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L’interazione psiche-sistema nervoso nelle dinamiche erotico-affettive fortemente disturbate

Pier Pietro Brunelli – Psicologo-Psicoterapeuta

Sono lieto di presentare in seguito a questa mia prefazione, una preziosa sintesi della Dr.ssa Elisa Mapelli Mozzi (Biologa) sugli aspetti neuropsicologici della dipendenza erotico-affettiva nell’ambito di relazioni caratterizzate da dinamiche narcisistiche e borderline.  Quando si osservano le relazioni tra Psiche e Sistema nervoso, è sempre importante considerare che si tratta di interazioni. Soprattutto è importante non scambiare la causa con l’effetto, ovvero non fissarsi sull’idea che siccome nel corpo circolano determinate sostanze biochimiche, allora sono queste a provocare uno stato psichico alterato. Semmai è più frequente il caso contrario, cioè un certo stato psichico induce risposte neurofisiologiche nell’organismo, le quali però a loro volta fanno da leva negativa sullo stato psichico in una sorta di circolo vizioso. Questa considerazione prevale laddove non ci siano effettive lesioni e marcate disfunzionalità di tipo organico, e in generale e soprattutto laddove si tratta di sofferenze, traumi e dipendenze amorose destabilizzanti. La psiche ferita in amore, rassegnata per lungo tempo a sopportare lo stress e le cronicità ansioso-depressive generate da relazioni abusanti e distruttive, finisce con l’avvelenare anche il corpo, quindi il sistema nervoso e non solo. Gli amori tossici sono intossicanti per l’organismo, e queste intossicazioni rendono poi ancora più fragile e dipendenti sul piano psichico.  Minacce abbandoniche, tradimenti, delusioni, continui tira e molla, prevaricazioni e angherie ad opera di un partner abusante, che sente di poter dominare l’altro con ricatti affettivi, seduttività manipolatorie, menzogne e false promesse volte a tenere ‘in pugno’ l’altro/a, diventano una sorta di cappio ‘biopsichico’ che, paradossalmente, può provocare nel partner che lo porta al collo, la tendenza a stringerlo ancora di più, piuttosto che a liberarsene.

La diagnosi psicologica profonda

La dipendenza amorosa non è di per se stessa una cosa negativa: è naturale quando si ama sentire che la propria gioia di vivere dipende anche dal partner, il quale a sua volta prova una codipendenza amorosa. Ma quando la relazione diventa fortemente asimmetrica, e un partner si approfitta malamente della dipendenza amorosa dell’altro, allora si sviluppa un fenomeno di dipendenza negativa, che può rafforzarsi tragicamente anche per via di risposte organiche alterate e disfunzionali. Ma come ho ribadito più volte nei miei testi, il processo che porta alla dipendenza erotico-affettiva con un partner delusivo, abbandonico, opportunista e così via (diciamo caratterizzato da stili di personalità della sfera narcisistica/borderline) è qualcosa che si sviluppa anche per una propria predisposizione interna, da me individuata come ‘ferita narcisistica pregressa, occulta e non curata’, ovvero una qualche fragilità affettiva relativamente silente, che emerge in tutta la sua virulenza nelle dinamiche di coppia che dopo un esordio appassionante, si rivelano sempre più tossiche. Sarebbe quindi naturale rifuggire da ciò chediventa tossico, seppure dapprima pareva gradevole o anche eccellente. Nessuno continuerebbe a mangiare un cibo assai gustoso inizialmente, ma che poi si rivela sempre più amaro e disgustoso: è ovvio che lo si rifiuterebbe senza esitazione. Questo non sempre avviene se si tratta di nutrimento erotico-affettivo – per quanto si percepisca sempre più convintamente che è nutrimento affettivo avariato, non si riesce a farne a meno, anzi sembra che ne si voglia ancora di più, magari aggrappandosi all’idea che se si resiste ritornerà ‘buono’ – pur constatando che invece diventa sempre più ‘cattivo’!  Quando ciò avviene è segno che una propria ferita psicoaffettiva pregressa di tipo narcisistico (relativa ad una carenza di amore per se stessi: autostima non superficiale, forza del proprio Sé autentico) si è infettata e il proprio sistema ‘psicoimmunitario’ (volendo usare questa metafora) non solo non è in grado di reagire per debellare l’infenzione, ma addirittura la fortifica!! Perciò bisogna assolutamente trasformare questo genere di dipendenza negativa in un percorso di evoluzione sentimentale e psicospirituale, a partire dalla cura e dalla rimarginazione della propria ferita psichica (narcisistica) che si è infettata, fino a farla diventare simile alle cicatrici onorevoli di un simpatico pirata, oppure alle stigmate di un santo (ma con più umiltà meglio un misto tra le due cose, dato che occorre fortificarsi restando tuttavia umili). Diciamo che è l’importante è tornare ad essere una persona di buon cuore, oppure un buon diavolo, con il sorriso nel cuore, attraverso il quale si ama ciò che fa bene e mai più ciò che fa male.  L’autocritica resta dunque fondamentale, in quanto se non si esaminano i propri aspetti d’ombra che inconsciamente hanno portato a legarsi e a persistere in una relazione ‘malefica’, la luce che porta il bene non incomincerà a giungere dall’uscita del tunnel…  Dalla sofferenza orientata con i giusti mezzi viene l’alchimia della purificazione; da quelli che parevano solo rovi viene la rosa; dalle tenebre viene l’alba nella quale dispariscono le notti e i giorni insonni e angosciati della vampirizzazione amorosa, alla quale per una propria inconscia fragilità interiore si offriva il collo fino a restare vampirizzati, ovvero dipendenti da sentimenti e rapporti tetri, strazianti, mortificanti.

La cura profonda

La Psicoterapia – intesa come  una relazione terapeutica specialistica, nella quale ci si sente davvero compresi nel profondo e anche sostenuti affettivamente e psicospiritualmente – è la via fondamentale per una rinascita interiore e uscire dalle relazioni tossiche. Per liberarsi dalla dipendenza amorosa negativa è fondamentale reinterporetare la propria sofferente storia amorosa alla luce di antichi miti e leggende di saggezza, attraverso la poeticità e la compassione, fino a quando l’anima-psiche percepirà di aver rinnovato in se stessa le fonti energetiche della vita, quindi dell’amore e della bellezza.   Per questo occorre impegnarsi a costruire una buona relazione  psicoterapeutica, partecipando come soggetti attivi e non aspettandosi soluzioni attraverso tecniche meccaniche, formule magiche o psicofarmacologiche.  Al fine l’Amore – in tutte le sue forme – resta la forza principale per disintossicarsi da amori malati, dapprima psichicamente e poi di conseguenza anche dai riflessi che provocano sul sistema nervoso – e ciò anche attraverso stili di vita alimentari, cure naturali, esecizio fisico, contatto con la natura, espressione creativa e poetica, incontro con la natura, le arti e lo spirito.  Questa ricerca interiore e di un modo più sano e armonioso di essere nel mondo, insieme a una relazione psicoterapeutica sensibile, profonda ed autentica, conduce a ritrovare l’energia vitale insita nell’amore per se stessi e nell’universo di cui siamo parte.  Ecco allora che si potrà tornare ad amare e ad essere amati, e anche l’organismo che risentiva di relazioni amorose stressanti, delusive e mortificanti incomincerà a riarmonizzarsi.

Ora però vediamo di conoscere qualcosa di ‘scientifico’ sulle risposte organiche e i circoli viziosi biopsichici provocati dalla sofferenza e la dipendenza amorosa negativa.

Buona lettura alle amiche e agli amici di Albedoimagination.

Dipendenza biochimica e  stress indotto da dinamiche erotico-affettive disturbate

Dott.ssa Elisa Mapelli Mozzi – Biologa

Studi neuroscientifici in merito alla dipendenza affettiva (DA) effettuati da ricercatori in campo neurobiologico, offrono un importante spunto utile all’ottimizzazione dell’approccio psicoterapeutico da parte di professionisti a stretto contatto con soggetti vittime di abuso narcisistico. Questo scritto funge quindi da guida, dal punto di vista psicobiologico, ed espone i pattern e le dinamiche che si innescano a livello biochimico e cerebrale negli individui che sviluppano questo tipo di disturbo relazionale.

La dipendenza affettiva (DA) rientra negli stati psicopatologici in cui un soggetto può incorrere nel corso della propria vita sia in epoca adolescenziale, sia in fase adulta. Ciò che differenzia la dipendenza affettiva da altre forme di subordinazione quali da sostanze stupefacenti o alcol è la dinamica con cui queste ultime si sviluppano, legate principalmente oltre ad un fattore genetico, ad un’errata realizzazione della propria identità personale all’interno della società, accompagnata da un senso di inadeguatezza che genera un deficit nelle relazioni interpersonali. Al contrario, il soggetto che incorre in dipendenza affettiva disfunzionale, seppur sviluppi numerose caratteristiche psicopatologiche derivanti da una disfunzionalità nella gestione della sfera emotivo-relazionale, può non manifestare episodi pregressi di subordinazione poiché il punto cardine da tenere in considerazione per differenziare i due stati patologici non è come, ma con chi sceglie di relazionarsi.

Il circuito meso-cortico-limbico e il sistema di ricompensa e gratificazione

In campo neurobiologico la dipendenza affettiva pone un certo interesse dal punto di vista relazione-effetto in quanto nella vittima da abuso narcisistico, ossia nel dipendente affettivo, molteplici mediatori chimici innescano una risposta a cascata comparabile a quella che si attua nei confronti di numerose sostanze stupefacenti, coinvolgendo circuiti cerebrali connessi alla sfera emotivo-cognitiva, quali la ricompensa e la gratificazione, e portando così il soggetto ad essere a livello cerebrale chimicamente dipendente dal soggetto abusante, o vampirizzante, e sviluppando una serie di comportamenti disfunzionali conseguenti ad un alterato stato psicofisico. Dal punto di vista anatomico, le strutture cerebrali coinvolte nel sistema di ricompensa possono unificarsi a livello del circuito meso-cortico-limbico, il quale comprende l’area tegmentale ventrale mesencefalica (VTA), lo striato ventrale, la corteccia prefrontale, cingolata e insulare, l’ippocampo, il talamo e l’amigdala. All’interno del sistema di ricompensa, oltre alla presenza di innumerevoli neuroni GABAergici che attuano una spiccata attività inibitoria della tensione emotiva e dello stress, sono presenti anche neuroni dopaminergici i quali, oltre ad inibire l’azione conservatrice svolta dai GABAergici, producono dopamina, il neurotrasmettitore capostipite della sensazione di piacere e di ricompensa.

A fronte di quanto riportato, diversi studi scientifici hanno sottolineato come esista una correlazione tra le dipendenze da sostanze stupefacenti e quelle comportamentali/relazionali definendo infatti queste ultime “capaci di attivare gli stessi circuiti responsabili della gratificazione indotta da sostanze psicoattive” (Ammaniti M. et al., 2008), ed evidenziando notevoli alterazioni del circuito dopaminergico mesolimbico, in quanto il rilascio di dopamina è maggiore e più prolungato nel tempo rispetto agli stimoli naturali, e anomalie sinaptiche a livello delle regioni corticali come la corteccia prefontrale e cingolata.

Risulta chiaro come la vittima vampirizzata nel lungo periodo possa incorrere in alterazioni cognitive-comportamentali, sviluppando anche forti pensieri desideranti nei confronti dell’abusante che sfociano, se non trattati, nel cosiddetto ‘craving’, ossia la bramosia di relazionarsi quanto più possibile con il partner narcisista che a sua volta è in grado di indurre nella vittima il rilascio di molecole coinvolte nella biochimica del piacere.

La biochimica del piacere nella relazione abusato-abusante

Relativamente alla dipendenza affettiva la neurobiologia si occupa di studiare e analizzare, dal punto di vista anatomico e fisiologico, eventuali alterazioni biochimiche e neuroanatomiche indotte da una prolungata esposizione con una sostanza, un oggetto o una persona in grado di generare la dipendenza stessa. L’utilizzo di rsfMRI (Resting state fMRI), è un esempio di metodo analitico avanguardistico comprendente l’osservazione selettiva di aree cerebrali, attivate da stimoli endogeni o esogeni, per lo studio di eventuali condizioni psicopatologiche che si possono verificare durante uno stato di dipendenza. La tecnica fornisce quindi una mappa delle attività sinaptiche delle aree cerebrali di interesse, permettendo inoltre l’individuazione di possibili alterazioni della componente biochimica, quali il rilascio di neurotrasmettitori ed ormoni, coinvolti nella sfera emotivo-relazionale e del piacere.

Fig. 1: rsfMRI:  Brain network dysfunctions in addiction (Tolomeo S.: A meta-analysis of resting-state functional connectivity. Nature 2022)

Sono infatti numerose le molecole implicate nella dinamica affettiva – tra cui la dopamina già citata nei precedenti paragrafi – e risulta di conseguenza opportuno porre particolare attenzione ad altri componenti biochimici come la serotonina, la feniletilamina, l’adrenalina e la noradrenalina. Il coinvolgimento e la conseguente alterazione dell’ormone cortisolo, invece, riguarda una situazione di stress-indotto sia da parte della vittima sia dell’abusante.

·         Serotonina: è un ormone coinvolto nella regolazione dello stato emotivo-umorale e, come osservato in uno studio condotto da Pallanti et al., “un’alterazione serotoninergica può portare a stati di compulsione e impulsività” riscontrabili nei casi di dipendenza affettiva. L’ossessione verso l’abusante – se così in termini semplicistici si può definire -, ha il solo scopo di raggiungere nuovamente la gratificazione ottenuta grazie all’abbondante rilascio di dopamina. Il pensiero dell’altro, infatti, tende a diventare compulsivo, portando a pensieri intrusivi e ripetitivi.

·         Feniletilamina (PEA): importante neurotrasmettitore precursore di sintesi chimica di anfetamine. Gioca un ruolo chiave nella fase dell’innamoramento e provoca sensazioni quali euforia, eccitazione o infatuazione che donano un senso di piacevolezza a causa del rilascio di endorfine. Sono proprio queste emozioni ad essere continuamente ricercate dal dipendente affettivo, in quanto la frequente incostanza causata dal rapido passaggio da una situazione di esaltazione ad una di denigrazione e non accettazione da parte dell’abusante, porta il soggetto ad essere esposto ad un alternarsi di emozioni che lo trattengono in un vortice di continua ricerca del piacere ottenuto in piccole dosi.

La dipendenza affettiva, al contrario di altri tipi di dipendenze generate in primis da fattori genetici e da stress sociali o relazionali (Rajita S. 2009) porta, nel lungo periodo, allo sviluppo di una forma cronica di stress auto-indotto con conseguente incremento di rilascio di ulteriori elementi chimici utili a sopperire le alterazioni motivazionali e relazionali proprie del rapporto tossico che il soggetto vive. Lo stress coinvolge la percezione e la valutazione del proprio sé, portando così la vittima ad essere maggiormente dipendente dall’abusante al quale spetta la sentenza finale, avvalendosi di una funzione giudicante. A livello biochimico, adrenalina e noradrenalina, ossia catecolamine rilasciate come neurotrasmettitori dai gangli presinaptici e come ormoni dalla porzione midollare del surrene, portano il dipendente ad essere in un continuo stato emotivo di allerta, con aumento della pressione arteriosa e del rilascio dell’ormone cortisolo, quest’ultimo implicato nella riduzione della funzionalità
immunitaria e conseguente stress psicofisico.

Conclusioni

A fronte di quanto discusso, dal punto di vista neurobiologico si può affermare l’esistenza di una connessione tra la dipendenza affettiva e quella nei confronti di sostanze psicoattive. Tutto ciò che è dotato di potere motivazionale positivo, infatti, tende ad aumentare l’attività neuronale di un particolare fascio di fibre dopaminergiche, che originano nell’area ventrale tegmentale (VTA). Come analizzato nell’articolo, vengono prodotti a cascata numerosi neurotrasmettitori e ormoni che portano l’individuo a sviluppare, nel tempo, una vera e propria forma di dipendenza nei confronti dell’abusante, difficile da eradicare se non con uno specifico trattamento psicoterapeutico e anche con il supporto ‘olistico’ di esperti qualificati in campo medico e nutrizionistico per avviare processi depurativi dell’organismo.

Come tutte le dipendenze le tempistiche di risoluzione non sono brevi, resta fondamentale la collaborazione attiva del paziente che, mosso da un forte e consapevole moto di volontà, decide di affrontare i propri fantasmi interiori per ritrovare un senso di pace, libertà e vitalità.

Bibliografia

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