebbe per un cristallo o altra pietra. Ingiallisce, si opacizza, ma non si ossida, l’acqua non può arruginirlo, resta inerte pure a certi acidi, si ammorbidisce, si disgrega, ma non va mai a pezzi.
Gli alchimisti medievali, sulla base di concezioni metafisiche e misteriche risalenti alle antiche culture della Mesopotamia, delle Indie e poi della gnosi cristiana consideravano che l’opus massimo doveva consistere nel trarre il massimo dal minimo, l’alto dal basso, il bene dal male, la vita dalla morte e quindi l’oro dal piombo. Nel DID avviene che la dissociazione dell’anima dalla materia, dia luogo alla prima fase del solve et coagula. La prima fase è detta Nigredo, ovvero il dissolversi, lo sciogliersi, anche attraverso processi di destrutturante separazione, di aggregati diventati insopportabili nel loro fissarsi involutivo. Senza il cupo solversi della Nigredo sarebbe impossibile passare al solversi argenteo e lunare dell’Albedo, che consiste in una distillazione dalla quale emerge un primo processo coagulativo, cioè rigenerativo. Senza conoscennza, senza interpretazione, senza interpretazione simbolica accade che la Nigredo diventi ribollente di angoscia involutiva, agitata solo da una disperata volontà di fuga, di sbarazzarsi di ogni provetta e ritornare alla propria dimensione involutiva di hybris, costituita si come una fissazione ad una propria pseudoconfort zone. Si ritorna allora ad esagerare, o sul versante dell’estremismo razionale o su quello dell’estremismo spirituale, allora il DID inesorabilmente ritorma per disgregare quell’attaccamento involtivo alla realtà, che si pretenderebbe di reificare o spiritualizzare a proprio piacimento. Ma l’anima, purtroppo o per fortuna, non ce la può fare ad assecondare tali opposti estremismi, e allora può ricorrere al DID, una sorta di servizio segreto che avrebbe lo scopo di disarticolarli, ma dentro una condizione di pumblea integrità. Si tratta di un incantesimo maligno che pone la coscienza nell’incapacità di farla da padrone in qualsiasi modo, gettandola nella crudele contemplazione della sua più completa impotenza. Ma di fronte a ciò il piombo invita a rallentare, non a fuggire, con il risultato di rendere rovinosa qualsiasi pretesa di rapida guarigione, qualsiasi scorciatoia che eluda il problema… il problema può risolversi solo quando si riesce a comprendere da dove è nata una ostinazione a piegare la realtà al nostro dominio iperazionale o ipermistico, per poi riscoprire la possibilità di una unificazione simbolica del vivere nella carne e nello spirito, nelll’Io egoico e nel Sé universale, nelle ombre e nelle luci dell’anima… Con la terapia patologizzante estrema del DID si cade in uno stato di plumbea devitalizzazione, per cui la morte appare come un fantasma vivente che tormenta e terrorizza… eppure la coscienza non viene annientata, le è stato fornito il piombo con cui potrà lavorare, quando incomincerà ad avere una visione simbolica e non solo scientifica di ciò che gli è capitato. Il dolore la costringerà a seguire con umiltà l’opus verso l’oro, oppure sarà condannata a ritornare nel piombo molte volte. Il rischio è che quel piombo possa produrre un avvelenamento di altre funzioni (come ben si sa il piombo è molto velenoso). Perciò occorre non fuggire dal piombo, altrimenti questo rimarrà attaccato ai propri ‘piedi di piombo’, i quali non saranno più una protezione razionale, ma una condanna a sprofondare nelle sabbie mobili della inerzia della materia, dissociata da ogni naturale vibrazione psichica e trascendente.
Il mito della caverna di Platone non dice cosa succederà a coloro che uscendo dalla caverna saranno incapaci di aprire davvero gli occhi e rendersi conto di vedere ombre e non la realtà. Ma potremmo dire che si ostineranno in quella loro cieca visione, in molti di loro sopraggiungerà un DID, in primis per salvarli, ma poi se non apriranno gli occhi al simbolico, che unisce materia e spirito, risciano di essere divorati nel tremendum del numinoso disumano, oppure nello horror vaqui dell’inorganico.
Per lavorare il piombo occorre ‘sofisticarlo’ quindi renderlo disponibile a trasmutazioni, a leghee composizioni, attraverso bagni chimici a base di acidi e sali, ossidazioni e azioni meccaniche e soprattutto termiche. A conclusione di queste brevi considerazioni psicoalchemiche, le quali non sono da intendersi solo come esercizi visionari, ma come fattori di un dialogo terapeutico orientato a una presa di coscienza simbolica, riportiamo questo brano di J. Hillman sullo ‘spiritus rector’, quindi orientativo e terapeutico dei metalli in senso psicoalchemico:
Le cose sulla Terra, specialmente i metalli nelle sue viscere, sono in contatto con gli déi; sono portatori di messaggi mitici. C’è uno spirito nel ferro, nel piombo, uno spiritus rector,; un principio guida che insegna all’artigiano. Il piombo insegna la lentezza,; il rame, il calore immediato; il mercurio, l’inafferrabilità e la fusibilità. E lo spirito del metallo, il suo corpo sottile e la sua ombra, più che il minerale in Sé, che diventa il punto focale dell’alchimia… l’alchimista cerca di liberare determinate qualità del metallo… Nello stesso tempo , l’alchimia mette in guardia dalla possibilità di possessione da parte dello spirito stesso che l’artigiano cerca… ( Psicologia e alchimia, 2010).
Pier Pietro Brunelli – Psicologo – Psicoterapeuta