MEDIAZIONE E CONSULENZA FAMILIARE E PER LA COPPIA, PER SEPARAZIONI; DIVORZI E RICONCILIAZIONI CON UMANITA’, PSICOLOGIA E RISPARMIO (Alla fine di questa introduzione a cura del Dr. Pier Pietro Brunelli (Psicoterapeuta), si veda come ottenere questi servizi a cura del Dr. Cosimo Aruta (Psicoterapeuta e specialista della Mediazione familiare).
La separazione e il divorzio sono momenti cruciali e di grande sofferenza. Quando ci sono dei figli i problemi psicologici richiedono una fortissima responsabilità psicologica. Eppure le coppie che devono intraprendere il triste cammino della separazione e del divorzio raramente si avvalgono di una consulenza psicologica specialistica. Talvolta sono gli avvocati più bravi e più umani a doversi fare carico di funzioni psicologiche, ma ovviamente non hanno una preparazione specialistica in tal senso. Purtroppo, capita spesso che la disputa legale aggravi ancor di più la sofferenza psicologica, giacché il conflitto si disumanizza, diventa una questione di abilità legale nel combattere, nel cercare di sopraffare, piuttosto che di collaborare affinché l’iter si svolga nel modo più sereno possibile, per entrambi i partner e per i figli.https://www.albedoimagination.com/2014/03/consulenza-di-coppia-riconciliarsi-o-voltare-pagina-nel-bene/
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Buongiorno a tutte,
la separazione è un grande fallimento in virtù di quanto si è investito nel matrimonio.
Dalla mia esperienza posso dire che è stato devastante. Vengo da una famiglia dove mi sono stati insegnati i valori importanti della vita e non mi è mai mancato l’affetto dei miei genitori che quest’anno festeggiano 50 anni di matrimonio. Ho studiato, una laurea con master, un lavoro, ho viaggiato e vivo in una bella casa (mia) con mio figlio. Non ho mai contemplato possibile l’idea della separazione anzi, mi dicevo a me non succederà mai. Mio marito anche lui con una bella famiglia solida, tre fratelli tutti laureati insomma anche loro una famiglia unita. C’erano tutti gli ingredienti affinchè questo matrimonio durasse, invece no. Il problema nel mio caso caso è che mio marito è un narcisista patologico malvagio. Non conoscevo la sindrome e non mi sfiorava nemmeno l’idea che potesse essere un problema suo. Tutta la colpa era mia e l’ho creduto per anni al punto di somatizzare fisicamente tutto il mio malessere: attacchi di panico, acufeni, cistifellea impazzita. Tutto è svanito quando ho avuto la forza di separarmi e senza un altro uomo accanto. Sono una donna lucida e ragionevole e se mio marito si fosse innamorato di un’altra avrei faticato molto meno. Tutti abbiamo diritto ad essere amati e se non si ama più è giusto cercare e trovare una donna/uomo che ci renda davvero felici. Sono invece stata vittima di bugie, cattiverie oltre misura mortificazioni e inganni il tutto condito da un mio senso di colpa che mi teneva legata stretta a lui. Ecco in questi casi è difficile molto difficile mantenere un rapporto civile. Ma a me che piacciono le sfide, e ci sono riuscita. Sono due anni che siamo separati con sentenza del Tribunale, e tre che lui non vive più con noi (ho un figlio splendido) ma già da più di un anno andiamo veramente d’accordo. Il rapporto è sereno e collaborativo e penso anche di affetto tra noi. Mi ha aiutato molto conoscere la sua patologia, mi ha aiutato a vedere chiaramente una tela nebbiosa di cui non distinguevo la trama dall’ordito. Credo mi abbia anche aiutato il fatto di non essermi buttata tra le braccia del primo uomo come spesso accade in questi casi. Lo desidero un uomo accanto a me ma questa volta desidero che sia un amore con la A maiuscola, non una farsa come è stato il mio matrimonio. Quindi non ho fretta e attendo consapevolmente il suo arrivo. Sono una nuova donna rinata e di nuovo felice. Ho rimparato a gioire delle piccole cose della vita, ho mio figlio che è un grandissimo dono, ed è lui il primo motivo di perdono verso il mio ex marito. Questa mia testimonianza vorrei fosse un po’ una speranza per chi ancora non è uscito. E’ faticoso odiare, farsi guerre e dispetti. Cerchiamo di vivere la nostra vita in modo “alto”, non perdiamoci in rancori inuti non servono e ci fanno del male. Impariamo a volerci bene sul serio preservandoci per quanto possibile, da ciò che nocivo. Sorridiamo, accogliamo e perdoniamo. La vita all’improvviso ritorna quella meraviglia che è!
Un abbraccio forte a tutti,
Anna
Questa Tua testimonianza, Anna, è magistrale.
Anche io, da quando ho capito (e c’è voluto del tempo) , che si trattava di una patologia, sono finalmente riuscita a mettere da parte i rancori ed a convincermi che ci sono persone che usano gli altri per i propri scopi, ma non per cattiveria ma perchè è la loro formamentis mentale che è distorta- Ho sempre pensato che fossero persone cattive , vista la loro capacità di annientarti, ma da quando ho capito che si tratta di una vera e propria malattia, anche se invisibile ai più, riesco ad avere con lui un rapporto più distaccato,
Certo, ogni volta che ci parlo, cerco di essere distaccata, mi impongo di non dare adito ad equivoci di sorta e solo dopo anni ci riesco e non nascondo che ancora oggi, a distanza di tempo, ho bisogno di affacciarmi di tanto in tanto su questo blog per esorcizzarlo! Ma ce la faremo , perchè nella sventura “l’unione fa la forza”! Grazie ad internet ed ad un professionista quale è il Dott. Brunelli
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In questi giorni,
tutte le trasmissioni televisive ed i giornali sono incentrati sul caso di un ragazzo di 10 anni, che è stato trascinato con forza dalla scuola che frequentava (in un paese del nord Italia) per essere condotto in un istituto al fine di “detraumatizzarsi”, prima di essere affidato al genitore ritenuto idoneo da una sentenza del Giudice.
Senza entrare nel merito della sentenza, dalle interviste televisive è emersa una grande conflittualità tra gli ex coniugi che, seppure dotati di elevati doti culturali e capacità patrimoniali, non hanno saputo gestire la loro conflittualità tantè che il bambino è stato costretto a lasciare la propria casa dove viveva da anni, la cameretta con i suoi ricordi, la scuola con i suoi compagni, il quartiere etc, per essere catapultato, contro la sua volontà, in un anonimo istituto al fine di “detraumatizzarsi” (ed è noto a tutti lo spauracchio del “ti metterè in collegio”, retaggio di una educazione vecchia maniera che ci raccontavano i nostri nonni). Ma, secondo voi, non era il caso che andassero per prima i genitori a detraumatizzarsi piuttosto che il bambino ?
La separazione è veramente un momento traumatico, anche per chi lo vive dall’esterno con un pò di sensibilità o coinvolgimento perchè riguardante parenti stretti e sempre secondo me anche, come per il dott Brunelli, dovrebbe quasi essere obbligatorio, in forma almeno in parte convenzionata perchè riconosciuta come necessità intrinseca all’evento in atto, cosa molto rara nel nostro paese. Posso dire che vivere questa esperienza da figlio, che viene ad es. “preparato” da uno solo dei genitori all’evento separazione che sicuramente accadrà con la cassica domanda ” Se…..allora, con chi vuoi andare? come quasi una minaccia, per un bambino che coglie la gravità di ciò che avverrà ma non il reale perchè – se non gli viene spiegato appunto, che è perchè come marito e moglie non si va più d’accordo, in modo comprensibile ma autentico perchè i bambini, sentono la falsità (anche se detta con la “buona intenzione” di “non ferirlo”, senza in genere riuscirci perchè si potrà sentire ancora più spaesato)
ed essa genera in loro malessere – è a dir poco spaventoso e può provocare ansie, disturbi d’apprendimento o nello studio ed altro, facendolo a volte arrivare a pensare che gli si stia nascondendo qualcosa perchè la separazione è colpa sua. Mentre poterla ricondurre a problemi dei genitori pur suscitandogli dolore, questi gliela renderanno più comprensibile ed elaborarabile, permettendogli di capire che continuerà ad essere amato e potrà, senza “offendere” l’altro, amare ancora entrambi i suoi genitori. Ho potuto assistere a 4 tipi di separazioni/divorzi, civile e consensuale, dove dopo il periodo di separazione per “ripensare nostalgicamente ed a volte, con rabbia”, i coniugi, sono tornati amici ma ognuno con una propria distinta vita affettiva senza intralciarsi l’un l’altro; una dopo una trentina d’anni, dove il “colpevole” apparente, era il marito poichè conduceva una vita parallela ma sempre era stato amorevole e premuroso con i figli, fin da grandi, con un tentativo, di fatto non riuscito di scagliarglieli tutti contro, quando dai figli, non avrebbe dovuto nè voluto separarsi, poichè era a parte il padre, anche un bravo padre nella sostanza mentre come marito, non lo so con certezza ma non so neppure la moglie in realtà – anche se apparentemente si, mi riferisco alle loro dinamiche di coppia ed interne sue – data la parzialità dei racconti, anche se ogni eccesso di innocenza, anche svalutante verso di lui, mi appare un pò sospetto ed ancora molto legato ad una gran rabbia inelaborata e ad alti sentimenti negativi che sono interni alla persona che li esprime verso il coniuge per suoi problemi. Un’altra separazione con estrema violenza da parte femminile e famiglia, sia comportamentale che emozionale, nello scatenarsi dell’aggressività come “emozione/pensiero” di una persona tipicamente fredda, piuttosto manipolatrice, quasi diversamente inespressiva per altre emozioni e con battaglie legali volte ad ottenere tutto e di più, comprese cose inesistenti ed impossibili ed anche sostenendo false accuse, con complicità di vario tipo. Quest’ultimo tipo di separazione è caratterizzato, nella mia esperienza, da un tentativo di “usare” i figli contro l’altro genitore o come portatori di messsaggi trasversali e negativi, oltre che da quello di cercare di non farli vedere al genitore presso cui non sono collocati tranne poi rinfacciaglierlo e può generare in questi figli, gravi e gravissimi disagi, legati all’alimentazione, al deturpare il proprio corpo con tatuaggi e piercieng , vestiti non idonei ad età e contesti come ad es., la scuola, affettivi e molto altro. Oltre naturalmente,a procurare gravi danni morali e psicobiologici di diverso tipo a chi, come compagno o marito ( ma la situazione sarebbe simile se si trattasse di una moglie nelle stesse condizioni) subisce questo tipo di comportamento, il che non esclude però, che anche quest’ultimo dvrebbe fare, come è sempre consigliato e consigliabile, un’esame introspettivo, sia per comprendere le proprie responsabilità sia cosa lo può aver portato al roprio interno, verso una certa tipologia di persona tanto negativa, in modo da recuperare in sè stesso il proprio spazio di amore di sè ed autostima che queste persone tendono a minare e quindi per poter poi amare in modo sinceramente corrisposto un’altra altrettanto capace d’amare. Forse, così come vengono fatti dei corsi preparatori al matrimonio, altrettanto, con la partecipazione di professionisti di vario settore, dal legale al psicologico allo spirituale, ad es. ne dovrebbero essere fatti dei corsi preparatori per l’eventualità di una separazione civile ed umana e, quando essa avviene, seguire poi i coniugi in questo percorso, se lo stato permettesse, con dei fondi, un’istituzione del genere.
Molto attuale ed interessante questo argomento trattato in questo articolo e spinoso, dalle diverse prospettive da cui può essere visto, affettiva, psicologica e spirituale, legale e per le diverse parti sociali (coniugi, figli, interpersonali e famigliare, intrapersonale ed il contesto in cui ciò avviene) in gioco.
Molto interessanti ed utili anche tutti i vostri commenti piuttosto illuminanti su diversi vissuti.
Complimenti. Ottimo intervento. E’ interessante segnalarlo anche in quegli articoli del blog ove si parla di traumaticità della vita relazionale e affettiva, così come anche in altri ambiti e blog.
Il sostegno e la terapia credo che siano indispensabili in qualsiasi separazione (sia che si lasci l’altro e sia che si venga lasciati), per i motivi più
svariatati perchè la salute psichica è un bene primario che va salvaguardato sempre, come la salute fisica. Ma la domanda che io mi pongo è: perchè la separazione nel nostro paese viene vissuta con più sofferenza e con più sensi di colpa?
Ritorno sull’argomento perchè sono una percentuale minima le coppie che si lasciano da c.d. “buoni amici”.
A me non è mai capitato di vederne se non sentirne parlare sui rotocalchi.
A meno che si tratti di giovani coppie magari senza figli, mi chiedo perchè in Italia sia così raro che le coppie si lascino “civilmente”, pur riconoscendo reciprocamente di non amarsi più?
Il dolore di una rottura sentimentale non consente di passare dalla situazione di coppia a quella di amicizia, senza che vi sia un distacco e un periodo di effettiva separazione, durante il quale ricordi e sentimenti (nostalgici o rancorosi) devono essere elaborati in ciascuno dei due partner. In seguito sarà veramente possibile reincontrarsi su un versante di amicizia non invasiva, non vischiosa, fatta di momenti in cui ci si ritrova con soldarietà ed anche affetto, e soprattutto senza più dissapori. Ch ciò sia più o meno possibile dipende da come è stato vissuto il rapporto, e dal fatto che il partner che ha davvero più ferito l’altro, dimostri la volontà di scusarsi sinceramente, in tal caso anche il partner che è stato più ferito deve riconoscere i suoi errori, e con ciò ci si riconcilia in una relazione di amicizia post-unione sentimentale, in quanto cio si sente e ci si percepisce trasformati, più maturi e più curati rispetto ai propri problemi caratteriali.
Certamente si tratta di processi complessi e che hanno tempi lunghi, ma non sono rarissimi. Del resto non sono nemmeno assolutamente necessari, nel senso che dopo una rottura – specialmente il partner che è stato più ferito – bisognerebbe occuparsi di se stessi, infischiandosene dell’altro/a, e mettendosi quindi in grado di trovarsene un altro/a, questo avverrà quanto prima si è riusciti a ritornare con la testa a posto, con o senza terapie specifiche, per quanto a volte non sono solo consigliabili, ma necessarie. Lasciarsi ponendosi il problema di restare amici è un controsenso, un po’ serve a far apparire il distacco meno traumatico, ma un po’ può diventare anche un modo di favorire un logorante stillicidio. Ma non ci sono formule ideali, ciascuno deve fare il suo percorso… una sola cosa deve essere chaira quando si soffre troppo psichicamente bisogna considerare normalissimo il sostegno e la terapia psicoterapeutica, altrimenti si corrono seri rischi di peggioramento ed anche di far star male gli altri, anche i propri affetti più vicini.
Tutto ciò che abbiamo detto ha un senso ed un processo diverso quando ci sono figli. L’amore per i figli rende impossibile una totale separazione, se non per brevi periodi. Ciò non implica che l’ex-partner debba risultare per forza amico in nome dei figli, sebbene sia auspicabile che nel corso del tempo i raporti possano diventare sempre più collaborativi, cordiali e poi eventualmente anche amichevoli. In ogni caso non bisogna mai utilizzare i figli come ricatto, come informatori, come aleati nei propri rancori e risentimenti Ogni essere umano ha diritto ad un padre ed una madre e se questi due, per i loro problemi gli impediscono o lo disturbano in questo suo diritto dovrebbero intervenire le disposizioni di legge e i servizi psicoassistenziali a tutela del minore. Ma spesso i disturbi recati al minore sono molto sottili ed anche subdoli, e spesso non se ne rendono nemmeno pienamente conto i genitori. Io credo che in questi casi, un’assistenza psicologica dovrebbe essere concessa mutualisticamente (per chi non se la può permettere) e dovrebbe essere addirittura imposta come una sorta di T.S.O trattamento sanitario obbligatorio. Per quanto un genitore abbia fatto del male all’altro genitore, va fatto tutto il possibile affinché non vengano coinvolti i figli, ed anche senza ingannarli, cioè dicendo loro che c’è un duro litigio in corso, che che l’altro è stato cattivo come partner, ma cio non vuol dire che lo sia come padre o come madre (si veda in questo blog l’articolo su ‘Separazioni e divorzi umani’.
Un caro saluto
Pier Pietro Brunelli
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E’ luogo comune che, nella separazione, ci guadagnino solo le donne (mogli o conviventi). Io, in base alla mia esperienza, credo di avere sufficienti elementi per sfatare questo luogo comune, anzi, sono bene accette le voci contrarie. Ad esempio, parliamo di due coniugi: marito e moglie con uno stipendio medio, entrambi lavorano come è nella stragrande maggioranza delle coppie italiane, con uno stipendio medio ad esempio tra i 1200 ed i 1500 euro mensili. Con tale bagget, durante il matrimonio la coppia può permettersi una vita dignitosa: pagare il mutuo o l’affitto, le bollette, vitto e, con quello che rimane, concedersi anche le vacanze (parliamo dell’italiano medio). Nel momento in cui la coppia si divide, è ovvio che le spese si raddoppino: doppio affitto, luce, gas, condominio, riscaldamento etc.
E ‘ ovvio che se entrambi lavorano (ripeto, parliamo dell’italiano medio perchè oggi non ci si può sposare senza due entrate), entrambi i coniugi debbono contribuire al mantenimento dei figli (anche se la separazione non era voluta da uno dei due). Ed è da lì che nascono i conflitti: pur di non dare gli alimenti per i figli, si scatena la guerra dei “roses”.
Cosa ne pensate?
Le sue riflessioni sono molto interessanti e spero possano generarne altre, soprattutto che aiutino a sanare i conflitti di una situazione che oggi è sempre più comune e che ha bisogno di un sostegno psicologico (che spesso manca… proviamoci a dare qualche contributo anche da qui).
Un caro saluto
P.S. Ricordo che è opportuno registrarsi e che per ricevere i commenti bisogna cliccare sul quadratino ‘notifica’… e che la partecipazione anche ad altri articoli può essere di sostegno…
Professore, noi ci conosciamo e quindi sa che parlo in prima persona. E’ vero quello che dice avvocato, il mio stipendio è esattamente su quella media, Io infatti prima di arrivare dove sono arrivata, ho fatto crescere i miei figli, poi è nata un’altra bimba ed ho ancora aspettato, il matrimonio era già finito da tempo, io, pur essendo la parte che ha voluto la separazione, ne sono uscita come??? Sa lei cosa significa vivere per 20 anni e più senza Amore?? Vale la pena?? Mio marito non è cattivo, ma se una cosa è finita è finita. Ora io son dovuta andare dallo psicoterapeuta, non mio marito. In questi casi chi ha più buon senso lo usi, credo sia la cosa migliore. La guerra dei Roses non serve a nessuno!!!
Quando abbiamo convissuto per tante ragioni o anche debolezze entro una situazione affettiva che non ci rendeva abbastanza tranquilli, alora l ragioni sono da cercarsi al proprio interno, ma non bisogna credere di aver sbagliato tutto, è proprio questo credere di aver sbagliato tutto che è sbagliato, dobbiamo invece riconoscere cosa c’è stato di buono e cosa di sbagliato… ad esempio lei ha avuto figli e li adora e questa è una cosa bellissima… poi c’è il fatto che lei ha sofferto per un uomo che non ha saputo darle certe emozioni, ma che comunque le ha voluto bene e ancora gliene vuole e che ha poi saputo accettare le sue scelte continuando ad essergli vicino senza disturbarla… lei dunque certamente ha sofferto, ha poi fatto grandi sacrifici in quanto ha preferito anche soffrire poiuttosto che far soffrire troppo altri, ed ha anche avuto qualcosa di buono… adesso lei è una donna con esperienza, vivace, spiritosa e capace di tenersi in forma, di andare in palestra e di ballare, e di essere piacevole… l’amore e il piacere, veramente, davvero, non hanno età, dipende moltissimo come siamo dentro ed anche come ci teniamo in forma nell’aspetto esteriore, ma non cercando di trasformarci con eccessi estetico-chirurgici, quanto risultando naturali, spontanei, vibvi, liberandoci dei nostri complessi e delle ansie derivate dal passato… dobbiamo indulgere con noi stessi e diventare più giocosi e sorridenti e se abbiamo una naturale energia libidica dentro, voglia di amare e di esprimere la sessualità, ciò verrà colto da chi lo saprà sentire, e potrà essere corrisposto… naturalmente è importante prendersi cura del proprio mondpo interiore, altrimenti quello esteriore ci deluderà, in noi e negli altri… infine le voglio dire che le persone che hanno sofferto e si sono sacrificate per molto tempo, quando davvero prendonio in cura il loro mondo interiore, poi potranno entrare in un ciclo virtuoso scegliendo di prendersi tutto il bello della vita, in quanto hanno già dato, hanno già pagato e hanno diritto a godersi ciò che si può godere… e questo, però non soltanto per una questione di egoismo personale, ma perché vogliono rendersi strumento del bene, vogliono stare bene, ma anche per fare stare bene gli altri, perché sanno cosa vuol dire star male e sanno che stare meglio si può e si deve, per sé e appunto, per gli altri.
Un abbraccio
Pier Pietro
Gentile Dottore,
sono d’accordo pienamente perchè anche io credo nella giustizia terrena e, per quanto concerne quella legale, colpisce nel segno in quanto io, come operatrice del diritto, ho sempre incoraggiato i miei clienti: “la giustizia è lenta ma arriva inesorabile…”, è solo una questione di tempo ma quando arriva è puntuale!
Grazie per il Suo prezioso sostegno
Ed, infatti, Le è stato consigliato un aiuto psicoterapeuticico che Lei ha ben acccettatato. Lui, ovviamente….NO
Vabbé adesso mi sembra più giusto che abbia un sostegno lei… qua bisogna capire che non c’è una contiguità etica, logica, psicologica tra il fatto di essere più cattivo e lo styare meglio del più buono… ci potrà essere un periodo nel quale il cattivo trae dei privilegi dai suoi crimini, ma soprattutto se si tratta di una delinquenzialità nel campo degli affetti, la persona che la compie pagherà sicuramente in quanto nella psiche esistono dispotivi bioenergetici che volgono la negatività, un po’ alla volta, in stati di sempre maggior non essere, mal essere, fino alla follia al disadattamento e da ricerche sempre più confermate a livelo empirico ed esperienziale in somatizzazioni e disturbi di salute anche gravi… bisogna distinguere il falso star bene dei cattivi, che è molto peggio dello star male dei buoni, i quali comunque dallo star male possono trarre una possibilità di evoluzione , di crescita, di rinnovamento autentico… la vita non è un’esperienza fasulla basata sulla possibilità di farla franca facendo star male gli altri, sono pronto a dilungarmi su questo punto, per dimostrare che questa ‘giustizia psicologica’ esiste davvero, e credo che questa consapevolezza debba esserci anche quando la questione verte sulla giustizia legale, nei contenziosi, nelle dispute spietate attraverso avvocati giudici con ritorsioni, calunnie, cattiverie, ecc. Chi è dalla parte del bene e del giusto deve far valere i suoi diritti, ma non solo deve sapere che esiste davvero anche un’altra giustizia (psicologica più che divina)che lo ripagherà nel corso della vita (sulla terra) se si impegnerà ad impiegare la sofferenza provocatagli da chi è cattivo in un una prospettiva di evoluzione e rinascita. Intanto il cattivo consumerà il suo falso bene nei suoi falsi giorni, e nella migliore delle ipotesi sarà visuto come un nulla, come un mai nato, e non è una punizione da poco.
Che sollievo leggere queste parole!
Ancora grazie perchè su questo blog, continuo a trovare, solo qui ,conforto e risposte alle mie implacabili domande. Se giustizia psicologica esiste, che sia… e sia davvero efficace e illuminante. Sono stanca di star male e di vedere il carnefice mio e delle mie bimbe, andare in giro per il mondo impunito e libero da ogni incombenza-risorsa familiare…..
Rosanna
La separazione tra coniugi è un lutto e, per poterlo rielaborare, i tempi sono lunghi tanto più se il rapporto è stato duraturo e la rottura avviene, come di solito, alle soglie degli “anta”.
Ad esempio, un uomo ultrasettantenne chiede la separazione dalla moglie infrasessantenne dopo 20 anni di matrimonio e non hanno avuto figli.
Per lei è uno choc! La separazione è stata chiesta da lui dopo 2o anni di matrimonio e lei ha subodorato che lui si sia invaghita di un’altra (sicuramente più giovane) e non se ne fa una ragione. Lei ormai non sa come vivere senza quella parte essenziale di sè e non immagina un suo futuro da sola senza il suo bastone della vecchiaia … Eppure lei è “carina” e lui “un catorcio ringalluzzito”, ma lei piange e si dispera perchè non riesce a vivere da sola senza di lui (aveva investito in questo rapporto) e se lo terrebbe al suo fianco lo stesso in nome del duraturo rapporto che li ha uniti per anni e piange e si dispera … Ma lui non fa che addossare a lei colpe pretestuose e non ha la benchè minima riconoscenza pe tutto quello che ha ricevuto negli anni da questa donna innammorata…Riesce solo ad infierire e colpevolizzarla… Cosa consigliereste Voi, da persone comuni dotate di buon senso, a questa donna dolente, senza figli e sola, che ha dedicato anni della sua vita ad un uomo che, seppure innammorato di un’altra, non le è minimamente riconoscente?
Io posso solo dire che questa signora ha bisogna di un sostegno psicoterapeutico e spirituale. L’amore è veramente possibile ad ogni età se si ha un buon equilibrio interiore, credo che quell’uomo fosse diventato già da tempo un ‘falso amore’ e che questa signora deve poter ritornare libera e fiduciosa nel considerare il senso dell’amore più profondo, in tutte le sue manifestazioni.
La parola riconoscente mi fa venire la pelle d’oca. Riconoscente di cosa?? Anche lui penso che abbia dato, altrimenti la signora sarebbe una masochista d’eccezione.
La dinamica che avviene tra due persone non la conosce nessuno e comunque lei conosce solo la parte raccontata dalla sua amica.
E’ vero la separazione è un lutto io ne so qualcosa…dopo più di 30 anni, io ho voluto la separazione, eppure quando ci siamo arrivati, bruscamente perchè lui non voleva, è stata una sofferenza incredibile, anch’io che prima avevo, specialmente la domenica casa piena, ora ero sola…i figli si indirizzavano verso il padre che in quel momento era più debole. Tutto questo è accaduto in primavera, adesso i nostri rapporti sono tranquilli, c’è affetto e sicuramente ci saremo uno per l’altra in momenti di bisogno. Se è finita, qualcosa sarà accaduta no?? Io consiglierei alla signora di farsi vedere più tranquilla e per questo, credo abbia bisogno di una terapia, di qualcuno che l’aiuti. Anch’io l’ho fatto, pur trovandomi nella situazione opposta alla signora.
Torno a ripetere però la “riconoscenza” mi preoccupa.